Cass. pen., sez. VI 23-10-2008 (03-10-2008), n. 39904 Principio di immutabilità del giudice – Sostituzione del magistrato che ha condotto il dibattimento e pronunciato la relativa sentenza

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. N.L. e F.P.R. impugnano la sentenza in epigrafe indicata con la quale, in parziale riforma della decisione del Tribunale, l’uno tu dichiarato responsabile dei delitti di appropriazione indebita aggravata ex art. 61 c.p., n. 11 e, nei confronti dell’altra, i reati furono dichiarati estinti, previa concessione delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, per intervenuta prescrizione.
Ad avviso della Corte d’appello – giudice di rinvio dopo l’annullamento da parte di questa Corte della prima sentenza d’appello per inintelligibilità della motivazione manoscritta – le censure di profilo processuale mosse da N. alla decisione di primo grado sono prive di fondamento e gli elementi di prova acquisiti e correttamente descritti e valutati dal giudice di primo grado danno conto della corretta affermazione di responsabilità per i delitti di appropriazione indebita aggravati dall’abuso della qualità di procuratore generale di W.J..
In particolare:
– non vi è stata violazione dell’art. 525 c.p.p., perchè, nonostante il processo sia stato prima trattato dalla Dott.ssa C. e poi per alcune udienze sostituita da altro magistrato, l’istruttoria è stata svolta dalla Dr.ssa C. che ha pronunciato la sentenza; pertanto, la decisione è stata pronunciata all’esito di una trattazione unitaria da parte del medesimo magistrato, senza che le udienze intermedie abbiano avuto incidenza alcuna sul processo;
– le irritualità dell’originaria costituzione di parte civile di W.J. non è stata dedotta nella fase delle questioni preliminari ex art. 491 c.p.p., bensì eccepita per la prima volta con i motivi d’appello e per tal motivo tardiva;
– l’irritualità della querela per il delitto di cui all’art. 485 c.p., di scarso rilievo perchè il reato è stato dichiarato estinto per prescrizione, è stata correttamente risolta dal giudice di primo grado, con l’ordinanza pronunciata in udienza.
Le censure relative al merito della decisione, per la Corte d’appello, non hanno un rilievo significativo e le risultanze processuali – costituite anche dalle dichiarazioni rese il 30 gennaio 1996 sui fatti esposti nella querela presentata dall’anziana W. J. e acquisite ex art. 512 c.p.p., dopo il suo decesso, nonchè dalla documentazione acquisita in base alla quale è stato ricostruito il patrimonio di W.J. e le movimentazioni operate da N. con funzioni di procuratore generale;
funzioni conferitegli con l’atto notarile 22 febbraio 1994 per l’impossibilità della signora W. di sottoscrivere atti poichè limitata nell’uso del bracco destro – dimostrano la sussistenza delle appropriazioni di danaro ricavato dalle vendite di beni immobili.
Per i giudici di merito, N., sino a quando nel settembre 1995 non è stato sostituto dall’avv. MACCARONI Giuseppe nell’amministrazione del patrimonio di W.J., risulta per tabulas essersi indebitamente appropriato del ricavato della cessione di beni mediante personale riscossione del danaro senza poi provvedere ai versamenti delle somme in favore della proprietaria dei beni ceduti.
Le argomentazioni difensive – essenzialmente fondate su di un rendiconto complessivo redatto da N. e sull’inattendibilità delle testimonianze acquisite nel corso dell’istruttoria dibattimentale – non scalfiscono il complessivo quadro probatorio. Le prove acquisite dimostrano che N., nel periodo in cui operava in qualità di procuratore generale della signora W. e come amministratore della società Vibe, ha freneticamente, e senza controllo alcuna da parte dell’anziana e malata mandante, svuotato pressochè integralmente il notevole patrimonio immobiliare della stessa, effettuando tra l’altro cessioni di immobili per somme superiori a quelle dichiarate, appropriandosi dell’intero ricavato.
Quanto alla posizione di F.P.R., la Corte d’appello ritiene, a differenza del giudice di primo grado, che gli elementi acquisiti diano ampiamente conto del suo coinvolgimento nei delitti a lei contestati relativi alla cessione in suo favore dell’intero patrimonio della società Vibe e nell’intera operazione relativa alla vendita di un appartamento, dapprima ceduto alla stessa F. e poi a terzi. Le giustificazioni addotte dagli imputatati non hanno trovato riscontro nei complessivi elementi acquisiti agli atti dai quali risulta la consapevolezza di F., convivente di N., di contribuire alle operazioni commerciali volte alle indebite appropriazioni di danaro.
