Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 06-04-2011) 01-06-2011, n. 22055 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

into per prescrizione.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 2.3.2010 la Corte di appello di Catania confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa in data 5.4.2007 con la quale C.P. era stato condannato alla pena di mesi tre di arresto ed Euro 4.000,00 di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 22, comma 12 perchè, in qualità di legale rappresentante della cooperativa agricola Punta Secca, aveva occupato alle sue dipendenze il cittadino extracomunitario S.N., sprovvisto di permesso di soggiorno; reato accertato in data (OMISSIS). La Corte d’appello riteneva infondato il motivo dedotto dall’appellante, il quale aveva sostenuto la non punibilità del reato, in applicazione dell’art. 2 c.p., in quanto lo S. era cittadino romeno e la Romania aveva aderito dal 1 gennaio 2007 all’Unione Europea.

Respingeva anche la richiesta di applicazione dell’indulto, in sostituzione della concessa sospensione condizionale della pena, in quanto quest’ultimo beneficio era più favorevole e, comunque, l’imputato avrebbe potuto godere dell’indulto in caso di revoca della sospensione condizionale della pena.

Avverso la sentenza della Corte di appello ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi:

– immotivatamente e illogicamente il primo giudice aveva ritenuto più favorevole la sospensione condizionale della pena, senza tener conto della revocabilità di questo beneficio;

– l’imputato era stato condannato al pagamento delle spese processuali, nonostante l’impugnazione fosse giustificata dall’oscillante orientamento giurisprudenziale sulla questione dedotta con i motivi d’appello;

– il reato doveva essere dichiarato prescritto, essendo stato commesso prima della nuova normativa sulla prescrizione.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Dalla sentenza di primo grado si evince che era stata la difesa, nelle sue conclusioni, a chiedere – subordinatamente alla mancata assoluzione – la sospensione condizionale, beneficio che gli è stato concesso dal primo giudice. Con i motivi d’appello, in via subordinata, la difesa ha avanzato richiesta dell’indulto di cui alla L. n. 241 del 2006, che correttamente il giudice dell’appello ha respinto, in quanto l’indulto non può essere applicato contestualmente alla sospensione condizionale della pena, prevalendo quest’ultimo beneficio, che estingue il reato alle condizioni previste, sull’indulto che estingue solo la pena (V. Sez. U. sent. n. 36837 del 15.7.2010, Rv. 247940).

Il giudice dell’appello, in caso di conferma della sentenza di primo grado, deve condannare sempre l’appellante al pagamento delle spese processuali, in quanto non esiste alcuna norma che consenta di omettere questa condanna nel caso in cui l’impugnazione fosse giustificata da oscillazioni giurisprudenziali sulla questione dedotta.

Pertanto il ricorso, in quanto manifestamente infondato, deve essere dichiarato inammissibile.

Quando il giudice dell’appello ha pronunciato la sentenza, il reato de quo non era prescritto nè in base all’attuale normativa nè in base a quella previgente, non essendo ancora trascorsi quattro anni e sei mesi dalla commissione del fatto.

L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (V. Sez. U. sent. n. 32 del 22.11.2000, Rv. 217266).

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro cinquecento alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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