T.A.R. Campania Salerno Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 1036 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso notificato il 29 e 30 maggio 2009, depositato il 362009, la società H.T.D. s.n.c. proponeva ricorso giurisdizionale dinanzi a questo Tribunale Amministrativo Regionale avverso i provvedimenti in epigrafe specificati, con i quali era stato disposto l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 11/2009 rilasciato in suo favore e disposto, di conseguenza, la demolizione di alcune opere abusivamente realizzate.

Lamentava: 1) Violazione dei principi generali in tema di atto plurimo e di annullamento parziale – violazione di legge (artt. 21 septies l. n. 241/1990 e 38 dpr n. 380/2001)eccesso di potere per difetto di presupposto, arbitrarietà, sviamento, illogicità, iniquità; 2) Violazione dei principi generali in tema di "contrarius actus"- violazione dell’ordo procedendi- violazione di legge (art. 21 septies l. n. 241/1990 in relazione agli artt. 31 e 32 della legge n. 47/1985) – eccesso di potere per difetto del presupposto, arbitrarietà, sviamento, illogicità manifesta ed iniquità; 3) Violazione dell’art. 21 septies l. n. 241/1990insussistenza e carenza di motivazione in ordine all’interesse pubblico specifico – eccesso di potere- vizio della motivazione; 4) Violazione di legge (art. 21 septies l. n. 241/1990 in relazione all’art. 38 dpr n. 380/2001)eccesso di potere per difetto ed erroneità del presupposto, arbitrarietà, sviamento – violazione del giusto procedimento; 5) Illegittimità derivata dell’ingiunzione di demolizione – violazione degli artt. 31 e 38 del dpr n. 380/2001 in relazione agli artt. 31 e 38 l. n. 47/1985 – violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990; 6) Violazione degli artt. 31 e 38 del dpr n. 380/2001 – eccesso di potere per difetto del presupposto, di motivazione e di istruttoria – violazione dell’art. 3 l. n. 241/1990.

Instauratosi il contraddittorio, il Comune di Praiano non si costituiva in giudizio, facendo peraltro pervenire relazione sui fatti di causa.

Si costituiva in giudizio la s.a.s. "Hotel L.F. di D.L.R. & C.", con memoria depositata in data 1062009, nella quale si articolavano argomentazioni difensive a sostegno della legittimità dei provvedimenti assunti dall’ente e veniva richiesto il risarcimento, in suo favore, dei danni illegittimamente subiti e subendi per la condotta del Comune e della società ricorrente.

La causa veniva discussa e trattenuta per la decisione all’udienza del 1032011.
Motivi della decisione

Il presente giudizio ha in primo luogo ad oggetto la legittimità del provvedimento prot. n. 3718 del 1742009, adottato dal Comune di Praiano e recante l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 11/2009 prot- 1268 del 522009.

Come desumibile dal provvedimento di ritiro medesimo e dagli atti istruttori che lo hanno preceduto (comunicazione di avvio prot. 3198 dell’142009, relazioni istruttorie prot. n. 3032 del 2632009 e prot. 3011 del 3032009) la suddetta concessione n. 11/2009 ha provveduto, in termini abilitativi in favore del privato, su due istanze di condono edilizio (prot. n. 11167 del 2821985 e prot. 927 del 2821995, rispettivamente prodotte ai sensi della legge n. 47/1985 e della legge n. 724/1994,), sia relativamente ad opere già realizzate sia relativamente ad interventi di completamento delle stesse interessanti un fabbricato destinato a struttura alberghiera.

Dunque, con un unico provvedimento l’amministrazione ha deciso distinte domande del privato ed ha espresso una determinazione abilitativa sia con riguardo ad opere abusive da sanare sia con riguardo a nuovi interventi da realizzare.

Ritiene preliminarmente il Tribunale che tale "modus agendi" sia consentito all’autorità amministrativa.

Ciò che connota il provvedimento amministrativo è la statuizione amministrativa, la quale può essere resa, in un unico contesto formale, con riferimento ad oggetti diversi ed avere, pertanto, contenuto complesso.

L’unicità formale del documento non esclude che in esso siano rinvenibili distinti e molteplici contenuti volitivi, ciascuno dei quali assume, in termini sostanziali, autonoma rilevanza provvedimentale sia ai fini della esistenza che della legittimità.

In tale ipotesi ci si trova di fronte ad una pluralità di statuizioni provvedimentali espresse in un unico atto, vicenda certamente ammissibile nel diritto amministrativo.

