T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 31-05-2011, n. 1392

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

cificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) La presente vicenda processuale torna all’esame del Collegio dopo la risposta offerta dai Giudici di Lussemburgo al quesito posto da questa Sezione.

Gli antecedenti della vicenda sono stati esposti nell’ordinanza n. 154/07 con la quale questa sezione ha disposto il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia delle Comunità europee per la soluzione della seguente questione pregiudiziale: "Se l’art. 29 della direttiva 92/50, nel prevedere sette ipotesi di esclusione dalla partecipazione agli appalti di servizi, configuri un "numerus clausus" di ipotesi ostative e, quindi, inibisca all’art. 10, comma 1 bis, della legge n. 109/94 (ora sostituito dall’art. 34, ultimo comma, del decreto legislativo n. 163/06) di stabilire il divieto di partecipazione simultanea alla gara per le imprese che si trovino fra loro in rapporto di controllo".

In detta ordinanza era stato osservato che, in termini generali, la correttezza e la trasparenza della gara vengono pregiudicate dalla presentazione di offerte che, seppure provenienti da imprese diverse, siano riconducibili ad un medesimo centro di interessi. Ciò anche alla luce della disciplina comunitaria, secondo cui il sistema delle gare pubbliche può funzionare solo se le imprese partecipanti si trovino in posizione di reciproca ed effettiva concorrenza.

Era stato anche ricordato come la giurisprudenza nazionale fosse orientata in senso favorevole alla possibilità di individuare ipotesi di "collegamento sostanziale" tra imprese, diverse e ulteriori rispetto a quelle espressamente indicate all’art. 10, comma 1 bis l. n. 109 del 1994 ("imprese che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all’art. 2359 c.c."), norma in questa sede applicabile ratione temporis. Ciò con la precisazione che, nel caso di "controllo" ai sensi dell’art. 2359 c.c., opera un meccanismo di presunzione iuris et de iure circa la sussistenza di un’ipotesi turbativa del corretto svolgimento della procedura concorsuale (e quindi dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti) che non può essere confutata neppure fornendo la prova che la controllata ha formulato la propria offerta in totale autonomia; difatti resta interdetta nelle procedure volte al conferimento di appalti di lavori pubblici la concorrente partecipazione di entrambe alle gare che, ove intervenga, dà obbligatoriamente adito all’esclusione di esse dalla gara.

Soltanto nel caso di sussistenza del c.d. "collegamento sostanziale", l’amministrazione, infatti, è onerata di provare in concreto l’esistenza di elementi oggettivi e concordanti, che siano tali da ingenerare pericolo per il rispetto dei richiamati principi (cfr. ex plurimis Cons. Stato, V, 22 aprile 2004 n. 2317; Cons. Stato, VI, 7 febbraio 2002, n. 685; V, 15 febbraio 2002, n. 923; IV, 27 dicembre 2001, n. 6424).

Trattandosi di una previsione avente valore di norma di ordine pubblico, la stazione appaltante deve disporre l’esclusione di offerte contenenti gli indizi di una concordata modalità di presentazione e formulazione, ovvero della provenienza da un unico centro decisionale anche in assenza di specifiche previsioni nella lex specialis. Difatti, in considerazione della peculiarità della materia e degli interessi pubblici tutelati, sarebbe irragionevole e contraddittorio richiedere nel bando la tipizzazione del fatto del collegamento o del controllo societario, dal momento che tale previsione farebbe refluire il perseguimento dell’interesse pubblico alla scelta del "giusto" contraente nel mero controllo della regolarità formale del procedimento, esponendo l’interesse protetto al pericolo di situazioni concrete di fenomeni di effettivo controllo o di altre situazioni societarie capaci di alterare la gara, non facilmente prevedibili o ipotizzabili. Ciò in quanto la tutela apprestata all’interesse pubblico alla corretta e regolare scelta del "giusto" contraente è finalizzata ad evitare che il relativo bene giuridico sia addirittura messo in pericolo: infatti, quand’esso fosse già stato leso o vulnerato, sarebbe molto difficile, se non addirittura impossibile una restitutio in integrum, salva l’ipotesi dell’annullamento della gara e la sua rinnovazione, che però in ogni caso comporterebbe, per il tempo occorrente e per le risorse umane e finanziarie da impiegare e riallocare, un’offesa non riparabile ai principi di economicità, speditezza, celerità ed adeguatezza dell’azione amministrativa (cfr. Cons. Stato VI, 13 giugno 2005, n. 3089; 23 giugno 2006, n. 4012; Sez. V, 9 dicembre 2004, n. 7894).

