T.A.R. Lazio Roma Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 4893

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

le;
Svolgimento del processo

Il ricorrente è proprietario di un terreno in Via Tempio di Diana n.2, nel Comune di Nemi, in zona limitrofa all’omonimo lago, terreno che scende con notevole pendenza verso il lago, come tutti quelli che lo circondano.

Negli anni 2005 e 2006 il ricorrente rilevava che nel terreno confinante a monte con il suo, di proprietà dei controinteressati (Sig.ri Moscardi) venivano effettuati lavori di sbancamento e di disboscamento finalizzati alla creazione di una via d’accesso per mezzi pesanti per la realizzazione di opere edili.

Poiché per effetto di tali lavori si verificavano alcune frane, il ricorrente invitava più volte le Autorità competenti alla tutela del territorio (Comune di Nemi, Ente Parco Regionale dei Castelli Romani, Corpo Forestale, Provincia di Roma e finanche il Comando dei Carabinieri di Nemi) ad intervenire esercitando i loro poteri inibitori e di controllo nei confronti del ricorrente.

Le Amministrazioni restavano inerti.

Il 15 dicembre 2008 una frana di considerevoli dimensioni invadeva il terreno del ricorrente, partendo proprio dal terreno confinante a monte, di proprietà dei controinteressati.

A seguito della frana intervenivano i Vigili del Fuoco i quali adottavano le misure urgenti atte ad assicurare la sicurezza dei luoghi, chiudevano al traffico la sottostante strada provinciale e chiedevano al Comune di Nemi di adottare gli ulteriori provvedimenti di competenza al fine di prevenire ed evitare ulteriori frane.

Il 17.12.2008 l’Ufficio Tecnico del Comune di Nemi redigeva un "verbale di somma urgenza" ex artt.146 e 147 del DPR 21.12.1999 n.554, nel quale veniva evidenziato lo stato di pericolo per la pubblica e privata incolumità e la necessità di avviare lavori volti alla rimozione delle cause di pericolo ed al ripristino della viabilità.

Il 30.12.2008 il ricorrente intimava ulteriormente le Amministrazioni competenti ad esercitare i propri poteri di vigilanza e controllo, al fine di intimare ai controinteressati di rimettere in pristino le aree, diffidandoli dal continuare a realizzare lavori ed opere abusivi e pericolosi.

Infine l’interessato si vedeva costretto a proporre ricorso a questo TAR (RG 2186/2009) avverso l’inerzia ed il silenzio tenuti dal Comune di Nemi.

Con sentenza n.6260 del 27.5.2009 il TAR del Lazio, in accoglimento del ricorso, dichiarava l’obbligo del Comune di provvedere sulle richieste del ricorrente.

Ma il Comune proponeva appello; ed in pendenza del relativo giudizio, con ordinanza n.3 dell’11.12.2009 ingiungeva al contro interessato (Sig. F.M.), in qualità di esecutore dei lavori abusivi e di comproprietario dell’area, di abbattere le opere abusive e di rimettere in pristino stato ed in sicurezza i luoghi (neutralizzando gli effetti dannosi delle opere di sbancamento e di movimentazione del terreno).

Conseguentemente, con sentenza n.2095 del 2010, il Consiglio di Stato, Sez.IV^, preso atto dell’intervento provvedimentale del Comune (con conseguente "rottura" del suo stato di inerzia), dichiarava improcedibile l’appello per cessata materia del contendere.

Cionondimeno, ritenendo che il Comune non abbia correttamente ottemperato agli obblighi nascenti dalla sentenza n.6260 del 27.5.2009 il TAR del Lazio, ed a quelli ulteriormente derivanti – secondo la sua tesi difensiva – dalla sentenza n.2095 del 2010 della IV^ Sezione del Consiglio di Stato), ha proposto ricorso per l’esecuzione del giudicato.

Con il ricorso in esame chiede, pertanto, che questo TAR:

ordini all’Amministrazione, con rito camerale, di procedere all’esecuzione in via d’urgenza di tutti gli interventi volti alla messa in sicurezza dell’area in questione, in attuazione della sentenza n.6260/2009 (come confermata dal Consiglio di Stato);

accerti e dichiari che gli eventi franosi ed in particolare quello verificatosi il 15.12.2008 sono da ricondurre alla mancata adozione dei provvedimenti richiesti al Comune di Nemi;

e condanni il predetto Comune al risarcimento di tutti i danni derivanti dal suo comportamento inerte ed elusivo del giudicato.