2. La difesa dei ricorrenti deduce motivi pressochè analoghi sotto il profilo delle violazioni processuali e in particolare:
– con un primo motivo, la violazione degli artt. 33, 178 e 525 c.p.p., per vizio di costituzione del giudice, nullità della sentenza di primo grado e di tutti gli atti successivi e illogicità della motivazione sul punto. La circostanza che l’istruttoria del processo di primo grado sia stata svolta da un unico è smentita dagli atti processuali, in quanto il magistrato ab origine delegato al processo, dopo avere risolto le questioni preliminari e avere ammesso le prove, è stata sostituita da altro magistrato che a sua volta ha disposto la rinnovazione di tutti gli atti del processo e revocato l’ordinanza con la quale furono ammesse dal primo magistrato le prove, escludendo i documenti nn. 17 e 18 e autorizzando la citazione dei testi per l’udienza del 22 settembre 1999 e il processo è stato trattato per altre due udienze dallo stesso magistrato. La dr.ssa C., ab origine assegnataria del processo, rientrata in servizio e ha revocato le ammissioni delle prove in precedenza disposte e riacquisito i documenti non ammessi dal precedente magistrato e ha ripreso l’attività istruttoria interrotta all’udienza 17 marzo 1998, non tenendo conto della fase processuale intermedia, e ha rinnovato gli atti del dibattimento, nonostante il mancato consenso della difesa.
Non essendo stata disposta dalla dr.ssa C. la rinnovazione degli atti processuali, con il consenso delle parti, dopo la sostituzione del giudice dr. M. ciò ha determinato la nullità della sentenza.
– con un secondo motivo, il ricorrente deduce l’erronea ammissione della parte civile e, in particolare, la violazione degli artt. 77, 100, 122 c.p.p., e illogicità della motivazione al riguardo. Il ricorrente rileva che erroneamente la Corte d’appello ha dichiarato non tempestiva e inammissibile la deduzione sull’irregolarità della costituzione di parte civile. L’eccezione de qua è stata posta nella prima udienza 7 marzo 1997 e nella fase delle questioni preliminari, come risulta dal verbale d’udienza.
Il giudice di primo grado ha dichiarato ammissibile la costituzione di parte civile, fondando la propria decisione sull’art. 76 c.p.p., senza tenere conto delle deduzione della difesa. Nella fase delle questioni preliminari e con memoria successiva, la difesa rilevò che la costituzione di parte civile avrebbe richiesto, in applicazione degli artt. 100 e 122 c.p.p., nel testo all’epoca vigente e,pertanto, il conferimento della procura speciale riferita al grado del processo con autentica notarile e non dello stesso difensore.
Peraltro, la costituzione di parte civile non fu espressamente prevista nella procura generale rilasciata dalla sig.ra W. il 23 settembre 1995 all’avv.to Maccaroni in epoca precedente al presente procedimento penale. Il nuovo testo dell’art. 122 c.p.p., per il quale la procura può anche essere autenticata dal difensore, non è applicabile alla presente processo, in quanto all’epoca della costituzione avvenuta all’udienza 7 marzo 1997, non era ancora intervenuta la modifica introdotto con la L. n. 479 del 1999.
– con un terzo motivo, la difesa deduce la nullità della querela per violazione di legge e omessa motivazione sul punto.
La difesa rileva che la nullità della querela avrebbe dovuto impedirne l’utilizzo del contenuto e determinare l’improcedibilità per i fatti oggetto di imputazione. Peraltro, la stessa, presentata il 22 novembre 1995, è tardiva rispetto all’ultimo atto di appropriazione indebita risalente al 19 giugno 1995, epoca del rogito di vendita dell’appartamento a tale Valenti.
La querela è stata presentata innanzi al notaio Leonzio che ha autenticato la firma in termini assolutamente irregolari e su foglio diverso e separato rispetto al dattiloscritto, in cui non si fa alcun riferimento all’atto di querela. Peraltro, l’autentica è assolutamente generica da non potere essere collegata ad essa.
