Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-09-2011, n. 20060

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

S.D. ricorre per cassazione, con quattro motivi, nei confronti di L.M.M., avverso la sentenza n. 1785 in data 14 novembre 2006, con la quale la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Saluzzo in data 10 novembre 2005 – che aveva dichiarato la separazione personale dei suddetti coniugi ed attribuito alla moglie un assegno di mantenimento con decorrenza dalla data della sentenza – ha, tra l’altro, incrementato l’importo di detto assegno, disponendone la decorrenza, almeno per una parte, dalla data della domanda (2 agosto 2002), sul presupposto che l’assegno doveva decorrere dalla data della domanda, in applicazione del principio secondo il quale un diritto non può rimanere pregiudicato dal tempo necessario a farlo valere in giudizio, e avendo ritenuto che la circostanza che il presidente del tribunale non avesse autorizzato i coniugi a vivere separatamente non influiva sulla questione economica in esame. Ha resistito con controricorso e memoria L.M.M..

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Motivi della decisione

Con il primo motivo il ricorrente censura la decorrenza dell’assegno di mantenimento dalla data della domanda anzichè da quella della sentenza, osservando che soltanto l’autorizzazione ai coniugi a vivere separati disposta dal presidente del tribunale, nella specie mancante, poteva determinare la necessità di provvedere al mantenimento del coniuge economicamente più debole.

Con il secondo motivo il ricorrente si duole della quantificazione dell’assegno di mantenimento.

Con il terzo motivo si critica la statuizione della corte di appello con cui è stato respinto l’appello incidentale sulle spese del giudizio di primo grado, che il Tribunale ha interamente compensato e che l’appellante incidentale aveva chiesto invece fossero poste per intero a carico della moglie ritenuta soccombente.

Con il quarto motivo il ricorrente si duole che le spese del giudizio di appello siano state poste interamente a suo carico, sebbene una domanda dell’appellante principale, relativa all’accertamento del possesso da parte dello S. dell’arredamento della ex casa coniugale, fosse stata dichiarata inammissibile perchè tardiva.

Il ricorso è inammissibile. Quanto ai dedotti vizi di violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, le censure non sono illustrate, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c. applicabile alla fattispecie ratione temporis (ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pubblicata il 14 novembre 2006), dalla formulazione di un quesito di diritto, che non può essere desunto dal contenuto del motivo, non idoneo ad integrare il rispetto del requisito formale specificamente richiesto dalla citata disposizione (Cass. 2007/16002: 2007/23153; 2008/16941: 2008/20409).

Con riferimento ai prospettati vizi di motiva/ione, le doglianze non contengono la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603: Cass. 2007/16002; 2008/8897).

Le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso e le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 2.000,00, di cui Euro 1.800,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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