Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 31-05-2011, n. 403 contratti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La società Gas Natural Distribuzione Italia S.p.A. adiva il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, chiedendo l’annullamento degli atti di indizione della gara concernente l’affidamento della gestione del servizio di distribuzione del gas naturale previa progettazione definitiva, esecutiva e costruzione dell’impianto di distribuzione a servizio dei Comuni aderenti al costituendo bacino denominato Sicilia Ionico Peloritano.

La ricorrente si doleva del fatto che il Comune di Fiumedinisi, indicendo la gara, aveva disconosciuto la sua qualità di concessionaria per la progettazione, costruzione e gestione della rete di distribuzione del gas metano nel territorio di detto Comune, concessione che in origine (2001) faceva capo alla Gas S.p.A. Gasdotti Azienda Siciliana, alla quale essa era subentrata.

Lamentava, altresì, la ricorrente di essersi trovata nell’impossibilità di formulare la propria offerta, non riuscendo neppure a compiere quel calcolo di convenienza normalmente effettuato da ciascuna impresa che partecipi a una procedura concorsuale.

Con sentenza n. 968 del 7 aprile 2010, il giudice adito respingeva il ricorso.

Detto giudice osservava, quanto alla prima censura, che la dante causa della ricorrente era decaduta dalla summenzionata concessione e, quanto, alla seconda censura, che la stessa non aveva titolo per partecipare alla gara, non essendo in possesso dell’attestazione SOA per la categoria richiesta dal bando.

2) La ricorrente ha proposto appello contro la summenzionata sentenza, deducendo le seguenti censure:

a) – la carenza del requisito SOA non era di impedimento alla sua partecipazione alla gara, potendo essa ricorrere all’avvalimento di altra impresa, mentre il problema della verifica dei requisiti di partecipazione si sarebbe posto in sede di rinnovazione degli atti di gara;

b) – l’impostazione della gara non le consentiva la presentazione di offerte plausibili. In particolare, non le sarebbe stato possibile formulare un’offerta congrua anche perché l’importo fisso di progetto complessivamente imposto dal bando (Euro 83.355.245) appariva nettamente superiore a quello che si otterrebbe sulla base vuoi dei prezzi medi di mercato previsti per tali tipologie di opere, vuoi dei criteri normalmente utilizzati per la realizzazione di simili opere;

c) – non si era avverata la condizione risolutiva prevista nella convenzione di cui alla deliberazione consiliare n. 49 del 1999, secondo cui la convenzione "si intende revocata qualora la S.p.A. Gasdotti Azienda Siciliana ai fini del conseguimento del finanziamento non dovesse presentare il progetto esecutivo completo di tutti gli allegati … entro i tempi stabiliti dall’emananda misura POR o fondi strutturali 200/2006 (Agenda 2000) nella sua prima emanazione". Infatti, come si soggiunge, il Comune di Fiumedinisi non fu collocato in posizione utile nella graduatoria dei Comuni che avrebbero potuto usufruire dei contributi, mentre la condizione risolutiva avrebbe potuto operare nel solo caso in cui il Comune fosse stato ammesso al finanziamento POR e la concessionaria avesse omesso di presentare il progetto in tempo utile.

3) Resiste all’appello il Comune di Fiumedinisi che eccepisce preliminarmente l’irregolarità della notifica del gravame; nel merito, l’Ente insiste per la reiezione del medesimo;

Si costituiscono altresì le società controinteressate, che concludono per il rigetto del ricorso.

4) Si può prescindere dall’esaminare l’eccezione d’irricevibilità dell’appello, che è stata sollevata dal Comune appellato, stante l’infondatezza del gravame alla stregua delle considerazioni che qui di seguito si espongono.

5) E’ infondata la tesi dell’appellante secondo cui la legittimazione all’impugnazione del bando le deriverebbe dalla sua acquisita posizione di titolare della summenzionata convenzione del 2001.

Tale convenzione deve ritenersi revocata, posto che gli artt. 13 e 17 della convenzione stessa espressamente delegavano la concessionaria a presentare la domanda di accesso ai benefici previsti dalla legge e a sostituirsi al Comune per ogni altra procedura che si rendesse eventualmente necessaria.

Nella specie, tali adempimenti non sono stati osservati, non avendo la dante causa dell’appellante presentato il progetto esecutivo entro i tempi stabiliti dalla misura POR o fondi strutturali 2000/2006.

6) Va adesso esaminata la questione relativa alla mancata presentazione da parte dell’appellante della domanda di partecipazione alla gara, che è stata riproposta in questa sede dalla parti appellate.

