T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 4894

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con il ricorso introduttivo del presente giudizio il ricorrente ha impugnato gli atti con cui si è conclusa la procedura selettiva indetta dall’Agenzia delle Dogane per la copertura di 60 posti nel profilo professionale di funzionario tributario, area funzionale C, posizione economica C2, gravando in particolare le determinazioni con cui la graduatoria è stata approvata in via definitiva, quelle con le quali sono state elencate le sedi di assegnazione dei vincitori nonché gli atti con cui l’Agenzia ha ammesso allo stage teoricopratico anche concorrenti collocatisi oltre l’80° posto della graduatoria di merito provvisoria formulata sulla base dei punteggi attribuiti all’esito della seconda prova concorsuale, oltre l’art. 13 comma 1 del bando di concorso ed i verbali della commissione.

Con successivo atto di motivi aggiunti il ricorrete ha impugnato l’autorizzazione alla stipula dei contratti di lavoro, le istruzioni per le assegnazioni delle sedi e le note della Direzione Interregionale per il Piemonte e la Valle d’Aosta relative all’assegnazione del ricorrente presso l’Ufficio delle Dogane di Alessandria.

Deduce al riguardo violazione del D.P.R. n. 487 del 1994 e violazione dell’art. 9 del bando di concorso nonché eccesso di potere sotto più profili.

Si sono costituiti in giudizio l’intimata Amministrazione ed i controinteressati De Martino e Tuttolomondo i quali preliminarmente eccepiscono la inammissibilità del proposto ricorso, comunque affermandone la infondatezza nel merito.

Alla pubblica udienza del 13 aprile 2011 il ricorso viene ritenuto per la decisione

Il ricorso è fondato in parte, ai sensi e nei limiti di seguito meglio esplicitati.

Devesi preliminarmente rilevare che l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa tempestiva impugnativa della clausola di bando di cui il ricorrente deduce l’illegittimità e chiede l’annullamento, eccezione sollevata dalle parti resistenti, è infondata, atteso che l’onere di immediata impugnazione della clausola di bando di concorso sussiste solo se l’interessato intenda contestare la decisione dell’amministrazione di avviare la procedura concorsuale oppure ritenga di censurare clausole che impediscano la stessa partecipazione al concorso, potendo per il resto il concorrente attendere di verificare, come nella specie, la lesività della stessa all’esito della procedura (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 04 marzo 2011, n. 1398). In altri termini, come questa Sezione ha già rilevato, l’onere dell’immediata impugnazione degli atti generali contenenti le prescrizioni disciplinanti una procedura selettiva (gara o concorso pubblico) si manifesta esclusivamente quando le prescrizioni della lex specialis che si ritengono illegittime e che pregiudicano la posizione del concorrente (o dell’aspirante tale, per meglio dire) impediscano di fatto la sua partecipazione tanto che, se l’interessato presentasse la relativa domanda, il soggetto procedente non potrebbe che escluderlo dalla selezione. L’onere di immediata impugnazione delle norme disciplinanti la partecipazione ad una procedura selettiva deve, quindi, essere assolto con riguardo a quelle sole disposizioni concernenti i requisiti soggettivi di partecipazione e a quelle che integrano un’immediata preclusione alla partecipazione, ossia a quelle clausole che ledano immediatamente e direttamente l’interesse sostanziale del soggetto che ha chiesto di partecipare alla procedura concorsuale. Ogni diversa questione inerente all’applicazione delle norme regolamentari generali, così come l’impugnazione di norme del bando che, pur potendo considerarsi immediatamente lesive non siano peraltro univocamente chiare e vincolanti, può e deve essere proposta unitamente agli atti che di esse fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento e a rendere attuale e concreta la lesione della sua situazione soggettiva. Da ciò deriva che non sussiste attualità dell’interesse a ricorrere allorché si controverta in ordine a disposizioni di un bando di concorso non immediatamente lesive, quali la valutazione dei titoli e l’attribuzione di punteggi (cfr. T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 4 marzo 2011, n. 2018). La clausola di bando di cui è questione stabilisce che la "commissione forma la graduatoria di merito secondo la votazione conseguita nella prova finale". E’ evidente che essa non, in sé considerata, non investe i requisiti soggettivi di partecipazione né integra una immediata preclusione alla partecipazione medesima, potendo risultare lesiva – per ciascun concorrente – al momento della sua concreta applicazione da parte dell’amministrazione procedente.

Va dunque esaminato il primo motivo di ricorso che appunto investe la detta prescrizione di bando, prescrizione denunciata per violazione degli artt. 7, terzo comma e 15, secondo comma del D.P.R. n. 487 del 1994, recante "norme sull’accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni e le modalità di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle altre forme di assunzione nei pubblici impieghi". Il punto, in altri termini, è verificare se legittimamente l’Agenzia delle Dogane poteva delineare una procedura di concorso pubblico con tratti di specialità, quanto alle regole prescritte, rispetto al modello generale delineato dal D.P.R. n. 487 del 1994, di sui si assume appunto la intervenuta violazione. Dispone, infatti, il terzo comma dell’art. 7 del citato D.P.R. che "Il punteggio finale è dato dalla somma della media dei voti conseguiti nelle prove scritte o pratiche o teoricopratiche e della votazione conseguita nel colloquio" e così il secondo comma dell’art. 15 che "La graduatoria di merito dei candidati è formata secondo l’ordine dei punti della votazione complessiva riportata da ciascun candidato…" laddove la impugnata prescrizione di bando fa discendere la redazione della graduatoria di merito dalla sola prova finale. In particolare, il bando di cui è questione prevede, quali prove selettive, una prova tecnicoprofessionale, una prova attitudinale ed uno stage teoricopratico integrato da una prova finale orale e la sola votazione conseguita in detta prova finale determina, come si è detto, l’ordine di graduatoria. La clausola di bando, di cui al ricordato secondo comma dell’art. 13, è dunque illegittima per violazione della regola generale recata dall’art. 7 del D.P.R. n. 487 del 1994, quest’ultimo peraltro espressamente richiamato nelle premesse del bando di concorso in questione. Ma, in disparte questo dato estrinseco, il Collegio ritiene che i concorsi delle Agenzie fiscali rientrano nell’ambito di applicazione del richiamato D.P.R. n. 487. Recentemente il Consiglio di Stato (cfr, sentenza V Sezione, 11 maggio 2009 n. 2879) ha affermato la diretta applicazione del D.P.R. in questione ai concorsi statali, secondo quanto espressamente statuito dal giudice delle leggi ".. il regolamento ivi previsto… non può non attenere al solo impiego statale, stante l’esplicito divieto, espresso nell’art. 17, 2° comma, lett. b), l. n. 400 del 1988, di interventi regolamentari del governo in materia riservate alla competenza regionale " (cfr. Corte cost. 30 luglio 1993, n. 359). Si noti che, successivamente, tali principi di salvaguardia dell’autonomia organizzatoria degli enti locali sono stati espressamente positivizzati (si veda l’art. 18 bis del d.P.R. n. 487 del 1994 cit. introdotto dall’art. 13, d.P.R. n. 693 del 1996, appunto recante norme di indirizzo per gli enti locali). E nella nozione di concorsi statali, ai fini di che trattasi, sono certamente da ricomprendere i concorsi di enti e soggetti, quale l’amministrazione resistente, di dimensione nazionale, invero già articolazione di una amministrazione statale in senso proprio.

In ragione di quanto considerato, va accolto il primo motivo di ricorso, appunto relativo alla dedotta illegittimità della regola posta a presidio della redazione della graduatoria di merito. In altri termini, la graduatoria di merito dovrà essere redatta in applicazione delle richiamate disposizioni del D.P.R. n. 487 del 1994. In applicazione delle regole di contro disattese, il ricorrente conseguirebbe una più utile posizione in graduatoria, rilevante ai fini del suo interesse all’assegnazione di una diversa sede di servizio.

Del pari illegittimo deve ritenersi l’operato della resistente Amministrazione, sempre nel limite dell’interesse di parte ricorrente a conseguire in graduatoria una posizione che gli consenta l’assegnazione alla sede di servizio dallo stesso preferenzialmente indicata in sede di partecipazione al concorso, quanto alla scelta di ammettere allo stage teorico pratico (con prova finale, quella decisiva per la redazione della graduatoria di merito) anche concorrenti che, nella seconda prova, non avevano conseguito punteggi sufficienti a garantire almeno l’80° posto, l’ultimo utile per l’accesso alla prova successiva, della graduatoria formata all’esito della cd. prova attitudinale. Dispone infatti sul punto il bando, all’art. 9, la cui violazione è puntualmente dedotta dall’odierno ricorrente, che la prova attitudinale si intende superata " se il candidato riporta una votazione non inferiore a 21/30. I candidati che hanno riportato almeno la predetta votazione rientrano in graduatoria nel limite massimo di 80". Orbene, la disposizione pone sia un tetto massimo di soggetti da ammettere allo stage (in numero di 80), ma anche la regola per cui si entra nel novero degli ammessi solo se si è riportato una votazione non inferiore a 21/30. In pratica l’amministrazione, essendo presenti all’avvio dello stage soltanto 48 degli 80 candidati inizialmente convocati, ha provveduto a convocare i restanti 24 candidati che avevano superato la prova attitudinale, ma non con ogni evidenza con il punteggio minimo prescritto dall’art. 9. L’alterazione alla procedura di gara deriva dall’eventuale più utile collocazione in graduatoria di candidato ammesso successivamente allo stage e che in ragione del voto conseguito alla prova finale si trova a sopravanzare in graduatoria il ricorrente.

Per le esposte ragioni gli atti avversati con il ricorso introduttivo del giudizio sono illegittimi e vanno conseguentemente annullati, salva restando la successiva attività provvedimentale della resistente amministrazione.

Devesi, di contro, rilevare la inammissibilità per difetto di giurisdizione, per come fondatamente rilevato dalle parti resistenti, dell’atto di motivi aggiunti con cui l’odierno ricorrente impugna gli atti successivi alla approvazione definitiva della graduatoria, sostanzialmente gli atti di assegnazione dei vincitori del concorso alle rispettive sedi di servizio. Nell’ambito dei concorsi pubblici, infatti, gli atti successivi alla approvazione della graduatoria rientrano nella giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria competente per le controversie relative ai contratti stipulati tra privati e pubbliche amministrazioni (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 12 maggio 2010, n. 1466, con specifico riferimento ad atto di assegnazione di sede, ma anche questa Sezione, 5 gennaio 2009 n. 21.).

In definitiva, va accolto il ricorso introduttivo del giudizio ed annullati gli atti con lo stesso impugnati e va dichiarato inammissibile l’atto di motivi aggiunti.

Sussistono giuste ragioni per compensare integralmente fra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso introduttivo del giudizio e, per l’effetto, annulla gli atti con lo stesso impugnati e dichiara inammissibile l’atto di motivi aggiunti.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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