T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 1393 Piano di lottizzazione convenzionato Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il sig. G. è comproprietario di un’area sita nel Comune di Paderno Dugnano, avente una superficie di circa 2.300 metri quadrati e contraddistinta al catasto al foglio 50, mappali 456 e 238.

La destinazione urbanistica della suddetta porzione immobiliare è, in base alla variante generale al PRG del 25.6.2003, "Zona F per attrezzature di interesse generale".

Con ordinanza dirigenziale n. 104 del 28.7.2010, rivolta all’esponente e ad altri soggetti, il Direttore del Settore Pianificazione ed Attuazione del Territorio del Comune di Paderno Dugnano accertava l’intervenuta lottizzazione abusiva a scopo edificatorio su una vasta serie di mappali, fra cui il n. 456 del ricorrente, ingiungendo contestualmente a tutti gli interessati la demolizione delle opere abusivamente eseguite, pena le sanzioni di legge.

Contro l’ordinanza il ricorrente ha notificato l’inscritto ricorso, premettendo che l’area oggetto dell’ordinanza è in comproprietà con il fratello, cui non sarebbe stata notificata l’ordinanza e articolando le seguenti censure:

1) violazione dell’art. 7 della legge 241/1990 per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 30, comma 1 DPR 380/2001, eccesso di potere per travisamento dei fatti, errore nei presupposti di fatto e di diritto e carenza di istruttoria: in quanto mancherebbero i requisiti per ritenere sussista la lottizzazione abusiva.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, concludendo per il rigetto del gravame.

Con ordinanza n. 1269 del 2 dicembre 2010, la domanda cautelare veniva accolta, rilevando la sussistenza del danno irreparabile, rinviando al merito la definizione delle complesse questioni sollevate col ricorso.

Alla pubblica udienza del 7.4.2011, la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione

1) Il ricorrente, comproprietario di un’area nel Comune di Paderno Dugnano, ha impugnato un’ordinanza in cui si contesta una avvenuta lottizzazione abusiva a scopo edificatorio, ordinando la demolizione delle opere realizzate.

Il rilievo preliminare circa la qualifica di comproprietario dell’area interessata dall’ordinanza e la mancata notifica della stessa al fratello comproprietario, rispetto al quale quindi l’ordinanza è inefficace, non configura alcun vizio specifico dell’atto impugnato, atteso che spetta solo al comproprietario pretermesso far valere le proprie doglianze con una autonoma impugnativa.

2) Nel merito il ricorso è infondato e va respinto.

2.1 Nella prima censura si lamenta la presunta violazione dell’art. 7 della legge 241/1990, non avendo il Comune inviato l’avviso di avvio del procedimento poi sfociato nell’ordinanza di cui è causa.

Risulta dagli atti del giudizio che sul terreno di proprietà del ricorrente fu eseguito, in presenza di quest’ultimo, un sopralluogo da parte della Polizia Locale in data 15.6.2008, senza che l’esponente fosse in grado di esibire titoli abilitativi (cfr. doc. 3 del resistente, copia del verbale di constatazione con annesse fotografie).

A fronte di tale sopralluogo, era trasmessa, a cura della medesima Polizia Locale, comunicazione di notizia di reato alla Procura della Repubblica di Monza.

Il ricorrente era pertanto venuto a conoscenza, attraverso il citato sopralluogo, dell’esistenza di un procedimento amministrativo nei suoi riguardi, sicché non può ora lamentare la violazione delle garanzie di cui all’art. 7 citato, avendo avuto in ogni modo notizia del procedimento stesso (sull’irrilevanza dell’omissione della comunicazione ex art. 7, qualora l’interessato sia venuto comunque a conoscenza del procedimento, con conseguente possibilità di interloquire con la Pubblica Amministrazione, si vedano: TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26.1.2010, n. 175; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 14.12.2010, n. 2908; TAR Umbria, sez. I, 5.7.2010, n. 400; TAR Basilicata, sez. I, 29.4.2010, n. 216).

Fermo restando quanto sopra esposto, deve altresì richiamarsi -ad abundantiam – il diffuso e dominante indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia costituiscono atti vincolati, per i quali non è necessaria la comunicazione ex art. 7 legge 241/1990, soprattutto nel caso in cui, come meglio sarà evidenziato in seguito, l’Amministrazione dimostri che il contenuto del provvedimento non poteva essere diverso (cfr. l’art. 21ocites della legge 241/1990 e, in giurisprudenza: TAR Campania, Napoli, sez. III, 2.7.2010, n. 16548 e sez. IV, 10.12.2007, n. 15871; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 9.12.2010, n. 2809; TAR Lazio, sez. II quater, 6.12.2010, n. 35404).

Il primo motivo va quindi respinto.

3) Nel secondo ed articolato mezzo di gravame, è denunciata la violazione dell’art. 30, comma 1°, del DPR 380/2001 (Testo Unico dell’edilizia), ritenendo il ricorrente l’insussistenza, nella presente fattispecie, dei presupposti della lottizzazione abusiva.

La trattazione della censura implica una serie di considerazioni – seppure per sommi capi – in ordine alla figura della lottizzazione abusiva di cui al citato art. 30.

Quest’ultima norma – che ricalca la pregressa previsione dell’art. 18 della legge 47/1985, oggi abrogato – è interpretata nel senso che sono ravvisabili due tipi di lottizzazione abusiva (che peraltro possono coesistere): una materiale, configurabile allorché sono iniziate sul terreno opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia del medesimo in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o comunque senza le prescritte autorizzazioni ed una cartolare o formale, quando la trasformazione è predisposta attraverso il frazionamento e la vendita del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche particolari, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

La finalità della norma menzionata è individuata, dalla giurisprudenza amministrativa, nella necessità di impedire e reprimere quelle condotte materiali o giuridiche volte ad incrementare l’edificazione sul territorio, senza che tale incremento sia accompagnato dalla doverosa pianificazione urbanistica, che tenga conto delle conseguenze dell’edificazione in termini di nuovi servizi o nuove opere di urbanizzazione.

Di conseguenza, aggiunge la citata giurisprudenza, la lottizzazione abusiva può essere realizzata da qualsiasi tipo di opere in grado di stravolgere l’assetto territoriale e tale conseguenza deve essere valutata tenendo conto delle opere complessivamente considerate e non del singolo e specifico intervento edilizio.

Da questo punto di vista, può esservi lottizzazione vietata dall’art. 30 del Testo Unico, anche qualora talune delle singole strutture siano state assentite da idoneo titolo edilizio (cfr., fra le più recenti, la condivisibile pronuncia di TAR Liguria, sez. I, 7.2.2011, n. 243, con la giurisprudenza ivi richiamata ed anche Consiglio di Stato, sez. IV, 3.8.2010, n. 5170 e 1.6.2010, n. 3475; TAR Campania, Salerno, sez. II, 16.4.2010, n. 3932, TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 2.3.2010, n. 264; TAR Campania, Napoli, sez. II, 20.12.2010, n. 27691).

Ciò premesso, ritiene il Tribunale che, nel caso di specie, correttamente il Comune di Paderno Dugnano abbia ravvisato, negli interventi posti in essere dai soggetti contemplati dall’ordinanza impugnata gli estremi della lottizzazione abusiva.

L’area oggetto della lottizzazione è costituita da un compendio ampio, avente superficie complessiva di circa 40.000 metri quadrati, il quale, nel corso degli anni, ha subito una serie di disordinate trasformazioni, con il risultato che lo stesso è stato – di fatto – suddiviso in una serie di piccoli lotti di terreno, aventi a loro volta una superficie da 400 a 4.000 metri quadrati circa.

Su tali lotti sono state realizzate una serie di opere che, sempre complessivamente considerate, hanno in pratica stravolto la zona, ponendosi in contrasto sia con la destinazione agricola originaria sia con quella attuale (zona F per attrezzature di interesse generale, ricadente nel perimetro del Parco sovracomunale "GrugnotortoVilloresi", cfr. doc. 6 del resistente, pag. 1 e doc. 3 del ricorrente, certificato di destinazione urbanistica del 15.10.2009).

Secondo la versione del 1983 del Piano Regolatore Generale (PRG), di Paderno Dugnano, la destinazione di zona era quella E1 (Agricola generica), dove erano ammessi soltanto edifici per allevamenti zootecnici o case coloniche ed abitazioni per gli agricoltori (cfr. doc. 7 del resistente).

Con successiva variante generale del 1993 (cfr. doc. 8 del resistente), era confermata la destinazione agricola generica (E1), mentre in relazione al Parco agricolo Nord Villoresi, era ribadita la necessità di "conservazione e qualificazione del territorio agricolo", nonché di realizzare "un sistema di spazi ed attrezzature per la fruizione pubblica" (cfr. doc. 8 citato, art. 46 delle NTA).

La destinazione attuale (Zona F), implica la realizzazione di parchi o di attrezzature per l’istruzione superiore (cfr. doc. 9 del resistente, art. 49 delle NTA), nel rispetto delle prescrizioni riguardanti il menzionato Parco sovracomunale "GrugnotortoVilloresi" (cfr. ancora il doc. 9, art. 50 delle NTA).

Ciò premesso, occorre ribadire come le trasformazioni urbanistiche ed edilizie realizzate nel corso del tempo dai singoli proprietari dei lotti, lungi dal rispettare le destinazioni di zone suindicate, hanno invece dato vita ad un assetto territoriale con queste ultime incompatibile.

E’ sufficiente, a tale proposito, l’attento esame degli allegati dal n. 2 al n. 4 al provvedimento impugnato, per verificare che l’area interessata si è trasformata in un disordinato susseguirsi di strutture edilizie, di varie dimensioni, che hanno occupato l’intero territorio, in modo da impedire, in mancanza della loro rimozione o demolizione, qualsiasi opera compatibile con la destinazione attuale (si veda, soprattutto, l’allegato 4 all’ordinanza ivi gravata, vale a dire il rilievo fotografico dell’area).

Anche l’esame delle opere eseguite sui singoli lotti (puntualmente elencate nell’allegato 1 al provvedimento impugnato), conferma il convincimento del Collegio: si tratta, innanzi tutto e contrariamente a quanto affermato in ricorso, di strutture non precarie, in quanto l’elemento della precarietà deve essere qualificato in senso funzionale, sicché non può reputarsi precaria l’opera, anche se amovibile, destinata ad un uso costante e prolungato nel tempo (cfr., fra le tante, TAR Puglia, Lecce, sez. III, 8.3.2010, n. 688 e TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 30.3.2009, n. 720).

Nel caso di specie si tratta di strutture risalenti nel tempo, utilizzate dagli interessati, che non appaiono neppure rivelatrici dell’esercizio sul fondo dell’attività di impresa agricola, come definita dall’art. 2135 del codice civile.

Ostano, infatti, alla riconduzione all’attività agricola, vari elementi, fra cui la oggettiva limitatezza delle superfici dei lotti, la mancata prova in capo a molti dei proprietari della qualifica di imprenditore agricolo, oltre – si ripete – le caratteristiche delle opere realizzate (in genere: recinzioni, baracche, casette, tettoie, piccoli box per ricovero animali), le quali dimostrano, semmai, che la effettiva destinazione dei lotti fosse o quella della custodia dei beni più disparati, fra cui anche gli animali, oppure quella dello svago o dello svolgimento di analoghe attività di tipo "hobby" o similari.

Di conseguenza, e ribadito come l’analisi complessiva delle numerose opere realizzate sull’intera area riveli l’intervenuta lottizzazione abusiva, a nulla importa che talune delle singole opere siano state assentite dal Comune, visto che si tratta di titoli edilizi per interventi limitati e circoscritti, talora risalenti nel tempo, i quali però, sommati a numerose altre strutture realizzate nel corso degli anni, hanno cagionato una illecita trasformazione urbanistica della zona (si veda ad esempio, nella presente controversia, il titolo edilizio per la recinzione del 1982, ovvero la sanatoria del manufatto in muratura).

Da ultimo, non assume rilievo la circostanza che l’esponente abbia dichiarato la sua disponibilità, con la nota del 16.10.2010 rimuovere le baracche, posto che la parziale ottemperanza non vale certo ad inficiare la legittimità dell’atto ivi gravato.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto.

4) La declaratoria di infondatezza del ricorso implica il rigetto della domanda di risarcimento dei danni in esso contenuta.

5) Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Respinge la domanda di risarcimento dei danni.

Condanna il ricorrente al pagamento a favore del Comune di Paderno Dugnano delle spese di causa, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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