Secondo un orientamento giurisprudenziale, che è stato confermato dalla decisione dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, 29 gennaio 2003, n. 1, in tema di gare per l’aggiudicazione dei contratti della pubblica Amministrazione, non può essere escluso, in linea di principio, l’onere di immediata e autonoma impugnazione del bando o della lettera d’invito con riferimento a clausole che impongano, ai fini della partecipazione, oneri assolutamente incomprensibili o manifestamente sproporzionati ai caratteri della gara e che comportino l’impossibilità, per l’interessato, di accedere alla procedura; e ciò anche in carenza della propedeutica presentazione di una regolare istanza di partecipazione alla relativa procedura concorsuale.

In seguito è intervenuta la decisione della Corte di Giustizia C.E. del 12 febbraio 2004, in causa C-7230/02, ove si afferma che nell’ipotesi in cui un’impresa non abbia presentato un’offerta a causa della presenza di specifiche, che asserisce discriminatorie, nei documenti relativi al bando di gara o nel disciplinare, le quali avrebbero proprio impedito di essere in grado di fornire l’insieme delle prestazioni richieste, essa avrebbe comunque il diritto di presentare un ricorso direttamente avverso tali specifiche (ciò prima ancora che si concluda il procedimento di aggiudicazione), in quanto sarebbe eccessivo esigere che un’impresa che asserisce di essere lesa da clausole discriminatorie contenute nei documenti di gara, prima di poter utilizzare le procedure di ricorso previste dalla direttiva 89/665 contro tali specifiche, presenti un’offerta nell’ambito del procedimento di aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi, quando è evidente che le probabilità che le venga aggiudicato tale appalto sarebbero nulle a causa dell’esistenza delle dette specifiche.

La summenzionata decisione comunitaria ha contribuito ha rafforzare l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ove la lex specialis contenga clausole discriminatorie e comunque ostative alla partecipazione, tali che la presentazione della domanda di partecipazione alla gara si risolverebbe in un adempimento formale inevitabilmente seguito da un atto di esclusione, l’interesse a impugnare il bando sussiste a prescindere dalla mancata presentazione della domanda (cfr., di recente, C.d.S., sez. V, 9 aprile 2010, n. 1999 e 19 marzo 2009, n. 1624).

Posta questa premessa, occorre verificare se le prescrizioni della lex specialis impugnata potevano ritenersi effettivamente preclusive della partecipazione alla gara dell’impresa appellante.

A detto quesito deve rispondersi in termini negativi.

In particolare, contrariamente, a quanto affermato dall’appellante, il costo dell’impianto non è imposto dal bando, dovendo piuttosto essere concretamente valutato dall’imprenditore unitamente agli elementi discrezionali in suo possesso.

Inoltre, deve escludersi che l’unico elemento di remunerazione per il concessionario sia costituito dal corrispettivo che verrà percepito in forza del gas distribuito, posto che il gestore del servizio è remunerato, ai sensi del codice di rete e dei provvedimenti tariffari emessi dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, per l’esecuzione di lavori semplici e complessi, per l’attività di misura e per tutte le altre attività di natura commerciale o di controllo.

In sostanza, il partecipante alla gara predispone il proprio piano economico in base agli anni di durata dell’affidamento, alla tariffa e agli altri profitti presunti nonché al progetto di massima, tenendo conto delle somme che stima di spendere effettivamente e degli ammortamenti dei cespiti fino alla fine della concessione, data alla quale questi avranno un valore residuo non ammortizzato della gestione prefissata per legge.

Tanto basta per ritenere che l’impresa appellante era perfettamente in grado di presentare la propria offerta, come del resto era stato fatto dagli altri operatori del settore.

7) In conclusione, per le suesposte considerazioni, assorbite le censure e le eccezioni non trattate, in quanto irrilevanti ai fini della decisione, l’appello deve essere respinto e la sentenza appellata deve essere confermata, nei termini di cui in motivazione.

Ritiene altresì il Collegio che ogni altro motivo od eccezione di rito e di merito possa essere assorbito in quanto ininfluente ed irrilevante ai fini della presente decisione.

Le spese e gli altri oneri del giudizio sono posti a carico dell’appellante e sono liquidate a favore delle parti appellate nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, respinge il ricorso in appello indicato in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento delle spese e degli oneri del giudizio nella misura di Euro 2.500 (duemilacinquecento) per ciascuna delle parti costituite e dell’Amministrazione resistente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo, il 15 dicembre 2010, dal Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, in sede giurisdizionale, riunito in camera di consiglio con l’intervento dei signori: Raffaele Maria De Lipsis, Presidente, Filoreto D’Agostino, Guido Salemi, estensore, Pietro Ciani, Giuseppe Mineo, componenti.

Depositata in Segreteria il 31 maggio 2011.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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