Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 05-05-2011) 01-06-2011, n. 22192 Circolazione stradale colpa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20 dicembre 2007 il Giudice di Pace di Bologna dichiarava R.E. colpevole del delitto di lesioni colpose commesse con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale in danno di P.F. e, concesse le circostanze attenuanti generiche, lo condannava alla pena di Euro 1500,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali;

disponeva la sospensione della patente di guida per la durata di mesi due; condannava l’imputato e il responsabile civile in solido al pagamento in favore della costituita parte civile di una provvisionale immediatamente esecutiva che veniva quantificata in Euro 450.000,00, nonchè al pagamento in favore della costituita parte civile delle spese sostenute per l’esercizio dell’azione civile che venivano quantificate in Euro 6000,00 per diritti ed onorari, oltre al 12,5%, nonchè IVA e CPA come per legge.

Al R. era stato contestato il reato di cui all’art. 590 c.p. per avere, in Bologna il 18.07.2003, alla guida dell’ autocarro Piaggio Porter tg. (OMISSIS), cagionato lesioni personali a P.F. che stava procedendo alla guida del suo veicolo Honda tg. (OMISSIS) con cui entrava in collisione.

Avverso la decisione del Giudice di Pace di Bologna hanno proposto appello l’imputato, il responsabile civile e la parte civile.

Il Tribunale di Bologna in data 18.02.2010, con la sentenza oggetto del presente ricorso, confermava la sentenza emessa nel giudizio di primo grado e dichiarava compensate tra le parti le spese del grado.

Avverso la predetta sentenza R.E., a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso per Cassazione chiedendone l’annullamento con le consequenziali statuizioni.
Motivi della decisione

Il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per i seguenti motivi:

inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale, del Codice della Strada e del D.P.R. n. 274 del 2000;

motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e);

violazione del principio di tipicità della legge penale in tema di limiti edittali nel rapporto tra l’art. 590 c.p. e il D.P.R. n. 274 del 2000; inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di improcedibilità, di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità e/o di decadenza;

omessa pronuncia su motivi di appello e insufficienza o inidoneità della motivazione ad integrare i requisiti minimi previsti dalla legge. Osservava il ricorrente che la motivazione della sentenza impugnata era carente e non aveva risposto alle argomentazioni sviluppate nei motivi di appello. In particolare osservava il ricorrente che, sebbene le risultanze dibattimentali avessero dimostrato che le valutazioni peritali si erano svolte su rilievi eseguiti su veicoli che erano già stati spostati, sebbene i punti d’urto non fossero compatibili con le attribuzioni e distribuzioni di responsabilità ricostruite nella sentenza di primo grado e la testimonianza del teste T. fosse stata travisata rispetto a quanto dallo stesso affermato e sebbene il giudice di Pace avesse ritenuto attendibili alcune parti di tale testimonianza e altre inattendibili, il giudice di appello, riportandosi alla sentenza di primo grado, si era limitato ad affermare con una formula apodittica che "in proposito immuni da vizi logici sono le argomentazioni del Giudice di prime cure il quale apprezzava correttamente le risultanze dibattimentali". Sarebbero stati altresì violati i criteri di valutazione della prova allorquando il giudice di appello utilizzava la deposizione del perito dott. D., il quale dichiarava di non aver tenuto conto, nè considerato la testimonianza del T. nelle ripartizioni delle responsabilità perchè non si trattava di un elemento tecnico e quindi non spettava a lui valutarlo. Lamentava poi il ricorrente che la pena che in concreto gli era stata inflitta superava i limiti edittali di cui all’art. 590 c.p.,che, alla data del fatto, prescriveva per le lesioni gravi una pena da due a sei mesi di reclusione, ovvero una multa da Euro 206 ad Euro 619, mentre per le lesioni gravissime la pena della reclusione da due a sei mesi ovvero della multa da Euro 619 ad Euro 1.239. Il giudice di Pace pertanto avrebbe dovuto infliggere una sanzione pecuniaria attenendosi ai limiti edittali contenuti nella norma di riferimento , mentre invece nella sentenza impugnata era stata applicata una sanzione pecuniaria che andava ben al di là dei limiti edittali di cui all’art. 590 c.p. vigente al tempo del commesso delitto. La difesa del ricorrente inoltre censurava la sentenza impugnata anche in ordine alle statuizioni civili, in quanto i giudici di merito avevano seguito i criteri di liquidazione del cosiddetto metodo tabellare con riferimento ai criteri di liquidazione del Tribunale di Milano, mentre le tabelle cui avrebbero dovuto fare riferimento erano quelle in uso presso il Tribunale di Bologna, nel cui distretto è compreso l’ufficio del giudice di Pace del luogo in cui si è verificato il sinistro.

Infine rilevava il ricorrente che erronea e contraddittoria era la sentenza impugnata anche in ordine alle statuizioni civili, in quanto mancava la prova sull’an e la valutazione sul quantum era stata effettuata in violazione di norme di legge sia con riferimento alla inabilità temporanea totale e parziale, sia con riferimento a quella permanente tabellare.