Ritualmente costituitosi, il Comune ha eccepito l’inammissibilità e comunque l’infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto con vittoria di spese.

Si sono costituiti anche il Sig. F.M., controinteressato, nonché la Provincia di Roma, i quali hanno eccepito l’inammissibiltà e, in subordine, l’infondatezza del ricorso.

All’udienza del 13.4.2011, uditi i Difensori delle parti, la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è inammissibile.

1.1. La vicenda processuale volta ad ottenere l’esecuzione della sentenza n.6260 del 27.5.2009 del TAR del Lazio si è conclusa con il pronunciamento del Consiglio di Stato (Sez.IV^), che con la sentenza n.2095 del 2010, ha dichiarato l’improcedibiltà dell’appello affermando che il Comune di Nemi ha provveduto sulle istanze del ricorrente; e che per effetto di tale condotta l’interesse azionato da quest’ultimo (volto a far cessare l’inerzia amministrativa) ha trovato integrale soddisfazione.

Nella sentenza in esame il Consiglio di Stato conclude affermando altresì che, seppur in corso di giudizio, "il Comune risulta aver adempiuto integralmente a quanto ad esso spettante", con il che la materia del contendere è cessata.

A fronte di tali affermazioni del Supremo Organo della giustizia amministrativa, appare preclusa al Collegio – siccome tendenzialmente idonea a produrre un "bis in idem" (se non anche un eventuale contrasto di giudicati) – ogni ulteriore indagine volta ad accertare se il Comune abbia ottemperato al suo obbligo di provvedere (sull’istanza del ricorrente).

E così pure se abbia esattamente ottemperato alla sentenza che aveva definitivamente accertato e sancito la sussistenza di tale obbligo a carico dell’Amministrazione.

1.2. Quanto al contenuto (ed al merito) delle determinazioni provvedimentali assunte dall’Amministrazione, è evidente che il loro controllo non può costituire oggetto di un giudizio – quello già in itinere – che è volto esclusivamente a verificare se, in conformità ed in attuazione della sentenza n.6260 del 26.6.2009 del TAR Lazio – l’inerzia e/o il silenzio amministrativo siano stati interrotti.

Il che peraltro, e come già osservato, è avvenuto.

1.3. Non appare condivisibile, infine, la tesi avanzata dalla Difesa del ricorrente, secondo cui la piena ed integrale attuazione della sentenza comporterebbe anche l’adozione di tutti gli atti e provvedimenti idonei a perseguire la repressione degli abusi edilizi (asseritamente) perpetrati (e perpetrandi) dai controinteressati (Sig.ri Moscardi), l’applicazione a loro carico delle sanzioni (anche ripristinatorie) previste dall’Ordinamento, nonché la loro condanna al risarcimento dei danni (asseritamente) prodotti ed alla rimessa in pristino stato del territorio.

Ed invero, il fatto che la sentenza 2095 del 2010 del Consiglio di Stato (IV^ Sez.) non abbia escluso – come testualmente sostenuto dalla ricorrente (a pag. 18, 2° capoverso) – che il Comune di Nemi sia ancora obbligato ad adempiere agli ulteriori provvedimenti necessari per mettere in sicurezza l’area, non significa:

che il Giudice d’Appello abbia inteso giudicare nel merito – il che sarebbe stato comunque impossibile con una c.d. sentenza in rito – in ordine alla condotta tenuta dai controinteressati, né, a fortiori, che abbia definitivamente accertato – non ne avrebbe avuto il potere, in sede di giudizio di appello su un ricorso avverso il silenzio – quali e quanti abusi edilizi essi abbiano commesso e quali debbano essere le sanzioni applicabili;

né che il Giudice Amministrativo possa, seppur in sede di verifica della corretta esecuzione del giudicato, sostituirsi all’Amministrazione al fine di assumere determinazioni e scelte tecniche – non necessariamente, specificamente ed immediatamente (id est: direttamente) conseguenti o connesse al giudicato – che rientrano nelle attribuzioni ad essa riservate (rectius: nella c.d. sfera di potere ad essa riservata); o, addirittura, farsi carico – infrangendo le regole del riparto fra giurisdizioni – della definizione di una controversia che, a ben guardare, appare (e sempre più assume la connotazione di) una lite fra privati (proprietari di terreni confinanti).

2. In considerazione delle superiori osservazioni, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Si ravvisano giuste ragioni per compensare le spese fra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. II^, dichiara il ricorso inammissibile.

Compensa le spese fra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *