Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-04-2011) 01-06-2011, n. 22106 misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – Con ordinanza deliberata in data 4 agosto 2010, depositata in cancelleria il Tribunale di Reggio Calabria, quale giudice del riesame, in rigetto della richiesta di riesame proposta nell’interesse di D.S.G.C., indagato per il reato di cui all’art. 416 bis (capo A) e art. 56 c.p., art. 629 c.p., comma 2, L. n. 203 del 1991, art. 7 (capo B) confermava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei suoi confronti in data 9 giugno 2010 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria.

In via di premessa il giudice chiariva che nel corso dell’inchiesta denominata operazione (OMISSIS) che portava alla cattura del latitante C.P. venivano acquisite oltre alle disposte intercettazioni telefoniche anche elementi di accusa provenienti da indagini parallele connesse, da cui emergeva l’esistenza di numerosi gruppi organizzati di stampo mafioso nel reggino e dedito a estorsioni, intestazioni fittizie di beni finalizzati a eludere la normativa in materia delle misure di prevenzione, reati di detenzione e porto d’armi ed altro.

1.1. – In punto di gravi indizi di colpevolezza il Tribunale indicava, a supporto degli stessi, il grave compendio indiziario costituito dalle intercettazioni delle conversazioni intrattenute tra i sodali della cosca Buda-Imerti, delle dichiarazioni del pentito F.A. (che in particolare riferiva della costituzione di una sorta di super associazione nell’ambito della quale il D. S. che aveva raggiunto il grado di crimine era in posizione apicale), ma anche del collaboratore M.C., nonchè dalla vicenda estorsiva ai danni di F.D. e delle affermazioni di C.A..

1.2. – In merito alle esigenze cautelari il Tribunale le individuava nel pericolo di reiterazione dei fatti giusta la loro gravità e la personalità del soggetto proclive a delin-quere e attinto da numerosi procedimenti penali e la pericolosità della consorteria di riferimento, richiamando altresì la presunzione di pericolosità di cui all’art. 275 c.p.p., comma 3 in forza del titolo di reato contestato.

2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore avv. Marcello Manna, ha interposto tempestivo ricorso per cassazione il D.S. chiedendone l’annullamento per i seguenti profili:

a) violazione del D.L. 15 marzo 1991, n. 8, art. 16 quater, comma 9 come modificato dalla L. n. 45 del 2001, nonchè in relazione all’art. 273 c.p.c., comma 1 bis; le dichiarazioni del F. non sono utilizzabili in quanto rese ben sei anni dopo l’inizio della collaborazione del pentito e ciò in violazione della normativa che regola la materia. Inoltre non è credibile che una posizione tanto rilevante del D.S. potesse essere a suo tempo taciuta dal propalante. La motivazione del giudice del riesame che richiama le argomentazioni dell’ordinanza cautelare è insufficiente. Carente è altresì la motivazione in punto di individuazione dei riscontri individualizzanti alle dichiarazioni del propalante da ritenersi peraltro inesistenti. Non costituiscono per vero riscontro nè le dichiarazioni di M. che non parla di alcuna super associazione facente capo al D.S., nè quelle del C., così come neutre solo le intercettazioni tra i sodali della cosca Buda-Imerti.

Inconsistente è anche il quadro indiziario relativo al capo B) atteso che vengono unicamente richiamati gli elementi dell’ordinanza cautelare, mentre solo in via presuntiva si identifica il ricorrente nel nominato P., nè le intercettazioni costituiscono valido riscontro.
Motivi della decisione

3. – Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

3.1. – Va ricordato, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti de liberiate, che, secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutare le condizioni soggettive dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame.

Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (cfr. ex plurimis Cass., Sez. 6, 25 maggio 1995, n. 2146).

L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito. Sicchè, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandato al giudice di merito la valutazione del peso probatoriò degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito … di verificare … se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica ed ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatoriè (Cass., Sez. 4, 3 maggio 2007, n. 22500; Sez. 3, 7 novembre 2008, n. 41825, Hulpan), Peraltro secondo l’orientamento di questa Corte, che il Collegio condivide, in tema di misure cautelari, l’ordinanza del tribunale del riesame che conferma il provvedimento impositivo recepisce, in tutto o in parte, il contenuto di tale provvedimento, di tal che l’ordinanza cautelare e il provvedimento confermativo di essa si integrano reciprocamente, con la conseguenza che eventuali carenze motivazionali di un provvedimento possono essere sanate con le argomentazioni addotte a sostegno dell’altrò (Cass., Sez. 2, 28 novembre 2007, n. 774, rv.

238903; Sez. 6,17 novembre 1998, n. 3678, rv. 212685, Beato).

3.2. – Tanto premesso, si osserva che la ricostruzione dei fatti operata dal Tribunale, con congrua e adeguata motivazione, si profila coerente con le acquisizioni richiamate nella decisione, sicchè nessuna censura, e tanto meno nessuna diversa ricostruzione, può essere in questa sede prospettata. Nè è ravvisabile alcuna incertezza circa l’identificazione del soggetto giuste le plurime indicazioni emergenti dal contenuto delle medesime intercettazioni.

3.3. – Immune da vizi logici e giuridici è altresì il convincimento manifestato dal giudice di merito circa la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, e cioè di una qualificata probabilità della sua responsabilità in ordine ai reati ascrittigli in quanto espressione di un percorso argomentativo coerente e logicamente plausibile, che si sottrae a qualsivoglia censura. Sono state infatti valorizzate a tal fine oltre alle molteplici e concordanti dichiarazioni dei pentiti (nominativamente indicati nell’ordinanza gravata) che pongono il ricorrente, in posizione di spicco nell’ambito della consorteria criminale di riferimento anche in relazione al periodo in contestazione e nello specifico ruolo a lui assegnato nell’ambito dell’organizzazione, anche le dichiarazione del C. e le numerose intercettazioni telefoniche e ambientali che hanno evidenziato come il D.S. fosse inserito in una rete organizzativa, con forza coesiva tra i sodali, con funzione di supervisione e di comando sulle forze mafiose insistenti sul territorio. L’esame del compendio indiziario supera secondo il Tribunale il vaglio di gravità e coerenza interna (giusti i riscontri reciproci, ma autonomi, oltre che esterni), tale da poter costituire idonea e valida provvista cautelare. Il ricorrente, a fronte della suddetta motivazione, ripropone doglianze di solo merito e per di più destituite di fondamento, sollecitando una rilettura valutativa del contenuto delle intercettazioni e dei contributi dichiarativi non proponibile in questa sede di legittimità allorquando le argomentazioni espresse dal giudice della cautela sono, come nel caso di specie, immuni da vizi logici e giuridici anche in relazione alla identificazione certa dell’indagato.

3.4. – Manifestamente infondato è il rilievo difensivo che attiene alla inutilizzabilità delle propalazioni del collaboratore di giustizia F. in quanto da lui rese oltre i 180 giorni dall’inizio della collaborazione. Sulla questione è appena il caso di invocare il principio di diritto espresso dalle Sezioni unite di questa Corte di legittimità secondo cui le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia oltre il termine di centottanta giorni dalla manifestazione della volontà di collaborare sono utilizzabili nella fase delle indagini preliminari, in particolare ai fini della emissione delle misure cautelari personali e reali, oltre che nell’udienza preliminare e nel giudizio abbreviato (Sez. U, 25 settembre 2008, n. 1149, Magistris, rv. 241882).

3.5. – Nessun rilievo è stato avanzato in punto di sussistenza delle esigenze cautelari.

4. – Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Deve ottemperarsi altresì agli incombenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000,00 (mille) alla Cassa delle Ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della cancelleria, copia del provvedimento del direttore dell’Istituto penitenziario, ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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