Osserva preliminarmente la Corte che,alla data odierna non è ancora decorso il termine massimo di prescrizione in ordine al reato di lesioni colpose ascritto al ricorrente. Il reato in questione è stato infatti commesso in data (OMISSIS) e il termine massimo di prescrizione è pari ad anni sette e mesi sei. Peraltro dalla lettura dei verbali di udienza presenti in atti risultano due periodi di sospensione, uno dal 5.04.2005 al 15.12.2005, l’altro dal 5.07.2007 al 9.10.2007. Pertanto la prescrizione sarebbe maturata soltanto in data 1.01.2012. Tanto premesso osserva la Corte che i motivi di ricorso che attengono alla dinamica del sinistro stradale sono palesemente infondati, in quanto ripropongono questioni di merito a cui la sentenza impugnata ha dato ampia e convincente risposta e mirano ad una diversa ricostruzione del fatto preclusa al giudice di legittimità.

Il ricorrente infatti non considera la motivazione criticata, ma si limita a dolersi del risultato attinto dalla sentenza impugnata e accumula circostanze che intenderebbero ridisegnare (il fatto a ascrittogli) in chiave a lui favorevole, al fine di ottenere in tal modo una decisione solamente sostitutiva di quella assunta dal giudice di merito.

In merito alla dinamica del sinistro è infatti chiaro il percorso motivazionale che ha indotto i Giudici del Tribunale di Bologna a confermare la sentenza di primo grado.

Il Tribunale,infatti, evidenziava che vi era rapporto di causalità tra il sinistro e le lesioni e che il sinistro appariva riconducibile all’impatto della persona offesa P.F. con la pavimentazione stradale, determinato dalla traiettoria impressa allo scooter dalla collisione con l’autocarro condotto dal R..

Rilevava correttamente la sentenza impugnata che giustamente il giudice di primo grado aveva ritenuto sussistente la colpa grave dell’imputato consistita nell’avere posto in essere una manovra di svolta a sinistra, senza avere prima controllato che non sopraggiungessero da dietro altri veicoli, nonchè la colpa specifica in capo allo stesso consistita nel mancato azionamento dell’indicatore di direzione in violazione dell’art. 154 C.d.S., comma 1, lett. a) e b), comma 2. Il Tribunale peraltro, correttamente valutando gli elementi probatori acquisiti, con particolare riferimento al contributo tecnico offerto dal perito dott. D. e alla testimonianza del teste oculare T.G., aveva riconosciuto che alla determinazione dell’evento aveva dato il suo contributo altresì la persona offesa, che non aveva adeguato la velocità di marcia allo stato dei luoghi, e aveva confermato la ripartizione delle responsabilità effettuata dal giudice di Pace, attribuendo alla persona offesa una percentuale di responsabilità nella causazione del sinistro nella misura del 30%. Evidenziava sul punto che la maggiore responsabilità nella causazione del sinistro era da attribuirsi all’imputato, dal momento che, se avesse segnalato la propria svolta con l’indicatore di direzione, avrebbe dato al P. che sopravveniva la possibilità di mettere in atto una diversa manovra in modo da evitare il sinistro.

Infondato è anche il motivo di ricorso secondo cui la pena inflitta all’odierno ricorrente avrebbe superato i limiti edittali previsti per il reato ascrittogli di cui all’art. 590 c.p.. Sul punto il Tribunale ha osservato, con dettagliate argomentazioni che, essendo il reato contestato all’imputato quello di lesioni colpose gravissime commesso con violazione delle norme sulla circolazione stradale, la disposizione applicabile è quella di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 52, co. 2, lett. a) che stabilisce, nel caso di reato punito con la pena della reclusione o dell’arresto alternativa a quella della multa o dell’ammenda, la pena pecuniaria della specie corrispondente da Euro 258 a Euro 2.582. Nè, in virtù del principio del favor rei, può ritenersi applicabile la pena originariamente prevista dall’art. 590 c.p., dal momento che l’applicazione di tale principio riguarda solo i reati commessi in epoca antecedente rispetto a quella di entrata in vigore delle disposizioni istitutive della competenza del Giudice di Pace in materia penale, mentre, nella fattispecie di cui è processo il reato è stato commesso in data (OMISSIS), quindi in epoca successiva all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 274 del 2000.

Infondato è infine il motivo di ricorso riguardante le statuizioni civili.

Come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, anche su questo punto con dettagliate e congrue argomentazioni, il Giudice di Pace aveva operato la liquidazione del danno non patrimoniale in via equitativa, criterio che prescinde da ogni automatismo. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, sul punto, (cfr., Cass., Sez. 3, Sent. n. 34209 del 17.06.2010, Rv. 248371) in tema di liquidazione del danno morale, la relativa valutazione del giudice in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto, sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione.

Infondata, sul punto, è quindi la relativa doglianza, come pure infondata, oltre che generica, è quella riproposta in sede di ricorso per cassazione, in ordine alla circostanza che il giudice di primo grado si era affidato a criteri di elaborazione giurisprudenziale elaborati presso il Tribunale di Milano e non già presso il Tribunale di appartenenza. Il motivo in questione, come già rilevato dalla sentenza impugnata, è peraltro del tutto generico, dal momento che anche nell’odierno ricorso, il R. si è limitato a lamentarsi del mancato ricorso alle tabelle in uso presso il Tribunale di Bologna senza specificare i motivi per cui sarebbe stato più congruo applicarle.

Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile per questo giudizio di cassazione che si liquidano in complessivi Euro 2726,00 oltre accessori come per legge.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento sostenute dalla parte civile per questo giudizio di Cassazione, liquidate in Euro 2.726,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *