T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 1053 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ficato nel verbale;.
Svolgimento del processo

Con l’atto introduttivo del giudizio, rubricato al n. 662/2008 R. G., R.B., nella qualità indicata in epigrafe, comproprietaria dell’unità immobiliare, sita nel Comune di Minori alla via Nicoletti, confinante con il fondo di proprietà della Sig.ra E.M., distinta in catasto al fol. 5, part. n. 313, sul quale sorgeva l’"Hotel Villa Romana", segnalava che la suddetta E.M. – in data 1.03.95 – aveva presentato istanza di condono, ex art. 39 l. 724/94, per ottenere una concessione in sanatoria, relativamente ad un’opera abusiva, di superficie residenziale di mq. 103,50, ultimata in data antecedente al 15 marzo 1985; d’avere peraltro ripetutamente invitato l’Amministrazione Comunale a dichiarare inammissibile la prefata istanza, previo accertamento, in sede istruttoria, della non veridicità delle affermazioni in essa contenute, sotto il duplice profilo temporale (della data di commissione dell’abuso) e dimensionale (dell’ampiezza e della natura del medesimo abuso), nonché avuto riguardo all’incompatibilità del manufatto abusivo "de quo" con il vincolo paesaggistico, all’epoca già vigente sull’intera Costiera Amalfitana; in particolare, rappresentava che il contenuto della dichiarazione della Esposito, allegata alla predetta istanza di condono, si sarebbe posto in evidente contrasto con un verbale di transazione giudiziale del 17.05.85, nel quale si dava atto dell’esistenza, all’epoca, sul terreno della medesima, soltanto di "una vecchia tettoia agricola, delle dimensioni di m. 12,00 per 5,00, inserita nel contesto arboreo di limoneto"; nonché d’avere successivamente denunziato, più volte, al Comune di Minori che la Sig.ra Esposito, in pendenza dell’istanza di condono, aveva realizzato ulteriori opere abusive, modificative dello stato dei luoghi; riferiva, altresì, che, nell’inerzia dell’Amministrazione Comunale circa tali segnalazioni, aveva proposto ricorso a questo Tribunale (rubricato al n. 3087/95 R. G.), avverso il silenzio della P. A., definito in sede cautelare con ordinanza, n. 41/96, di rigetto dell’istanza di sospensiva, motivato sulla circostanza che non risultavano lavori in corso sull’immobile, fermo restando che alla controinteressata era preclusa la realizzazione di nuove opere, fino alla definizione della domanda di condono; denunziava poi che l’Amministrazione Comunale, lungi dal definire la pratica di condono, aveva rilasciato, alla Esposito, un permesso di costruire (n. 8346 dell’11.09.06), per "attività di mera sostituzione di materiale deterioratosi", relativamente al manufatto abusivo; d’aver proposto, avverso detto p. di c., ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, ancora pendente (attesa la modifica, che in tale modo s’andava a legittimare, della struttura, oggetto dell’originaria istanza di condono); d’aver riproposto, in data 21.02.07, una diffida all’A. C., volta all’accertamento dell’insussistenza delle condizioni, per il rilascio della sanatoria; che, tuttavia, il giorno seguente (22.02.07), il Comune di Minori, nella qualità di ente, subdelegato dalla Regione al rilascio del parere di compatibilità paesaggistica sulle istanze di condono, aveva rilasciato parere positivo, con atto n. 1708, omettendo di esaminare le sue reiterate diffide, pur "facendo salva ed impregiudicata ogni altra valutazione, ai fini della decisione istruttoria finale" (relativamente ai profili strettamente edilizi); che, in seguito, la Soprintendenza aveva sospeso, su istanza della stessa Esposito, l’esame del parere, in attesa di "una nuova soluzione progettuale" la quale, in effetti, era stata presentata, in data 7.06.07, nuovamente ricevendo parere favorevole da parte dell’A. C., con provvedimento in data 19.07.07, n. 6439; d’aver sollecitato, intanto, la Soprintendenza all’annullamento del (primo) parere paesistico rilasciato dal Comune; che, a seguito di una riunione, svoltasi tra la ricorrente e funzionari della Soprintendenza, quest’ultima aveva chiesto all’Amministrazione – con atto prot. 22612 del 6.08.07 – "di esprimersi sulla preliminare ed assorbente questione dell’ammissibilità dell’istanza di condono", e, in seguito, dopo un’ulteriore fase interlocutoria, con nota prot. 32287 del 22.11.07, aveva chiesto ulteriori chiarimenti sulla pratica in oggetto, senza tuttavia ricevere alcun riscontro, da parte del Comune; che era seguita l’impugnativa, dinanzi alla Sezione, del silenzio inadempimento, in tal modo verificatosi, da parte della P. A., con ricorso, n. 234/08 R. G., onde conseguire una pronuncia espressa circa l’inammissibilità della, più volte citata, domanda di condono; che, nel corso di tale giudizio, la ricorrente aveva appreso che l’Amministrazione aveva adottato, in extremis, e precisamente in data 25.02.08, il provvedimento, oggetto dell’odierno gravame, con cui la prefata domanda era stata dichiarata preliminarmente ammissibile, sulla base, tuttavia, di una dichiarazione "postuma" della Esposito, del 3.10.07, in cui la stessa "pretendeva di precisare le ragioni dell’accoglibilità" della sua istanza; che il ricorso, azionato avverso il silenzio della P. A., era stato di conseguenza dichiarato improcedibile; che, successivamente, la Soprintendenza, con l’atto pure impugnato, di cui in epigrafe, aveva deciso di non esercitare il potere d’annullamento del parere di compatibilità paesaggistica di cui sopra, sulla base di argomenti ritenuti, dalla R., non condivisibili; tanto premesso, i suddetti provvedimenti venivano pertanto impugnati, per i seguenti motivi in diritto:

Parte I) – Motivi contro il provvedimento del Comune:

premesso che l’atto impugnato, pur essendo endoprocedimentale, era lesivo ed autonomamente impugnabile, in quanto esprimente una valutazione di ammissibilità della domanda di sanatoria, tale da preludere alla favorevole conclusione del procedimento di condono (la quale era stata procrastinata, dal Comune, solo "per ragioni tattiche"), la prima censura era la seguente:

1) Vizi in procedendo: Violazione degli artt. 2, 3, 7 e 10 bis della l. 241/90; Violazione del diritto di partecipazione al procedimento; Carenza d’istruttoria;

2) Nel merito: Inammissibilità dell’istanza di condono della Sig.ra Esposito perché dolosamente infedele; Violazione degli artt. 33, 40 e 45 della l. 47/85; Violazione del P. R. G. di Minori; Violazione del D. M. 1.12.1961 (d’imposizione del vincolo paesaggistico) e della l. r. n. 35/87, d’approvazione del P. U. T.: erano esplicitati i motivi, d’ordine tecnico ed amministrativo, per i quali la domanda di condono in oggetto non avrebbe dovuto, contrariamente all’avviso espresso dal Comune, essere dichiarata ammissibile;

Parte II): Motivi avverso l’atto della Soprintendenza:

premesso che valevano, in tema di immediata impugnabilità dell’atto in questione, le medesime considerazioni, espresse riguardo al provvedimento del Comune, la prima censura era la seguente (si proseguirà tuttavia nella numerazione considerando, per ragioni di semplicità espositiva, anche le altre censure, sopra esposte):

3) Violazione del d. l.vo 42/04 e succ. modificaz.; Violazione della l. 241/90; Violazione delle regole del giusto procedimento; Illogicità manifesta; Eccesso di potere per sviamento;

4) Violazione del d. l.vo 42/04 e succ. modificaz.; Violazione degli artt. 33, 40 e 45 della l. 47/85; Violazione del P. R. G. di Minori; Violazione del D. M. 1.12.1961 (d’imposizione del vincolo paesaggistico) e dell’art. 17 della l. r. n. 35/87, d’approvazione del P. U. T. (Vincolo d’inedificabilità assoluta – Zona territoriale 2 del P. U. T. dell’Area Sorrentino – amalfitana); Contraddittorietà; Carenza istruttoria: la Soprintendenza avrebbe dovuto esercitare il proprio potere d’annullamento, al fine di salvaguardare i valori paesistici tutelati dal P. U. T. (comportante, nella zona interessata, il vincolo d’inedificabilità assoluta).

Si costituiva in giudizio la controinteressata, E.M., con memoria in cui eccepiva l’inammissibilità/improponibilità del ricorso, relativamente a tutti i profili, diversi dalla data di ultimazione delle opere abusive; nel merito, chiedeva respingersi l’avverso gravame perché infondato, in uno con la domanda di sospensiva.

Si costituiva la Soprintendenza di Salerno, depositando relazione dell’Amministrazione e documenti.

Seguiva il depositato di ulteriori documenti nell’interesse della ricorrente.

Si costituiva in giudizio il Comune di Minori, concludendo per il rigetto del ricorso.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza camerale del 29.05.08, la Sezione respingeva, per difetto del requisito del periculum in mora, la domanda cautelare articolata dalla ricorrente.

Con un primo atto di motivi aggiunti, R.B., nella qualità in atti, impugnava gli ulteriori provvedimenti sopra specificati, segnalando come il Comune avesse rilasciato il provvedimento di condono gravato, omettendo di valutare le allegazioni documentali della ricorrente e senza effettuare alcun approfondimento istruttorio; avverso tali provvedimenti articolava le seguenti ulteriori censure:

1) Vizi in procedendo: Violazione degli artt. 3 e 10 della l. 241/90; Violazione del diritto di partecipazione al procedimento; Eccesso di potere per carenza d’istruttoria e travisamento dei fatti;

2) Nel merito: Inammissibilità dell’istanza di condono della Sig.ra Esposito, perché dolosamente infedele: erano esplicitati i motivi, d’ordine tecnico ed amministrativo, per i quali la domanda di condono in oggetto non avrebbe dovuto, contrariamente all’avviso espresso dal Comune, essere accolta;

3) Violazione del d. l.vo 42/04 e succ. modificaz.; Violazione degli artt. 33, 40 e 45 della l. 47/85; Violazione del P. R. G. di Minori; Violazione del D. M. 1.12.1961 (d’imposizione del vincolo paesaggistico) e dell’art. 17 della l. r. n. 35/87, d’approvazione del P. U. T. (Vincolo d’inedificabilità assoluta – Zona territoriale 2 del P. U. T. dell’Area Sorrentino – amalfitana); Contraddittorietà; Carenza istruttoria: erano ribadite le doglianze, esposte nell’atto introduttivo del giudizio, avverso la decisione della Soprintendenza di non esercitare il potere d’annullamento, atteso il vincolo d’inedificabilità assoluta gravante sull’area interessata.

Il Comune di Minori produceva scritto difensivo, di replica ai motivi aggiunti.

Seguiva il deposito di altra memoria, nell’interesse della ricorrente.

La controinteressata, E.M., eccepiva l’inammissibilità dei motivi aggiunti, per essere stati notificati al domicilio, eletto presso il procuratore costituito, anziché presso il domicilio reale delle controparti, e rilevava, comunque, la loro infondatezza.

In data 26.03.09 la ricorrente depositava perizia tecnica, a firma dell’ing. M. Adinolfi, laddove la controinteressata produceva documentazione.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 26.03.09, la Sezione accoglieva la domanda cautelare, presentata dalla ricorrente (detta ordinanza era poi oggetto di conferma, da parte della IV Sezione del Consiglio di Stato).

Era quindi la volta del deposito, da parte della ricorrente, di un secondo atto di motivi aggiunti, diretto avverso gli stessi atti, già oggetto del primo gravame aggiuntivo, censurati per i seguenti ulteriori motivi:

1) Violazione della l. r. n. 35/87 (P. U. T.): artt. 5, 17, 29 e 32, anche in comb. disp. con l’art. 31 co. 2 della l. 47/85; Eccesso di potere per difetto d’istruttoria, carenza assoluta del presupposto, travisamento e sviamento: erano ulteriormente precisati i motivi che – ad avviso della ricorrente – ostavano al rilascio del condono in favore della controinteressata.