In proposito, la difesa riporta la giurisprudenza in tema di autentica e di formalità richieste per la validità della querela;
– quanto alla posizione specifica di F. deduce la manifesta illogicità della motivazione su punti decisivi del procedimento e la insufficiente motivazione e violazione di legge sul concorso di persone nel reato.
Il coinvolgimento di F.P.R. è stato collegato esclusivamente al rapporto sentimentale con N., in palese contrasto con la giurisprudenza di legittimità che richiede specifici elementi per la configurazione del concorso. Non vi è prova circa la consapevolezza delle F.. Il giudice d’appello non ha posto in rilievo elementi diversi rispetto a quelli in base ai quali il Tribunale ha prosciolto la F., all’epoca funzionario della FAO impegnata in Italia e all’estero da non potersi dedicare a altri impegni.
La Corte d’appello ha omesso di considerare adeguatamente il documento del 3 marzo 1995, nel quale è contenuta una precisa dichiarazione di F.P. relativa all’intestazione fiduciaria delle quote della società VIBE, inviata all’avv.to GRANDE Mario, legale della Sig.ra W. e al commercialista della società, dr. M.S.. Documento che non avrebbe potuto avere solo una funzione di garanzia con riguardo ai rapporti tra i due imputati, perchè l’invio al legale e al commercialista comportava l’allegazione agli atti societari.
Contesta infine la difesa le valutazioni circa la cessione di un appartamento da N. alla F. e, dopo pochi mesi, a terzi a un prezzo pari al quadruplo di quello della prima vendita, rilevando specifici argomento, quali la regolare rendicontazione del prezzo della seconda vendita e della assenza della F. dall’Italia al momento di tale seconda operazione;
– quanto alla posizione di N., la difesa rileva il difetto di motivazione su punti decisivi del procedimento, l’insufficiente motivazione in ordine alla pronuncia di condanna e la violazione dell’art. 479 c.p.p..
La motivazione, riferita alla documentazione acquisita, non è altro che una giustificazione per relationem poichè collega le appropriazioni alle singole vendite immobiliari e non considera affatto il rendiconto presentato da N. nonchè gli atti del giudizio civile pendente innanzi al Tribunale di Roma.
Il ricorrente rileva i punti di manifesta illogicità là dove si definiscono patti successori la promessa di compenso a N. da parte della sig.ra W. pari a un terzo del patrimonio amministrato.
La Corte d’appello omette del tutto di motivare sulla dedotta pregiudizialità del giudizio civile rispetto a quello penale, in quanto sarebbe stato indispensabile dimostrare l’infedeltà del rendiconto per avere la prova dei reati di appropriazione, indebita;
– il ricorrente deduce l’insufficienza della motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche. Con una motivazione di stile, senza tener conto della concreta situazione si è esclusa la sussistenza delle condizioni per concedere le attenuanti generiche: l’incensuratezza, la correttezza del comportamento processuale e minima intensità del dolo e l’essersi adoperato prima del giudizio di elidere o attenuare le conseguenze del reato, con l’invio di atti al legale e al commercialista della società Vibe;
– con un ultimo motivo, si deduce che avrebbe dovuto essere applicata la nuova disciplina della prescrizione, tenuto conto che la nuova legge è entrata in vigore tra la pronuncia del dispositivo il 24 ottobre 2005 e il deposito della motivazione il 30 gennaio 2006. 3. Tale è la sintesi ex art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1, delle questioni poste.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
I giudici di merito hanno correttamente risolto le questioni di carattere processuale sottoposte allo loro esame 1. Infondata la censura relativa alla della violazione della regola di immutabilità della composizione del giudice stabilita dall’art. 525 c.p.p..
Il principio di immutabilità del giudice, sancito dall’art. 525 c.p.p., comma 2, riguarda l’effettivo svolgimento dell’intera attività dibattimentale e, in particolare, le acquisizioni probatorie, la risoluzione di questioni incidentali, le decisioni interinali inerenti all’oggetto del giudizio, restandone esclusa l’attività relativa a provvedimenti ordinatori miranti solo all’ordinato svolgimento del processo, senza avere valenza sul giudizio.
Ne consegue che non vi è violazione di tale principio, qualora il dibattimento sia, stato dichiarato aperto da un magistrato, poi sostituito da altro magistrato il quale abbia provveduto alla mera l’esclusione di alcuni documenti dal fascicolo del dibattimento e l’ammissione di alcuni testi richiesti dalle parti, senza provvedere al relativo esame escussione, e successivamente sostituito dal magistrato che ab origine aveva provveduto alla sequenza procedimentale ex artt. 491 e 492 c.p.p..
