T.A.R. Campania Salerno Sez. I, Sent., 31-05-2011, n. 1029 Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 18102008 e depositato il 12112008 la signora L.A., coniuge superstite del signor G.F., nella qualità di proprietaria di un immobile realizzato tra l’altro in virtù di concessione edilizia n. 15/2002 annullata dal TAR n. 527 del 1242005, impugnava dinanzi a questo Tribunale Amministrativo i provvedimenti in epigrafe specificati, con i quali era stata respinta la domanda di permesso di costruire in sanatoria, presentata per regolarizzare il fabbricato a seguito della citata pronunzia di annullamento del titolo abilitativo, nonché disposta la demolizione delle opere realizzate.

Con articolata prospettazione, lamentava: 1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del dpr n. 380/2001, dell’art. 83 REC e delle delle NTA per la zona B1 del PRG del Comune -difetto di motivazione e di istruttoria – falso presupposto – travisamento dei fatti e perplessità; 2) Illegittimità derivata; 3) Violazione dell’art. 34 del dpr n. 380/2001 – falso presupposto – difetto di istruttoria – erroneità e sviamento; 4) Violazione dell’art. 31, commi 2 e 3 del dpr n. 380/2001.

Instauratosi il contraddittorio, si costituivano in giudizio il Comune di Giffoni Sei Casali ed i sig.ri D.M.A. e C.G., rilevando l’infondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 552011.
Motivi della decisione

La proposta azione demolitoria avverso il provvedimento di diniego di permesso di costruire in sanatoria è infondata e deve, pertanto, essere respinta.

Il fabbricato per cui è causa insiste nella zona B1 del Piano Regolatore Generale del Comune di Giffoni Sei Casali, per la quale le norme di attuazione dispongono un distacco minimo dai confini pari a mt. 5, con la sola eccezione della peculiare fattispecie prevista dall’articolo 83 del Regolamento edilizio.

Risultando pacifico in atti (vedasi al riguardo gli elaborati grafici allegati alla perizia giurata di parte ricorrente del 2992008) che il fabbricato del quale è stata richiesta la sanatoria risulta essere stato costruito per un solo lato in aderenza con un fabbricato preesistente, mentre per altra porzione risulta edificato sul confine rispetto alla proprietà Giannattasio, questione dirimente nel presente giudizio è la verifica, nella fattispecie concreta, della sussistenza dei presupposti di applicabilità del richiamato articolo 83 del REC, che espressamente consente la costruzione sul confine.

Tale norma, in particolare, prevede che "gli edifici possono sorgere a confine del lotto ad essi asservito, nei casi in cui lo strumento urbanistico vigente prevede una continuità di fabbricati in corrispondenza del fronte coincidente col confine di proprietà (esempio tipico delle case a schiera)".

La chiara lettera della disposizione evidenzia, a giudizio del tribunale, la necessità di una continuità di fabbricati sul confine interessato dalla costruzione, sicchè appare indispensabile, considerato il confine di proprietà, l’esistenza di fabbricati da entrambi i lati, solo in tal modo risultando configurabile la richiesta continuità.

Essendo richiesta la continuità di fabbricati "in corrispondenza del fronte coincidente col confine di proprietà", essa deve esistere per tutte le parti del fabbricato realizzate sul confine e non solo per alcune di esse.

L’esempio citato dall’articolo 83, relativo alle case a schiera, avvalora tale interpretazione, richiedendosi l’esistenza di fabbricati da entrambe le parti del confine.

Ciò posto, rileva il Tribunale che nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio la richiamata disposizione dell’articolo 83 non risulta applicabile, in quanto, se è vero che per una parte l’edificio in questione è realizzato in aderenza ad altro fabbricato, per altra porzione viene realizzato sul confine con area di proprietà aliena, ove non esiste edificazione ma spazio libero, con la conseguenza che non sussiste il presupposto della "continuità di fabbricati in corrispondenza del fronte coincidente col confine di proprietà".

Tale situazione emerge in tutta evidenza dall’esame dei grafici allegati alla citata perizia di parte ed è in particolare resa palese dal planovolumetrico indicato come "grafico n. 4".

Orbene, non operando la previsione di edificabilità sul confine di cui all’articolo 83, risulta vigente la regola generale contenuta nelle NTA di zona, in base alla quale la costruzione deve rispettare la distanza di metri 5 dal confine.

Non risultando tale disposizione rispettata per essere avvenuta l’edificazione sul confine di proprietà, l’opera edilizia in oggetto risulta non conforme alla normativa urbanistica vigente, con la conseguenza che non sussistono i presupposti normativi richiesti dall’articolo 36 del dpr n. 380/2001 per il rilascio del richiesto permesso di costruire in sanatoria.

La determinazione provvedimentale negativa assunta dal Comune di Giffoni Sei Casali è, dunque, legittima, risultando, tra l’altro, sufficientemente esplicitate, attraverso il richiamo al contenuto della predetta norma regolamentare ed alla concreta situazione di fatto, le ragioni del diniego.

Il primo motivo del gravame, diretto a censurare la legittimità del provvedimento di diniego di accertamento di conformità, è, pertanto, infondato.

Può a questo punto passarsi alla disamina degli altri motivi di ricorso, con i quali viene aggredita l’ ordinanza n. 47 /08 del 2572008, recante l’ingiunzione di demolizione delle opere edilizie per le quali era stata respinta la domanda di permesso di costruire in sanatoria.

Anche per tale parte il ricorso è infondato.