In data 22.12.2010 la stessa controinteressata, E.M., depositava scritto difensivo, in cui chiedeva dichiararsi cessata la materia del contendere, relativamente al presente giudizio, posto che con provvedimento del responsabile del Servizio Edilizia – Urbanistica del Comune di Minori, prot. 10327 del 12.11.09, era stato annullato d’ufficio, in sede di autotutela, l’atto impugnato (permesso di costruire in sanatoria, n. 1/2009 prot. 2052 del 25.02.09).

All’udienza pubblica del 12 gennaio 2011 il ricorso era trattenuto in decisione.

Con il secondo dei ricorsi sopra indicati, E.M. impugnava il provvedimento, da ultimo citato, con il quale era stato annullato in autotutela il permesso di costruire in sanatoria, precedentemente rilasciato in suo favore dal Comune di Minori.

Avverso detto provvedimento, articolava le seguenti censure:

1) Sviamento; Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 10 e 21 nonies l. 241/90); Eccesso di potere per difetto di motivazione e d’istruttoria, difetto del presupposto, perplessità; Violazione delle regole di buona amministrazione, del principio del "contrarius actus", del giusto procedimento, del contraddittorio procedimentale: l’annullamento anticipava la decisione del merito della presente controversia, giusta l’ordinanza cautelare sopra indicata, confermata dal Consiglio di Stato; inoltre era inficiato da sviamento, posto che il responsabile del Servizio Urbanistica del Comune era stato nominato, in via fiduciaria, dal nuovo sindaco di Minori, figlio della ricorrente B.R. ed egli stesso socio amministratore e legale rappresentante della stessa società (F.lli R.- H.V.R.), di cui la R. era procuratrice generale; era mancata, altresì, l’osservanza delle regole che presiedevano all’esercizio dell’autotutela decisoria (faceva difetto, in particolare, la motivazione circa l’interesse pubblico, attuale e concreto, all’annullamento del permesso di costruire in sanatoria de quo; né erano stati tenuti presenti gli interessi del destinatario del’atto di riesame; era mancata l’acquisizione del parere del tecnico istruttore e della Commissione Edilizia; non era stata annullata anche l’autorizzazione paesaggistica comunale, che contraddittoriamente era rimasta in vita); tanto, senza considerare che il Responsabile del Servizio aveva acquisito, in pendenza del termine per provvedere, una memoria tardivamente depositata dalla controparte, R.B., senza consentire alla ricorrente di controdedurre in merito;

2) Violazione e falsa applicazione di legge (artt. 10 e 21 nonies l. 241/90; artt. 31 e 35 l. 47/85; art. 39 l. 724/94; Circolari 2241/UL del 1995 e 3357/25 del 1985; art. 40 l. 47/85; artt. 32 e 33 l. 47/85); Eccesso di potere per difetto di motivazione e d’istruttoria, perplessità, travisamento dei fatti, erroneità ed arbitrarietà:

A) La motivazione del provvedimento di autotutela del Responsabile del Servizio Edilizia – Urbanistica, prot. n. 10327 del 12.11.09;

B) La c. t. u. disposta dal P. M. nel procedimento penale n. 3422/2009 R. G. N. R. – mod. 21;

C) La motivazione del permesso di costruire in sanatoria n. 1/09;

D) La data d’ultimazione delle opere abusive;

E) La superficie del manufatto abusivo al 31.12.93; La non precarietà del manufatto; La destinazione residenziale dell’immobile;

F) L’autorizzazione paesaggistica ed il contrasto dell’opera con i vincoli discendenti dal P. U. T.: erano contestati, con riferimento ai punti sopra elencati, i presupposti che, nel merito, avevano condotto all’annullamento del p. di c. in sanatoria precedentemente rilasciato alla ricorrente.

Si costituiva la controinteressata R.B., formulando istanza di riunione del secondo giudizio al primo (nel quale la stessa rivestiva la posizione di ricorrente); quindi depositando scritto difensivo, di replica all’avverso gravame.

Seguiva anche la costituzione del Comune di Minori, che sosteneva l’infondatezza del gravame, nonché del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (con memoria di stile).

In data 22.12.2010 la ricorrente depositava memoria riepilogativa.

All’udienza pubblica del 12.01.2011 anche il secondo ricorso era trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Rileva preliminarmente il Collegio che i due ricorsi in esame si presentano connessi, soggettivamente ed oggettivamente, e che, pertanto, ne va disposta la riunione.

Quanto al primo ricorso, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere, in aderenza al pacifico orientamento giurisprudenziale, espresso, "ex multis", nella seguente massima: "Ai sensi dell’art. 23 comma 7, e 27 comma 2, legge Tar, deve essere dichiarata cessata la materia del contendere a seguito dell’adozione da parte della p. a. di provvedimenti integralmente satisfattivi della pretesa fatta valere in giudizio. In particolare, la declaratoria consegue al ritiro in autotutela dell’atto impugnato (annullamento o riforma) che, in aderenza alle istanze del ricorrente, realizza in via amministrativa l’interesse che questi voleva ottenere in sede giurisdizionale" (T. A. R. Lombardia Milano, sez. III, 17 giugno 2010, n. 1934).

Ciò vale, in particolare, per l’atto (permesso di costruire in sanatoria, rilasciato in favore di E.M.), impugnato con il primo ed il secondo atto di motivi aggiunti ed annullato, dal Comune di Minori, con il provvedimento in autotutela, poi oggetto del secondo ricorso; laddove, quanto agli atti, impugnati con l’atto introduttivo del primo giudizio, gli stessi si presentano non lesivi, e pertanto la pronuncia in rito, relativamente a tale ricorso, dev’essere d’inammissibilità.

Com’è stato osservato in sede cautelare, infatti, il provvedimento impugnato sub I), del Comune di Minori, si limita a dichiarare "istruibile" l’istanza prodotta dalla controinteressata, condizionando l’adozione del provvedimento finale "all’acquisizione dei pareri e della documentazione tecnica ed amministrativa prevista dalla legge", laddove l’atto impugnato sub II), della Soprintendenza di Salerno, a sua volta rimanda "ai successivi atti autorizzativi del Comune di Minori, per verificarne la veridicità, i termini e la sussistenza riferiti ai requisiti di condonabilità": entrambi tali atti non si presentano, quindi, come immediatamente e direttamente pregiudizievoli per la sfera giuridica della ricorrente R.B.; essi sono stati, in ogni caso, pienamente superati, in virtù dell’adozione del permesso di costruire in sanatoria.

Quanto al secondo ricorso, ritiene il Collegio che lo stesso sia fondato, nei sensi di seguito esposti.

Carattere dirimente, con assorbimento d’ogni altra censura, riveste la doglianza, impingente nella mancata esposizione, nel provvedimento di annullamento in autotutela del permesso di costruire in sanatoria, già rilasciato ad E.M., delle ragioni d’interesse pubblico, ulteriori rispetto al mero ripristino della legalità violata, poste dall’Amministrazione Comunale di Minori a fondamento del provvedimento, di secondo grado, in questione.

Se si scorre il testo di detto provvedimento, infatti, non si coglie un’adeguata giustificazione delle ragioni d’interesse pubblico in questione, che non sia rappresentata da un generico richiamo alle esigenze di tutela del paesaggio.

Manca, tuttavia, l’esplicitazione dei concreti motivi, di carattere pubblicistico, che hanno condotto, nella specie, a decretare l’eliminazione dal mondo giuridico del titolo abilitativo edilizio ed il conseguente sacrificio dell’interesse del privato, già beneficiario del medesimo.

È assente, in particolare, nel provvedimento impugnato, qualsivoglia comparazione tra le esigenze di tutela dell’ambiente, la cui salvaguardia è posta a base del medesimo, e la compromissione della sfera giuridico – soggettiva del privato, già titolare della licenza edilizia, che si va ad auto – annullare.

Ma tale comparazione non è un elemento che possa trascurarsi, ai fini di un corretto esercizio del potere di autotutela, come è stato efficacemente posto in risalto, nella decisione che segue: "I principi generali dettati in tema di autotutela, ora codificati dalla l. 7 agosto 1990 n. 241 a seguito delle modifiche apportate dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15, esigono una completa valutazione comparativa delle posizioni sostanziali in gioco da cui emerga la puntuale motivazione sulla natura dell’interesse pubblico; interesse pubblico che deve risultare di tale consistenza da meritare preponderanza rispetto alla tutela della posizione dell’interessato, tenuto anche conto dell’affidamento in capo a quest’ultimo maturato" (T. A. R. Puglia Lecce, sez. I, 5 giugno 2008, n. 1653).

La necessità di un’analisi esaustiva degli interessi in gioco è stata, del resto, ribadita, in giurisprudenza, proprio con riferimento al tipo di atto, del cui annullamento si discute (sanatoria edilizia): "Il provvedimento di revoca di una concessione edilizia in sanatoria rientra nel genere degli atti di annullamento d’ufficio in autotutela e necessita, pertanto, sia della comunicazione dell’avvio del procedimento sia della valutazione dell’interesse pubblico all’annullamento d’ufficio, comparato con l’interesse del privato che incolpevolmente ha confidato sulla legittimità dei provvedimenti originari dell’Amministrazione" (T. A. R. Puglia Lecce, sez. I, 19 maggio 2010, n. 1185).

A tal proposito – dell’affidamento del privato – il Collegio non può esimersi dal rilevare come l’atto di annullamento d’ufficio, in autotutela, del quale si discute, è relativo ad un permesso di costruire in sanatoria, rilasciato nel febbraio del 2009, ma all’esito di un procedimento, durato oltre dieci anni (l’istanza di condono, presentata da E.M., risale infatti al 1995).

Il "modus operandi" della P. A. che, dopo aver lungamente ponderato il contenuto di un provvedimento di condono, tanto da averlo licenziato all’esito di un procedimento, durato quasi quindici anni, l’annulla d’ufficio, a distanza di pochi mesi dalla sua emanazione, e, per di più, in pendenza di un giudizio, dinanzi agli organi della giurisdizione amministrativa, avente ad oggetto proprio la valutazione circa la legittimità di detto titolo edilizio, si connota evidentemente, a parere del Collegio, in termini di contraddittorietà.

Quanto, in particolare, al profilo della pendenza del giudizio innanzi al T. A. R., si tenga presente quanto segue: "Nel caso in cui l’esercizio dell’autotutela incida su un provvedimento già oggetto di contestazione in sede giudiziaria, non può ritenersi che l’amministrazione abbia l’incondizionata disponibilità, unilaterale, della materia del contendere mediante la rimozione dell’atto originariamente impugnato anche per meri vizi formali, potendo l’amministrazione adottare un atto caducatorio in via di autotutela solo dopo aver tenuto effettivamente conto dell’intero ambito del contenzioso pendente, cioè di tutte le "causae petendi" che in concreto lo caratterizzavano" (Consiglio Stato, sez. VI, 2 ottobre 2007, n. 5086).

In parte motiva, la prefata decisione significativamente pone in risalto che la qualità di parte nel giudizio pendente, che l’Amministrazione riveste "gli impone, dunque, una motivazione particolarmente esauriente e completa, che veda come presupposto di fatto da considerare attentamente proprio la situazione creatasi con la pendenza del giudizio, le cui ragioni e implicazioni ben possono emergere dalle osservazioni del ricorrente in sede procedimentale, rispetto alle quali si impone, dunque, un obbligo di motivazione specifico e accurato".

Le concrete caratteristiche del caso di specie avrebbero quindi consigliato un’assai più penetrante ed attenta motivazione, da parte del responsabile del Servizio Edilizia ed Urbanistica del Comune di Minori, circa le ragioni per le quali, dopo un "iter" procedimentale così travagliato, conclusosi, da appena qualche mese, con il rilascio della sanatoria, si riteneva di dovere, in pendenza di giudizio innanzi al T. A. R., intervenire ulteriormente sulla questione, ponendo nel nulla il titolo edilizio, appena rilasciato.

Dette ragioni, lo si ribadisce, non potevano e non dovevano consistere nella mera esposizione dei motivi di natura tecnica, per i quali si riteneva di non dover concedere il condono: l’elencazione, pur ovviamente doverosa, di detti motivi rappresenta, infatti, null’altro che il "proprium" del provvedimento, in cui si sostanzierebbe l’esigenza del ripristino della legalità violata.