In realtà, l’istruttoria è stata svolta dalla dr.ssa C. che poi pronunciato la sentenza; pertanto, la sentenza è stata pronunciata all’esito di una trattazione unitaria da parte del medesimo magistrato, senza che le udienze intermedie abbiano avuto incidenza alcuna sulla processo, trattandosi in concreto di meri provvedimenti a contenuto ordinatorio.
Del resto, la difesa ha dedotto genericamente l’irregolarità della prosecuzione del dibattimento, senza specificare quali atti probatori, acquisita da altro magistrato, siano stati utilizzati mediante la mera lettura per la pronuncia della sentenza senza procedere alla prescritta rinnovazione ex art. 511 c.p.p..
2. Altrettanto infonda la dedotta inammissibilità della costituzione di parte civile.
In realtà, a differenza di quanto affermato dal giudice d’appello, la difesa dell’imputato ha regolarmente eccepito in limine ex art. 491 c.p.p., l’irritualità della costituzione, poichè la procura speciale conferita al difensore dal procuratore generale di W. J., dr. M.G., è stata autenticata dallo stesso difensore e non dal notaio come prescritto dall’art. 122 c.p.p., all’epoca vigente.
Anche qui la censura è comunque infondata.
Il testo dell’art. 122 c.p.p., – nonostante all’epoca in cui la procura de qua fu conferita stabilisse che per "la costituzione di parte civile la procura al difensore avrebbe dovuto essere rilasciato con sottoscrizione autenticata dal solo dal notaio" – fu poi modificato dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 13, comma 3, nel senso che la sottoscrizione avrebbe potuto essere autenticata rilasciata dal medesimo difensore;
disposizione la cui applicazione, in deroga alla regola del tempus regit actum, fu estesa anche "alle procure conferite prima dell’entrata in vigore" della citata L. n. 479 del 1999, a norma dello stesso art. 13, comma 4, nel testo modificato dal D.L. 7 aprile 2000, n. 82, art. 3, convertito in L. 5 giugno 2000, n. 144.
Pertanto, la costituzione di parte civile non può che essere ritenuta assolutamente regolare.
3. Infondata inoltre la cesura circa l’invalidità della querela.
Occorre anzitutto precisare che i delitti per i quali è stata pronunciata condanna sono si doveva procedere d’ufficio. Si tratta, infatti, di appropriazioni indebite aggravate a norma dell’art. 61 c.p., n. 11, con la conseguenza che ex art. 646 c.p.p., u.c., si procede d’ufficio.
Come correttamente rilevato dalla Corte d’appello, soltanto per il delitto di falso in scrittura privata sarebbe stata necessaria la querela; reato per il quale il giudice di primo grado ebbe a pronunciare declaratoria di estinzione per prescrizione. Pertanto, la deduzione relativa all’asserita irregolarità della querela è da ritenere carente d’interesse e priva di rilievo per gli altri reati.
4. Le altre censure sono manifestamente infondate e, per i profili riguardanti la ricostruzione della vicenda attraverso le prove acquisite legittimamente al dibattimento, sono inammissibili perchè trattasi di contestazioni a scelte di merito correttamente e congruamente giustificate dal Tribunale e poi confermate, con proprio ragionamento probatorio, dal giudice d’appello.
Anzitutto, va detto che le dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da W.J., a conferma delle circostanze esposte in querela, sono state legittimamente acquisite ex art. 512 c.p.p., per essere divenuta impossibile la ripetizione per la morte del teste. E’ manifestamente infondata la questione posta dal difensore circa l’impossibilità di acquisire verbali di dichiarazioni riproducenti il contenuto della querela asseritamente irregolare. Pur ammettendo che la querela fosse irregolare, si è in presenza di atti assolutamente autonomi e genericamente distinti sotto il profilo giuridico e fattuale.
4.1. Le ulteriori censure, già descritte in narrativa, sono assolutamente inammissibili.
4.1.1. Quanto alla posizione di N., le censure formulate, oltre che manifestamente infondate, sono essenzialmente inammissibili per essere dirette a prospettare una diversa interpretazione del quadro probatorio e una ricostruzione alternativa rispetto a quella corretta e coerente formulata dalla Corte d’appello nella cui sentenza sono elencati gli univoci elementi che hanno dato fondamento alle accuse formulate.