La ritenuta legittimità (per le ragioni sopra espresse) del diniego di sanatoria e la reiezione, per tale parte, del ricorso evidenziano l’infondatezza del secondo motivo di gravame, che lamenta, con riferimento all’ingiunzione di demolizione, illegittimità derivata, conseguente alla invalidità del presupposto diniego di sanatoria.

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 34 del dpr n. 380/2001, rilevando che il Comune avrebbe disposto la demolizione delle opere senza previamente verificare la possibilità di eseguire la stessa senza pregiudizio per le parti eseguite in conformità e, di conseguenza, senza valutare la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria in luogo di quella reale.

La censura non è meritevole di favorevole considerazione.

La norma invocata, disciplinatrice dell’illecito delle opere eseguite in parziale difformità al permesso di costruire (ove, in presenza anche di lavori conformi ad un titolo edilizio valido ed efficace, trova giustificazione la ratio legis di tutela delle opere regolarmente assentite) non è applicabile alla fattispecie in esame, in cui, a seguito dell’annullamento giurisdizionale della concessione edilizia n. 15/2002 e della successiva reiezione della domanda di sanatoria, è al limite configurabile una vicenda di opere eseguite in assenza di permesso di costruire, o, più correttamente, di interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato.

Ciò con la ulteriore seguente peculiarità:

– che vi è stato, a seguito del prefato annullamento, un tentativo di ricondurre comunque a legalità le opere realizzate in base alla concessione caducata, mediante presentazione di sanatoria per l’intero fabbricato depurato della volumetria eccedente i limiti consentiti dallo strumento urbanistico;

che la regolarizzazione delle opere è stata negata, ravvisandosi, con il provvedimento di diniego di sanatoria, un ostacolo di tipo sostanziale, individuato nella violazione della normativa urbanistica in tema di distanze delle costruzioni dai confini.

Così correttamente inquadrata, la vicenda risulta sussumibile nell’articolo 38 del t.u. n. 380/2001, del quale la ingiunta demolizione costituisce corretta applicazione.

Tale norma dispone che, in caso di annullamento del titolo edilizio, l’autorità amministrativa, "quando non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la riduzione in pristino… applica una sanzione pecuniaria…".

L’alternativa è, dunque, tra la rimozione dei vizi (opzione principale per il rispetto del principio di affidamento del privato, generato dal pregresso rilascio di un titolo) e la riduzione in pristino (sanzione tipica dell’opera abusiva), potendo quest’ultima essere sostituita dalla irrogazione di una sanzione pecuniaria solo quando non è possibile né la regolarizzazione né la riduzione in pristino.

Nella fattispecie concreta oggetto del presente giudizio, si è prioritariamente ricorsi alla strada della regolarizzazione, ma questa non ha avuto esito fausto, atteso il (legittimo, a giudizio del Tribunale) diniego della richiesta sanatoria edilizia, determinazione negativa espressamente richiamata nel provvedimento di demolizione.

Quanto alla irrogabilità della sanzione pecuniaria (in luogo della demolizione, concretamente ingiunta), osserva il Tribunale che tale opzione legittimamente non è stata praticata, essendo stata rilevata una violazione urbanistica di tipo sostanziale (relativa alla realizzazione dell’opera sul confine) e concernendo il pregresso annullamento giurisdizionale l’intera concessione edilizia n. 15/2002.

Conseguentemente, la demolizione va correttamente riferita alle opere autorizzate con la concessione n. 15/2002 (poi annullata) ed a quelle per le quali è stato richiesto, e poi negato, il titolo edilizio in sanatoria.

Né in ricorso, al di là di un generico richiamo alla possibilità di applicare la sanzione pecuniaria, vi è concreto riferimento ed indicazione ad opere legittimamente realizzate che dall’esecuzione della sanzione reale potrebbero trarre pregiudizio.

E’ stato, in proposito, affermato (cfr. TAR Campania, Napoli, VIII, 1092010, n. 17398) che la regola immanente all’art. 38, comma 1, del dpr n. 380/2001 è rappresentata dall’operatività della sanzione reale che, in quanto effetto primario e naturale derivante dall’annullamento del permesso di costruire (così come dalla sua mancanza ab origine), non richiede all’Amministrazione un particolare impegno motivazionale, ma rinviene nella legalità violata la sua giustificazione in re ipsa. E’ stato, al riguardo, ulteriormente chiarito che la sanzione alternativa pecuniaria deve intendersi riferita alle sole costruzioni assentite mediante titoli abilitativi annullati per vizi formali, e non anche sostanziali; inoltre, l’applicabilità della sanzione alternativa pecuniaria è prevista dalla citata disposizione avendo riguardo all’ipotesi in cui soltanto una parte del fabbricato risulti abusivamente realizzata e risulti, nel contempo, accertato che la sua demolizione esporrebbe a serio rischio statico la residua parte legittima del fabbricato medesimo.

Risulta, infine, non condivisibile il quarto motivo di ricorso, con il quale viene lamentata la violazione dell’art. 31, commi 2 e 3, del dpr n. 380/2001 per mancare, nel provvedimento impugnato, espressa indicazione dell’area acquisita di diritto al patrimonio comunale per il caso di inottemperanza.

Il Tribunale, invero, condivide l’orientamento giurisprudenziale secondo cui tale omissione non produce illegittimità della disposta ingiunzione, trattandosi di indicazioni che più propriamente devono essere contenute nel successivo atto di accertamento della inottemperanza.

Sulla base delle argomentazioni tutte sopra svolte, dunque, il ricorso deve essere rigettato in quanto infondato.

La peculiarità della controversia, peraltro, costituisce giusto motivo per l’integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti costituite.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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