Ma, nel caso specifico, la P. A. procedente non poteva dimenticare che, appena qualche mese prima, la medesima situazione fattuale, i medesimi abusi, erano stati valutati, dal precedente titolare dell’organo, in maniera completamente diversa, ed avevano condotto a conclusioni completamente diverse, con il rilascio del permesso di costruire in sanatoria.

Occorreva, allora, che il Responsabile del Servizio Edilizia ed Urbanistica del Comune di Minori spiegasse, in concreto, qual’era lo specifico interesse pubblico che (tenuto presente il pregresso e tormentato "iter" procedimentale, che aveva caratterizzato la vicenda), imponeva di modificare radicalmente le conclusioni, raggiunte sul piano tecnico – amministrativo appena qualche mese prima.

Deve, cioè, trovare applicazione l’orientamento giurisprudenziale dominante, compendiato, "ex multis", nella seguente massima: "L’esercizio in concreto del potere di autotutela risulta illegittimo nel caso di mancata, puntuale esplicazione delle ragioni di pubblico interesse idonee a supportare l’esercizio dell’autotutela (non risultando sufficiente sotto tale profilo il mero interesse al ripristino della legittimità asseritamente violata), nonché in caso di mancato rispetto delle regole del contraddittorio procedimentale" (Consiglio Stato, sez. VI, 24 settembre 2010, n. 7125).

Sotto tale ulteriore profilo, difetta per di più, nell’atto impugnato, la confutazione delle argomentazioni difensive, prodotte da E.M. con memoria, a firma del suo legale, depositata in data 28.09.09 presso il Comune.

Pur essendo, in particolare, detta memoria citata, nella narrativa del provvedimento, pur tuttavia è mancata del tutto la specificazione delle ragioni per le quali, pur in presenza delle osservazioni in questione, l’Amministrazione abbia ritenuto di annullare ugualmente il permesso in sanatoria, rilasciato alla ricorrente qualche mese prima.

È consolidato infatti, in materia, l’indirizzo giurisprudenziale, da ultimo condensato nella seguente massima: "L’art. 3, l. 7 agosto 1990 n. 241, secondo il quale la motivazione del provvedimento amministrativo deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria, deve essere interpretato nel senso che l’Autorità procedente deve tenere conto, oltre che della normativa di riferimento, delle risultanze dell’istruttoria, quali risultanti anche dagli apporti collaborativi dei privati coinvolti nel procedimento; ne consegue che, in sede di verifica dei dati acquisiti, la pubblica Amministrazione deve dare conto di aver esaminato le osservazioni e i documenti prodotti dai privati, anche in maniera sintetica e senza che sia necessaria una puntuale confutazione di tutti gli argomenti addotti dai soggetti che hanno preso parte al procedimento" (T. A. R. Marche Ancona, sez. I, 8 novembre 2010, n. 3371).

In conformità alle considerazioni che precedono, il provvedimento di autotutela in oggetto deve essere annullato, per difetto di motivazione.

Pur determinando, l’annullamento in sede giurisdizionale, l’automatica riespansione dell’atto (permesso di costruire in sanatoria) annullato in autotutela, l’Amministrazione conserva la facoltà di riesercitare il relativo potere, in ragione della natura formale del vizio rilevato; tanto, in conformità al seguente indirizzo, pacifico in giurisprudenza: "Un giudicato di annullamento per soli vizi formali non elimina né riduce il potere dell’amministrazione di provvedere in ordine allo stesso oggetto dell’atto annullato, in quanto soltanto l’annullamento per vizi sostanziali vincola invece in modo assoluto l’amministrazione ad attenersi nella successiva attività alla statuizione del giudice" (Consiglio Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3399).

Sussistono, per la complessità delle questioni esaminate e per le precipue caratteristiche della fattispecie concreta, validi motivi per compensare integralmente, tra le parti, le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, previa loro riunione;

dichiara inammissibile l’atto introduttivo del giudizio n. 662/08 R. G.;

dichiara improcedibili, per cessata materia del contendere, gli atti di motivi aggiunti relativi al ricorso n. 662/08 R. G.;

accoglie il ricorso n. 202/2010, nei sensi di cui in parte motiva, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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