In narrativa, sono state descritte le conclusioni cui, attraverso un proprio ragionamento probatorio, è pervenuto il giudice d’appello;
ragionamento sorretto da adeguate e coerenti argomentazioni.
Rispetto a tali corrette conclusioni, il ricorrente richiede una complessiva rilettura delle risultanze processuali per ottenere una ricostruzione dei fatti e una valutazione della consistenza probatoria diverse rispetto a quelle effettuate dal giudice di merito, il quale è giunto all’affermazione di responsabilità in base a un corretto esame del contenuto degli atti processuali e considerazione del complessivo contesto probatorio, puntualmente descritto in sentenza.
La motivazione appare coerente e rispondente agli elementi presi in considerazione e non denota un deficit valutativo da parte del giudice di merito la cui decisione è stata resa all’esito di un approfondimento del quadro probatorio.
Inammissibile la censura relativa alla mancata applicazione delle attenuanti generiche. Le circostanze descritte, generiche e orientate a proporre diversi e opposti elementi di valutazione, non sono di tale contenuto da porre in rilievo carenze argomentative e illogicità manifeste in relazione al diniego, sul quale si è già espresso anche il giudice di primo grado.
4.1.2. Quanto alla diversa conclusione raggiunta dal giudice d’appello sul ruolo determinante avuto da F.P.R., si tratta di ricostruzioni alternative rispetto a quelle effettuate, in termini coerenti e con significativi argomenti probatori, dal giudice d’appello. Si è escluso – con specifici argomenta già ampiamente esposti in narrativa – che i dati probatori acquisiti non avrebbero potuto essere oggetto di interpretazione alternativa. I segmenti di condotte posti consapevolmente in essere da F. P.R. rendono evidente il contributo causale e consapevole fornito alla, realizzazione dell’evento e al conseguimento dell’indebita appropriazione.
5. Con un ultimo motivo, si deduce che avrebbe dovuto essere applicata la nuova disciplina della prescrizione, tenuto conto che la nuova legge è entrata in vigore tra la pronuncia del dispositivo il 24 ottobre 2005 della pronuncia d’appello e il deposito della motivazione il 30 gennaio 2006.
Mette conto chiarire che N. è stato condannato con sentenza di primo grado il 19 ottobre 2001 e, pertanto, non è da revocare in dubbio che la disciplina della prescrizione applicabile è quella anteriore alla novella del 2005.
Questa Corte si è già espressa nel senso che la pendenza del giudizio d’appello, rilevante, secondo la normativa transitoria dettata dalla L. n. 251 del 2005, art. 10, comma 3, (come interpretato dalla Corte costituzionale a seguito della declaratoria di incostituzionalità di cui alla sentenza n. 393 del 2006), ai fini dell’applicazione delle "vecchie" o delle "nuove" norme in tema di prescrizione, ha inizio nel momento della pronunzia della sentenza di condanna di primo grado (che coincide con il momento della lettura del dispositivo, non con quello, eventualmente successivo, del deposito della motivazione): sarebbe, infatti, irragionevole (Corte cost., sentenza n. 393 del 2006 cit.) attribuire rilevanza, a fini intertemporali, ad un diverso atto privo di efficacia interruttiva della prescrizione. Va altresì escluso che la pendenza del grado di appello sia ricollegabile all’emissione del decreto di citazione per il relativo giudizio, poichè tale atto, pur a sua volta interruttivo della prescrizione, interviene in un momento nel quale la pendenza del grado di appello è già giuridicamente configurata (Sez. 6^, 26 maggio 2008, dep. 29 luglio 2008, n. 317029; Sez. 6^, 20 novembre 2007, dep. 11 gennaio 2008, n. 1410).
6. I ricorsi, dunque, vanno rigettati e i ricorrenti vanno condannati in solido al pagamento delle spese processuali e, sempre in solido, al rifusione delle spese sostenute dalla parte civile costituita Z.M. che si liquidano nella complessiva somma di Euro 4107,49, di cui Euro 4.000,00, per onorari, oltre IVA e CPA.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del procedimento nonchè alla rifusione in solido delle spese sostenute dalla parte civile Z.M., che liquida nella complessiva soma di Euro 4.107,49, di cui Euro 4.000,00, per onorari, oltre IVA e CPA.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *