Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 01-06-2011, n. 22233 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Trieste propone ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa il 6 luglio 2010 dal G.U.P. del Tribunale di Pordenone con la quale è stata applicata ad O.O., su richiesta delle parti ex art. 444 cod. proc. pen., la pena di Euro 2.870,00 di ammenda, di cui Euro 1.520,00 sostitutivi della pena detentiva di mesi uno e giorni dieci di arresto, per il reato di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2, lett. c), e la pena di Euro 2.000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 116 C.d.S., comma 13, previo riconoscimento delle attenuanti generiche valutate prevalenti sull’aggravante contestata per il primo reato. Il Procuratore Generale ricorrente lamenta violazione di legge per il riconoscimento delle attenuanti generiche motivato solo con lo stato di incensuratezza dell’imputato e con le caratteristiche dell’incidente che, invece, avrebbero dovuto indurre ad un inasprimento della pena.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.

Questa Corte ha costantemente affermato che in tema di patteggiamento il pubblico ministero che abbia prestato il proprio consenso all’applicazione della pena non può poi dolersi, con impugnazione, della successiva ratifica dei fatti da parte del giudice nemmeno sotto il profilo del difetto di motivazione, avendo implicitamente esonerato il giudice dall’obbligo di rendere conto dei punti non controversi della decisione. Ha precisato la Corte che tale principio non può subire deroghe neppure per l’effetto dell’autonomia degli uffici del P.M. nel proporre impugnazione ai sensi dell’art. 570 cod. proc. pen. – quali che siano state le conclusioni del rappresentante del pubblico ministero, in quanto nel rito speciale disciplinato dagli artt. 444 e segg. cod. proc. pen., celebrato esclusivamente sulla base della richiesta di una delle parti e del consenso dell’altra, non vi è l’assunzione di conclusioni, mancando del tutto la fase della discussione finale, nel cui ambito queste vanno formulate. (Cass. 23 novembre 1999 n. 4195; Cass. 16 febbraio 1999 n. 641). Da ciò deriva che, una volta prestato il consenso al "patteggiamento", e "ratificato" questo nell’accordo posto a contenuto della sentenza adottata ex art. 444 cod. proc. pen., si deve ritenere consumato il potere di azione (o di "prosecuzione" dell’azione penale), con la conseguenza che il P.M., anche superiore gerarchicamente rispetto a quello che ha prestato il consenso, pur se astrattamente legittimato a proporre impugnazione dalla norma di cui all’art. 570 cod. proc. pen., tale legittimazione non ha più in concreto, per effetto della già avvenuta consunzione dell’azione penale, anche se ad impugnare sia la Procura Generale (Cass. 17 gennaio 1997/205835). Infine deve notarsi che i limiti all’impugnabilità della sentenza pronunciata à sensi dell’art. 444 c.p.p., sono stati così definiti da questa Corte: "In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, se il giudice ha adeguatamente motivato in ordine alla insussistenza di ipotesi di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., è inammissibile, in sede di legittimità, ogni impugnazione contenente eccezioni o censure relative al merito delle valutazioni sottese al consenso prestato. Invero, tutte le statuizioni non illegittime, concordate tra le parti e recepite in sentenza, in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse parti rimesse in discussione con il ricorso per Cassazione. E’ dunque infondata l’impugnazione, come quella in questione, tendente a rimettere in discussione l’accordo che il P.M. di udienza, a ciò legittimato in modo definitivo, ebbe a consentire, con l’effetto dell’avvenuta consunzione dell’azione penale.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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