L’ordinanza aveva quindi osservato che la ricostruzione del quadro normativo nazionale indurrebbe a concludere che la commissione giudicatrice, in esito alle disposte verifiche circa gli assetti proprietari delle imprese partecipanti alla gara, da cui è risultato che il pacchetto azionario di S.E.C. s.p.a. è posseduto al 100% dalla società A.M. s.p.a., le cui azioni sono interamente di proprietà di P.I. s.p.a, avrebbe dovuto direttamente disporre l’esclusione di entrambe le imprese che versano pacificamente in una delle situazioni di controllo previste al primo comma dell’art. 2359 del codice civile, alle quali rinvia l’art. 10, comma 1 bis, l.n. 109/94; il che ha indotto a dubitare della compatibilità di tale regime con l’ordinamento comunitario.

2) Successivamente, la Corte di Giustizia CE, sez. IV, con la sentenza 19 maggio 2009 C538/07, pronunciandosi sul quesito pregiudiziale posto nella presente controversia, ha ritenuto che l’art. 29, primo comma, dir. 92/50/CEE non osta alla previsione di ulteriori cause di esclusione finalizzate a garantire il rispetto dei principi di parità di trattamento e di trasparenza, ma ha giudicato incompatibile con il diritto comunitario (e segnatamente con la citata direttiva 92/50/CEE) la disciplina nazionale che vieta in assoluto la partecipazione alla medesima gara di appalto di imprese che sono tra loro in una situazione di collegamento societario. Ha osservato la Corte di Giustizia che non si può impedire, a priori, una disciplina nazionale delle cause di esclusione dalle gare di appalto più severa di quella comunitaria, la quale prevede le cause di esclusione come facoltative. Pertanto, non è di per sé illegittima la disciplina italiana, che prevede cause di esclusione obbligatorie ulteriori rispetto a quelle codificate nel catalogo comunitario. Tuttavia la maggiore severità della disciplina nazionale, da un lato deve trovare giustificazione nell’esigenza di una migliore tutela della concorrenza, della trasparenza e della par condicio, dall’altro incontra un limite nel principio di proporzionalità.

Facendo applicazione di tali coordinate alla disciplina nazionale in tema di controllo di imprese e gare di appalto, la Corte di Giustizia ha rilevato che la legislazione italiana prevede una esclusione "automatica", in quanto il solo fatto che vi sia una situazione di controllo preclude la partecipazione alla medesima gara e obbliga la stazione appaltante a dichiarare l’esclusione: tale automatismo, secondo la Corte, implica una presunzione assoluta di reciproca influenza nella formulazione delle offerte in gara; esso ostacola la libera concorrenza nel mercato comunitario, e contrasta con il principio di proporzionalità, in quanto non si lascia a tali imprese la possibilità di dimostrare che, nel loro caso, non sussistono reali rischi di insorgenza di pratiche atte a minacciare la trasparenza e a falsare la concorrenza tra gli offerenti.

Osserva il Collegio come l’intervento della Corte di Giustizia attenga precipuamente all’ipotesi di collegamento strutturale tra imprese societarie: le imprese controllate, questo è il ragionamento della Corte da applicare al caso in esame, potrebbero godere comunque di una certa autonomia nella gestione della loro politica commerciale e delle loro attività economiche, in particolare nel settore della partecipazione a pubblici incanti; inoltre, i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo potrebbero essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l’indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell’ambito di una medesima gara d’appalto.

Ne deriva che, qualora emerga un rapporto di controllo tra le imprese concorrenti, l’amministrazione aggiudicatrice può escludere tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, solo dopo aver verificato se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento delle imprese collegate nell’ambito della procedura.

A fini di completezza espositiva, si ricorda che il codice dei contratti pubblici è stato adeguato alla predetta pronuncia della Corte di Giustizia, e attualmente non contempla come causa di esclusione il controllo societario ex se, ma ogni situazione di controllo e collegamento, sia esso formale o sostanziale, solo se vi sia la prova, sulla base di univoci elementi, che le offerte siano riconducibili ad un unico centro decisionale. L’art. 38, primo comma, lett. mquater e secondo comma, d.lgs. n. 163/2006, prevede, infatti, che "sono esclusi dalla partecipazione alle procedure di affidamento delle concessioni e degli appalti di lavori, forniture e servizi, né possono essere affidatari di subappalti, e non possono stipulare i relativi contratti, i soggetti che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale". Il medesimo articolo prosegue sancendo che"ai fini del comma 1, lettera mquater), i concorrenti allegano, alternativamente: a) la dichiarazione di non essere in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile con nessun partecipante alla medesima procedura; b) la dichiarazione di essere in una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile e di aver formulato autonomamente l’offerta, con indicazione del concorrente con cui sussiste tale situazione; tale dichiarazione è corredata dai documenti utili a dimostrare che la situazione di controllo non ha influito sulla formulazione dell’offerta, inseriti in separata busta chiusa. La stazione appaltante esclude i concorrenti per i quali accerta che le relative offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale, sulla base di univoci elementi. La verifica e l’eventuale esclusione sono disposte dopo l’apertura delle buste contenenti l’offerta economica".

3) In forza dell’effetto vincolante per il giudice nazionale della pronuncia resa in sede di rinvio pregiudiziale, la controversia in esame deve quindi risolta facendo applicazione delle riferite coordinate interpretative.

3.1) La ricorrente, nel primo motivo, ha sostenuto la tesi secondo cui la (pacifica) sussistenza di una situazione di controllo societario avrebbe dovuto indurre la commissione di gara all’esclusione automatica delle offerte presentate da S.E.C. e P.I..

La sentenza della Corte di giustizia ha inciso sull’esclusione automatica per controllo societario, che ha giudicato meccanismo non compatibile con il diritto comunitario. Ne deriva l’infondatezza della censura contenuta nel ricorso, non potendosi (più) ammettere alcun automatismo, ma essendo invece necessario che la stazione appaltante proceda all’esclusione solo dopo aver verificato in concreto la presenza di univoci elementi che consentano di ricondurre, con sufficiente grado di ragionevolezza, le offerte ad un unico centro decisionale.

Nel caso in esame, la stazione appaltante ha accertato l’assenza di elementi di fatto da cui trarre il convincimento circa la violazione dei principi di concorrenza e segretezza delle offerte. Come precisato nel verbale della riunione del 26 novembre 2003, "le due società hanno sede legale in luoghi differenti, i legali rappresentanti e i procuratori sono persone distinte, le due polizze fideiussorie non sono state rilasciate dalla medesima società". Sulla base di tali evidenze ha escluso la presenza di intrecci e di univoci elementi gravi, precisi e concordanti tali da dimostrare la riconducibilità delle offerte ad una comunanza di interessi.

In contrario non rilevano le tardive e inammissibili deduzioni esposte dalla ricorrente nella memoria difensiva finale.

Ed invero, che il Presidente di SDA sia anche componente del CdA di P.I. e che il sig. Michele Scarpelli sia componente dei consigli di amministrazione di entrambe le società costituiscono circostanze, da sole considerate, inidonee a dimostrare l’unicità decisionale delle offerte presentate.

Come già affermato, eventuali comunanze a livello strutturale sono di per sé insufficienti, essendo necessario verificare se tale comunanza abbia avuto un impatto concreto sul rispettivo comportamento nell’ambito della gara, con l’effetto di determinare la presentazione di offerte riconducibili ad un unico centro decisionale (cfr. Cons. St., sez. VI, 25 gennaio 2010 n. 247; Id., 16 febbraio 2010 n. 1120).

Nella specie la stazione appaltante ha escluso che dagli atti di gara e dagli elementi sottoposti al suo giudizio emergesse la prova, sulla base di univoci elementi, che le offerte fossero riconducibili ad un unico centro decisionale, mentre la ricorrente non ha offerto elementi idonei a rovesciare le conclusioni raggiunte dalla commissione di gara.

3.2) La censura esposta nel secondo motivo è irrilevante ed anche infondata.

Irrilevante perché volta a lamentare la mancata esclusione dell’offerta collocatasi al secondo posto della graduatoria finale, per cui il suo eventuale accoglimento non potrebbe arrecare alcuna concreta utilità alla ricorrente che, tramite la doglianza, non potrebbe comunque conseguire l’aggiudicazione dell’appalto.

Infondata, in quanto come argomentato nella nota 12 novembre 2003 indirizzata dal responsabile del procedimento alla commissione di gara e non fatta oggetto di specifica censura, P.I. s.p.a. è esonerata dall’obbligo di iscrizione all’albo degli autotrasportatori e non poteva quindi essere esclusa per difetto del corrispondente requisito richiesto dal bando di gara.

4) In conclusione il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Deve essere respinta anche la domanda di risarcimento danni, essendo emersa dall’esame degli atti l’assenza dei presupposti per la relativa condanna della stazione appaltante, il cui operato si è rivelato conforme alle norme e ai principi che regolano le procedure di affidamento degli appalti pubblici.

Sussistono comunque giustificati motivi per compensare le spese, tenuto conto della presenza di incertezze interpretative che hanno reso necessario il rinvio pregiudiziale.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa per intero le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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