Il carattere complesso del contenuto provvedimentale è vicenda che incide pure sulla sua legittimità.

Si parla, invero, di illegittimità totale quando essa investe l’intero provvedimento, di illegittimità parziale quando invece resta limitata ad una parte soltanto di questo senza comunicarsi alle altre.

L’invalidità parziale è istituto operante nel diritto amministrativo, in quanto fondato sul generale principio della conservazione degli atti e sulla esigenza di stabilità e certezza dell’azione amministrativa, necessità quest’ultima rilevante nel campo dell’azione della p.a. attesa la sua funzionalizzazione alla cura degli interessi pubblici.

Nel caso di provvedimento contenente una pluralità di statuizioni il carattere totale o parziale della illegittimità deriva dalla inscindibilità ovvero dalla scindibilità delle statuizioni provvedimentali ovvero dalla inscindibilità o scindibilità del vizio rilevato.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio si è di fronte ad una pluralità di determinazioni abilitative riferite ad interventi edilizi diversi, in parte già realizzati ed in parte da realizzarsi.

E’ evidente, dunque, che trattasi di statuizioni scindibili ove riferite ad opere distinte, nel senso che la non conformità a norma di una di esse (e, dunque, la sua non assentibilità) non esclude l’assentibilità anche di altre ove queste ultime siano conformi alla disciplina urbanistica.

Di conseguenza, il vizio di legittimità rilevabile per l’abilitazione alla realizzazione di un determinato intervento non comporta automaticamente l’illegittimità dell’intero provvedimento, e, dunque, l’estensione della invalidità anche ad altre opere per le quali non si rilevano violazioni della normativa regolatrice della materia.

Opera in questo caso la regola della invalidità parziale e, di conseguenza, il provvedimento abilitativo è annullabile solo con riferimento alla statuizione invalida, potendo l’atto di ritiro colpire unicamente la determinazione illegittima senza estendersi ad alle altre parti (rectius, statuizioni abilitative) non viziate.

In base ai rilievi sopra svolti, il Collegio non ritiene assolutamente condivisibile l’argomentazione svolta dal Comune di Praiano nella relazione (prot. 5484) depositata in giudizio in data 1062009, ove si afferma " In merito alla ipotizzata possibilità di annullare parzialmente il permesso di costruire n. 11/2009, a parere dello scrivente, si ritiene non possibile, in quanto il titolo abilitativo riguardava un unico edificio adibito ad albergo, da cui si ha che il titolo abilitativo non è scindibile, infatti le opere costituiscono nel loro insieme un complesso sistematico di lavori edilizi riferiti allo stesso immobile".

In proposito, basti osservare che l’unicità dell’edificio di riferimento (immobile preesistente) non esclude che le diverse opere edilizie oggetto di assentimento conservino una loro specifica identità, sì da essere autonomamente individuabili, distinte tra loro ed autonomamente realizzate o realizzabili rispetto ad altre pure interessanti il medesimo immobile.

Ciò è tra l’altro confermato dallo stesso provvedimento di annullamento in questa sede impugnato e dagli atti istruttori che lo hanno preceduto, ove i diversi interventi vengono autonomamente individuati e considerati, operandosi separatamente per ciascuno di essi una valutazione di conformità alla normativa urbanisticoedilizia.

Né vi è chi non veda, giusto per richiamare alcuni degli interventi interessati dal provvedimento, come la sala ristorante è opera distinta rispetto al locale caldaia o alla tettoia del parcheggio ovvero al locale bar, onde l’eventuale illegittimità dell’assentimento dell’una non può, in via necessaria ed automatica, determinare l’annullamento anche dell’assentimento dell’altra.

Per le ragioni sopra esposte, dunque, nella fattispecie oggetto del presente giudizio ha modo di operare il principio dell’invalidità parziale e, di conseguenza, l’annullamento, adottato in via di autotutela dall’amministrazione, deve attenersi a tale principio, onde la determinazione di ritiro può colpire unicamente i contenuti del provvedimento abilitativo di primo grado affetti da vizi di illegittimità e non anche la totalità del provvedimento.

Ciò posto, deve ritenersi la illegittimità del disposto annullamento con riferimento alle opere edilizie in relazione alle quali il medesimo provvedimento ne ha riconosciuto l’assentibilità e, pertanto, l’inesistenza di vizi di legittimità inficianti l’originario titolo abilitativo.

Sotto tale profilo risulta fondato il primo motivo di ricorso, ravvisandosi tanto la dedotta violazione dei principi generali in tema di annullamento parziale tanto una palese illogicità e contraddittorietà della determinazione amministrativa, in considerazione della circostanza che, mentre nella parte motiva del provvedimento si assume l’assentibilità dei lavori, nel dispositivo viene invece pronunziato l’annullamento del primo atto che tale assenso edilizio ha adottato.

La lettura del provvedimento impugnato, in uno alla comunicazione di avvio del procedimento di autotutela ed alle relazioni istruttorie redatte (atti richiamati per relationem), consente di individuare compiutamente le opere per le quali è riscontrabile, nel provvedimento di annullamento, tale vizio di legittimità.

E’ in primo luogo illegittimo il disposto annullamento del titolo edilizio con riferimento alle opere di cui al punto 1 della comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 3198 dell’142009.

Queste consistono nella "Superficie di mq. 230 per attività turistico ricettiva o agrituristica. Volume totale mc. 954,50Tipologia 1 – Istanza prot. 1167 del 28.2.85 – Legge 47/85", specificata in un "ampliamento su una terrazza a livello della sala ristorante dell’H.T.D.". Al riguardo viene evidenziato che "il permesso di costruire in sanatoria n. 11/2009 prevede la sostituzione della copertura della sala ristorante realizzata in lamiera recata con un solaio equipollente con soprastante getto di calcestruzzo armato", concludendosi che " atteso che il volume realizzato all’epoca è completato funzionalmente così come è ultimata la copertura e che l’immobile è stato realizzato nell’anno 1976 in assenza di vincolo di inedificabilità assoluta come individuato nella legge Reg. 35/87, l’intervento è suscettibile di sanatoria perché realizzato in data antecedente alla l. 35/87 ed al vincolo di inedificabilità in esso individuato".

Vi è, dunque, annullamento del titolo in sanatoria nonostante venga affermata la sanabilità dell’opera.

Analogo vizio di legittimità è riscontrabile con riferimento all’opera indicata al punto 2 della richiamata comunicazione di avvio.

Essa è individuata come "Volume tecnico adibito a centrale di condizionamento pari a 72.15 mc. E mq. 24,05 posto a quota -1.20 rispetto al piano stradale – Tipologia 1 – Istanza prot. 927 del 2821995 – legge 724/94" e ne è specificata la natura quale "locale tecnologico per l’alloggiamento di impianti".

Con riferimento a tale manufatto, la richiamata comunicazione di avvio asserisce che "l’intervento è suscettibile di sanatoria perché prevede un adeguamento funzionale ai fini impiantistici previsto dalla normativa", chiarendo in proposito che " per la zona territoriale 3…del PUT per l’edilizia esistente a tutto il 1955 è prevista tanto la possibilità di adeguamenti funzionali, una tantum, degli alloggi (ai fini della creazione dei servizi igienici) quanto eventuali limitatissimi interventi edilizi residenziali e terziari, ove ne sussista il fabbisogno individuato dal PRG e sempre che le analisi e la progettazione dettagliata del PRG ne dimostrino la compatibilità ambientale,… il PRG vigente individua la possibilità di adeguamento funzionale non solo ai fini igienici ma anche ai fini impiantistici".

E’ pure illegittima per le medesime ragioni (pronunzia di annullamento del titolo abilitativo pur nella affermata sanabilità del manufatto) la determinazione di ritiro con riferimento all’opera indicata al punto 3 della comunicazione di avvio del procedimento.

Questa consiste nel "Volume realizzato ampliando la sala pranzo pari a 144 mc posto a quota 00 – tipologia 1 – Istanza prot. 927 del 2821995 – Legge 724/94", specificandosi che "trattasi di una tettoia incannucciata eseguita a copertura di una terrazza a sbalzo preesistente", intervento da inquadrarsi correttamente, attesa la mancanza di tamponature, in una modifica dei prospetti e per il quale il permesso di costruire n. 11/2009 non prevede alcuna tamponatura ma la sostituzione della copertura con una soletta in calcestruzzo armato. Viene al riguardo precisato che "atteso che l’intervento in questione non comporta aumento di superfici e/o volumi o, ad ogni modo, modifica della sagoma, tale trasformazione edilizia è suscettibile di sanatoria perché non in contrasto con i vincoli imposti dal PUT".

Sulla base di quanto sopra esposto, pertanto, il provvedimento di annullamento impugnato nel presente giudizio è innanzitutto illegittimo nella parte in cui annulla il permesso di costruire in sanatoria relativamente alle opere sopra specificate (punti 1, 2 e 3 della comunicazione di avvio del procedimento prot. 3198 dell’142009), per le quali ha espresso in parte motiva una valutazione di assentibilità delle stesse.

Può a questo punto passarsi all’esame della legittimità dell’impugnato provvedimento di annullamento con riferimento alle altre opere edilizie, in relazione alle quali invece l’amministrazione esprime una valutazione di non assentibilità.

Nella relativa disamina può prendersi le mosse dall’opera indicata al punto 6 della citata comunicazione di avvio del procedimento, considerato che essa non pone rilevanti problematiche interpretative.

Trattasi, nella descrizione operata negli atti amministrativi, di "In copertura, realizzazione di soletta in calcestruzzo armato in sostituzione della tettoia in incannucciata disposta a lato strada a copertura dello spazio parcheggio".

In proposito, viene specificato che " Atteso che l’intervento in questione non comporta aumento di superfici e/o volumi o, ad ogni modo, modifica della sagoma originaria, tale trasformazione edilizia non è ascrivibile nelle opere di completamento funzionale della legge n. 47/85, ma è tuttavia suscettibile di permesso di costruire per il cui ottenimento è necessario produrre diversa ed ulteriore istanza".

Dalla motivazione resa dall’amministrazione emerge, pertanto, che l’opera è assentibile in quanto conforme alla normativa urbanistica, contestandosene unicamente la sede provvedimentale in cui la determinazione abilitativa è stata resa, non configurando la stessa, a dire dell’ente locale, un completamento funzionale ex lege n. 47/1985.

Orbene, osserva il Tribunale che la questione è risolvibile a monte, senza dover esaminare in concreto la qualificazione tecnicogiuridica dell’intervento in relazione al manufatto preesistente (questione sulla quale comunque insiste parte ricorrente, rappresentando che le peculiari caratteristiche della copertura sono state richieste dalle prescrizioni poste dalla Soprintendenza in sede di controllo).

Se, come si è sopra visto, la qualificazione formale dell’atto non è dirimente ai fini della sua qualificazione sostanziale e della individuazione dei suoi contenuti provvedimentali, trovandoci nel caso di specie di fronte ad un provvedimento abilitativo connotato da un contenuto complesso (riferito in parte ad opere già realizzate ed in parte ad altre ancora da eseguire), risulta evidente che il permesso di costruire n. 11/2009 legittimamente autorizzava tale opera, pur se in parte diversa rispetto a quella originaria, nel caso in cui la stessa nella prospettata configurazione finale si presentava comunque conforme alla normativa urbanisticoedilizia vigente all’atto del pronunciamento.

Pertanto, una eventuale diversa entità di oneri ovvero di somme da corrispondere da parte del privato, ove ne fosse stata ravvisata la necessità, ne avrebbe giustificato la relativa richiesta, ma non certamente l’annullamento del titolo abilitativo, attesa comunque la legittimità sostanziale del richiesto intervento edilizio.

Poiché nella fattispecie in esame è la stessa amministrazione che assume la conformità dello stesso alla disciplina urbanisticoedilizia di riferimento, il disposto annullamento dell’assenso originariamente rilasciato (in presenza, ripetesi, di una istanza del privato e dei requisiti sostanziali di assentibilità) si appalesa illegittimo.

Per quanto sopra, dunque, il provvedimento di annullamento gravato nella presente sede è illegittimo anche con riferimento all’opera indicata al punto 6 della citata comunicazione di avvio.

Ulteriore opera in relazione alla quale il Comune assume la non assentibilità è quella relativa al "volume bar", indicato al punto 4 della richiamata comunicazione di avvio del procedimento.

L’opera viene ivi descritta e ne vengono specificate le ragioni della non condonabilità.

Essa viene indicata come "Volume realizzato ampliando il bar della piscina pari a 205 mc posto a quota + 3.50 – Tipologia 1 – Istanza prot. 927 del 28295 – Legge n. 724/94".

In particolare, si afferma quanto segue: " Trattasi di uno spazio destinato a bar di pertinenza del solarium e della piscina disposta sulla copertura del fabbricato. La zona è sottoposta alla quota della terrazza solarium di due gradini ed è coperta con una incannucciata fissata ad una struttura in profilati di ferro.

E’ stata inoltrata istanza di condono considerando lo spazio alla stregua di un volume. Il permesso di costruire in sanatoria n. 11/2009 prevede la sostituzione della copertura con soletta in cls calpestabile raccordata con il bordo piscina a mezzo realizzazione di rampa scale composta da sole tre alzate.

L’intervento prevede di ricavare un nuovo volume (perché oggetto di sanatoria) chiudendo lo spazio con la realizzazione di vetrata disposta a filo della copertura stessa.

Pertanto, l’intervento assentito si configurerebbe come incremento volumetrico con contestuale aumento di superficie non residenziale individuata dall’estradosso della copertura.

Atteso l’amovibilità ed il carattere di precarietà della copertura ad incannucciata, ancora oggi riscontrabile, anche in questo caso, in assenza di tamponature esterne, l’abuso in questione non è da considerarsi volume. Tale trasformazione edilizia, così come prevista e progettata, non è suscettibile di sanatoria perché in contrasto con il vincolo di inedificabilità sia pubblica che privata imposto dal PUT".

A fronte delle osservazioni prodotte dal privato in sede di partecipazione procedimentale (nota depositata al Comune di Praiano il 742009, esibita in giudizio in allegato alla consulenza di parte), dirette a contestare il carattere precario dell’opera, l’ente locale nel provvedimento definitivo di annullamento assume che "in assenza di tamponature esterne, la zona destinata a bar risulta essere uno spazio semplicemente coperto con una struttura in ferro con sovrastante incannucciata.Dunque, l’intervento non è da considerarsi volume e, pertanto, non è assentibile come tale".

Dall’esame del contenuto degli atti sopra richiamati si evince che la ragione ostativa all’assentimento delle opere previste è individuabile nel contrasto con il vincolo di inedificabilità sia pubblica che privata imposto dal PUT.

In particolare, quanto al bar verrebbe realizzato un nuovo volume (e non semplicemente sanato quello preesistente), atteso che l’opera pregressa, per le sue caratteristiche strutturali (mero spazio coperto con incannucciata fissata ad una struttura con profilati in ferro) non era da considerarsi quale volume, in considerazione della sua "amovibilità e carattere di precarietà" e della "assenza di tamponature esterne".

Di poi, la copertura del bar, per il quale viene previsto (ed assentito nel titolo originario, oggetto di autotutela) la sostituzione della copertura con soletta di cls calpestabile e raccordata con il bordo piscina a mezzo scale, determinerebbe "aumento di superficie non residenziale" costituita appunto dall’"estradosso della copertura".

Ciò posto, ritiene il Tribunale che la determinazione annullatoria assunta dal Comune rispetto a tale opera sia legittima, pur con le precisazioni che di seguito si rendono.

L’affermazione di non sanabilità del "bar" a cagione del carattere precario del manufatto e della inesistenza di un volume da condonare non è condivisa dal Collegio.

Il concetto di "opera precaria" e, dunque, la sua irrilevanza in termini di trasformazione urbanisticoedilizia del territorio non si fonda sui caratteri strutturali del manufatto, onde, ai fini della sua configurabilità o inconfigurabilità, non è dirimente il riferimento alla tipologia dei materiali utilizzati.

La qualificazione di precarietà o non precarietà di un’opera risponde, invece, ad un parametro "funzionale", collegato all’utilizzo (temporaneo o meno, in relazione alle esigenze da soddisfare) del manufatto.

Tale qualificazione è normativamente tipizzata nell’articolo 3, comma 1, punto è.5, del DPR n. 380/2001 (testo unico dell’edilizia), laddove si definisce come "nuova costruzione" e, quindi, come "opera di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio" "l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee".

Dunque, è opera urbanisticamente rilevante (e, pertanto, non precaria) quella che abbia qualsiasi struttura e materiale costruttivo, purchè non sia diretta al soddisfacimento di esigenze meramente temporanee.

Di conseguenza, l’opera non precaria (in quanto, a prescindere dalle modalità costruttive, risulta diretta al soddisfacimento di esigenze stabili e durature) costituisce una costruzione urbanisticamente rilevante e, pertanto, nella sussistenza dei requisiti di legge, è certamente condonabile.

Tali caratteri sono, a giudizio del Tribunale, riscontrabili nel "bar" del quale si controverte.

La circostanza che la copertura sia ad incannucciata (ma comunque poggiata su di una struttura in ferro che dalla documentazione fotografica allegata nella consulenza di parte risulta ancorata al suolo) non è dirimente ai fini della qualificazione del manufatto.

Il carattere non precario, poi, nei termini funzionali giuridicamente rilevanti, emerge dalla circostanza che ne è stato chiesto il condono nel 1995 (dunque, all’epoca esisteva) e che essa è tuttora in loco, nonché dalla sua ubicazione, ad oggettivo servizio del solarium esistente e della piscina, elementi questi che denotano tutti come il suddetto "bar" risponda ad esigenze non meramente temporanee.

Assunto il carattere non precario del manufatto, ritiene il Tribunale che lo stesso sia pure idoneo a configurare un volume già esistente.

Come si evince dalla documentazione fotografica depositata in allegato alla consulenza di parte ricorrente (foto nn. 12 e 13), risulta esservi un volume ben definito, atteso che in altezza esso è delimitato dalla copertura (anche se ad incannucciata), mentre per tre lati è definito dalle pareti dei manufatti in muratura che lo circondano.

Lo spazio "bar", invero, viene esattamente ad "incastonarsi" in una "rientranza" delle fabbriche circostanti, che consentono di delinearne la volumetria impegnata anche con riferimento all’unico lato aperto, laddove il limite è individuato dal limite della copertura in uno a quello dei manufatti in muratura che ne sono ai lati.

Non è, pertanto, condivisibile il motivo di non assentibilità fondato sulla circostanza della precarietà dell’opera e della non individuabilità di un volume preesistente.

Le ragioni della non assentibilità vanno, invece, correttamente rinvenute nella circostanza, pure desumibile dall’atto impugnato, che, attraverso il permesso oggetto di annullamento viene sanata, o meglio assentita un’opera diversa (e, quindi, nuova) rispetto a quella preesistente.

Il manufatto originariamente realizzato è un volume, destinato a bar, aperto su di un lato e con una copertura ad incannucciata, caratteristiche che, pur nella sussistenza di una destinazione a bar, ne consentono un utilizzo limitato e peculiare (ad esempio, subordinato alle condizioni atmosferiche presenti).

L’opera assentita è, invece, diversa, in quanto caratterizzata da una copertura con soletta in cls e dalla chiusura del lato aperto, elementi che ne connotano una diversità strutturale e funzionale rispetto al manufatto esistente.

In tali termini di opera nuova e diversa, essa non è assentibile, attesi i contenuti della norma urbanistica di riferimento (art. 32 del PRG adeguato al PUT), che non prevede nuovi interventi di costruzione.

Di poi, va osservato che viene previsto, altresì, l’utilizzo della copertura in cls del "bar" quale superficie calpestabile a servizio della piscina (tanto emergendo dalla descrizione dell’opera assentita nei citati atti istruttori che parlano di "soletta…calpestabile raccordata con il bordo piscina a mezzo realizzazione di rampa di scale composta da tre sole alzate").

Ciò determinerebbe un incremento di superficie rispetto alla situazione preesistente, che l’articolo 32 del PRG adeguato al PUT (norma di riferimento per la zona urbanistica in cui insiste l’immobile) non consente.

Va, invero, evidenziato:

– che la precedente superficie (copertura ad incannucciata sorretta da telaio in ferro) non era calpestabile ed aveva funzione di mera copertura;

– la calpestabilità della autorizzata soletta in cls e, dunque, l’assentimento in termini di spazio praticabile determinerebbe, rispetto alla situazione preesistente, nuova superficie;

non è possibile in proposito parlare di un uso compatibile con la preesistente natura di copertura, atteso che di tale "uso compatibile" può parlarsi solo ove il medesimo fosse possibile (pur se non praticato) nella originaria configurazione dell’opera;

la originaria configurazione della copertura non consentiva, in relazione agli elementi compositivi, tale utilizzo;

di conseguenza, lo sfruttamento del realizzando solaio in cls per finalità diverse dalla mera copertura, oltre che connotare un manufatto diverso rispetto al preesistente, costituisce creazione di nuova superficie;

– non è in contrario comunque utile il riferimento alla possibilità, prevista dal citato art. 32 del PRG, della variazione di destinazione d’uso, per l’assorbente considerazione che la richiamata norma la consente solo dopo la redazione dei Piani di Recupero, circostanza quest’ultima della quale non è stata fornita alcuna prova in giudizio.

Le sopra esposte considerazioni evidenziano, dunque, la legittimità del disposto annullamento con riferimento all’opera indicata al punto 4 della comunicazione di avvio del procedimento.

Le medesime argomentazioni, svolte in relazione all’incremento di superficie che deriva dall’assentimento di una copertura in cls praticabile, valgono, poi, a ritenere la legittimità del disposto annullamento anche con riferimento all’opera di cui al punto 5 della citata comunicazione di avvio del procedimento, cioè al manufatto descritto come "Superficie non residenziale da adibire a solarium a copertura parziale della sala banchetti pari a 115,50 mq. posta a quota + 3,80 rispetto al livello stradale- Tipologia 1- Istanza prot. 927 del 2821995 – Legge 724/94".

In proposito, peraltro, è necessario svolgere una doverosa precisazione, atteso che, come chiarito dall’atto medesimo, tale spazio configura "la copertura del volume individuato al punto 1".

E’ stata più sopra rilevata l’illegittimità dell’annullamento con riferimento all’opera di cui al punto 1 (ampliamento della sala ristorante su di una terrazza a livello), in relazione alla quale l’assenso disposto con l’originario permesso di costruire n. 11/2009 autorizza anche la sostituzione della copertura realizzata in lamiera grecata con un solaio equipollente con soprastante getto di calcestruzzo armato.

L’annullamento in questa sede disposto dell’atto di ritiro, relativamente a tale opera, rende efficace ed operante l’originario permesso di costruire anche con riferimento alla autorizzata copertura.

Il "solaio equipollente con soprastante getto di calcestruzzo armato" resta, dunque, autorizzato per effetto della reviviscenza in tale parte del permesso di costruire n. 11/2009, ma in funzione di mera copertura della sala ristorante.

D’altra parte – a differenza di quanto accade per il locale bar dove la sostituzione della incannucciata con un solaio in cls determina, per le ragioni sopra esposte, la realizzazione, non consentita, di un’opera diversa rispetto a quella preesistente – tanto non si verifica per l’ampliamento della sala ristorante (opera indicata al n. 1), atteso che la realizzazione di un solaio in luogo della esistente copertura in lamiera grecata (in considerazione dei caratteri di utilizzabilità di quest’ultima) non altera in maniera significativa le caratteristiche e la funzionalità del manufatto originario (e, pertanto, non origina un’opera nuova e diversa).

Ciò che, invece, non è consentito, ed in relazione a ciò il Collegio ritiene, per le ragioni sopra esposte, la legittimità dell’annullamento disposto dal Comune di Praiano, è la realizzazione su di esso di un ampliamento del solarium esistente, ovvero il suo utilizzo quale superficie da destinare a solarium.

Valgono al riguardo le argomentazioni espresse a proposito della copertura del "bar", rinvenendosi anche nella presente fattispecie una configurazione originaria della copertura (lamiera grecata) che ne impediva oggettivamente la fruizione in termini di utilizzo della parte soprastante, con conseguente non consentito incremento della superficie.

Quanto alle parti del provvedimento di annullamento, sopra individuate, delle quali il Collegio ritiene la legittimità sostanziale (per la sussistenza dei vizi di legittimità dell’originario permesso di costruire rilevati in sede di autotutela), è necessario a questo punto indagare, in ciò proseguendosi nella disamina del ricorso introduttivo, se disposto annullamento resista anche alle ulteriori censure prospettate nell’atto introduttivo del giudizio.

Esse, a giudizio del Tribunale, non risultano condivisibili.

Non emerge in primo luogo violazione rilevante della regola del "contrarius actus", atteso che:

non era indispensabile la previa acquisizione del parere CECI, risultando l’annullamento essere stato disposto non in relazione ad una rinnovata valutazione tecnicodiscrezionale di compatibilità paesaggistica (di competenza di tale organo), bensì per la violazione della normativa urbanistica, tale natura rivestendo le prescrizioni del PRG e dello stesso PUT, il quale è un piano urbanistico (territoriale di coordinamento), sia pure con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali (art. 3 l.reg. n. 35/1987);

neppure era necessario, per le stesse ragioni, il previo ritiro delle autorizzazioni paesaggistiche, ulteriormente precisandosi che queste costituiscono atti conclusivi di un distinto procedimento, il cui esito favorevole è presupposto necessario per il rilascio del titolo edificatorio, ma che è ontologicamente distinto rispetto a quello, di carattere urbanisticoedilizio, che conduce alla emanazione del permesso di costruire, oggetto della impugnata determinazione di ritiro.

Di poi, il provvedimento di autotutela gravato opera, con riferimento agli ambiti dell’annullamento di cui il Tribunale ritiene la legittimità sostanziale, una sufficiente esternazione dell’interesse pubblico attuale e concreto (individuato nel "corretto ed equilibrato uso del territorio, soprattutto in aree sottoposte a vincolo paesaggisticoambientale quale è il territorio del Comune di Praiano), ove si considerino la peculiare rilevanza nel nostro ordinamento di tale valore, la circostanza che trattasi di opere a farsi e che l’atto di autotutela è intervenuto a breve distanza temporale (aprile 2009) rispetto alla data di adozione del titolo abilitativo originario (adottato nel febbraio 2009).

Sulla base delle considerazioni tutte sopra svolte, dunque, il provvedimento prot. n. 3718 del 1742009 deve essere annullato nella parte in cui dispone l’annullamento del permesso di costruire n. 11/2009 relativamente alle opere indicate nella comunicazione di avvio del procedimento prot. 3198 dell’142009 ai punti 1, 2, 3 e 6.

Il richiamato provvedimento di autotutela è, di poi, legittimo (e per tale parte il ricorso deve essere respinto) nella parte in cui esso colpisce l’abilitazione alle opere di cui ai punti 4 (bar) e 5 (superficie non residenziale da adibire a solarium) della richiamata comunicazione di avvio, con le precisazioni sopra svolte in ordine alla mera copertura della sala ristorante con il "solaio equipollente con soprastante getto di calcestruzzo armato".

Può a questo punto passarsi all’esame della legittimità dell’ingiunzione di demolizione n. 54 del 7 maggio 2009.

Tale disamina è resa agevole dalla pronunzia espressa dal Tribunale,nei sensi sopra precisati, sul provvedimento di autotutela.

Relativamente al volume bar, il Tribunale ha riconosciuto la legittimità della determinazione annullatoria della p.a. sull’esclusivo rilievo dell’assentimento di un’opera diversa rispetto a quella originariamente realizzata.

Orbene, giacchè emerge dalla documentazione fotografica prodotta da parte ricorrente che il manufatto, nella sua nuova consistenza, non è ancora stato realizzato e che, dunque, è in loco l’opera originaria, aperta su di un lato e coperta ad incannucciata (la quale, come si è sopra detto, non è in sé opera precaria) l’ingiunzione di demolizione della stessa (non potendosi, tra l’altro, l’ordine demolitorio riferire a lavori non ancora eseguiti) deve essere preceduta da una previa pronunzia sulla condonabilità del manufatto nella sua originaria configurazione.

Essendo nella specie mancata tale rinnovata pronunzia, la disposta demolizione del volume bar è illegittima.

Quanto alla disposta demolizione della "superficie non residenziale da adibire a solarium, le argomentazioni e le conclusioni svolte dal Tribunale in ordine al provvedimento di autotutela inducono a mantenere in vita il disposto ordine di ripristino, escludendo, peraltro, che dallo stesso derivi la rimozione del solaio di copertura della sottostante sala ristorante, specificandosi che la riduzione in pristino deve avvenire unicamente attraverso l’eliminazione degli elementi che di tale copertura consentano la praticabilità nella parte superiore e l’utilizzo quale solarium o altra destinazione diversa dalla mera copertura.

Va, da ultimo, dichiarata l’inammissibilità della domanda di condanna al risarcimento del danno prodotta, nei confronti del Comune e del ricorrente, da parte della società controintreressata.

La stessa, invero, è stata presentata nella memoria di costituzione depositata il 1062009 e senza notificazione di essa ai destinatari della richiesta risarcitoria.

La peculiarità della controversia e l’esito del giudizio costituiscono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto:

annulla il provvedimento prot. 3718 del 1742009 limitatamente al disposto ritiro del permesso di costruire n. 11/2009 con riferimento alle opere descritte ai punti 1, 2, 3 e 6 della comunicazione prot. 3198 dell’142009;

annulla l’ordinanza di demolizione n. 54 del 752009 limitatamente all’ingiunta demolizione dell’ampliamento del bar della piscina, nei sensi e per le ragioni in motivazione specificati.

Dichiara inammissibile la domanda risarcitoria proposta dalla controinteressata.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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