Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-03-2011) 01-06-2011, n. 22169

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ricorrono per cassazione, con distinti atti, i rispettivi difensori di fiducia di M.P., Ma.Gi. e N.R., l’avv. Antonio Gugliotta di Roma per tutti e l’avv. Luciano Bason di Roma per gli ultimi due, avverso la sentenza emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. dal giudice monocratico del Tribunale di Roma con la quale veniva applicata, con la concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 c.p., n. 6, equivalenti alle contestate aggravanti, a N.R. la pena di anni uno e mesi 2 di reclusione ed Euro 400,00 di multa, a Ma.

G. quella di anni 1 di reclusione ed Euro 400,00 di multa e di M.P. quella, condizionalmente sospesa, di mesi 8 di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il delitto di furto pluriaggravato in abitazione (fatto del (OMISSIS)), con la recidiva infraquinquennale per Ma. e reiterata infraquinquennale per N..

Deducono entrambi i difensori la violazione del combinato disposto degli artt. 129 e 444 c.p.p., assumendo che il giudice avrebbe dovuto valutare, in luogo dell’ipotesi del furto consumato, quella del mero tentativo del reato medesimo.
Motivi della decisione

Preliminarmente, ritiene questa Corte di respingere la richiesta di rinvio inviata alla cancelleria in data 15.3.2011 dall’Avv. Luciano Bason, che ha invocato la declaratoria di nullità degli avvisi di fissazione dell’odierna udienza, rappresentando il difetto delle ragioni di urgenza sottese alla notifica dei medesimi ai sensi dell’art. 168 c.p.p., comma 2 e art. 169 disp. att. c.p.p., poichè il dato evidenziato (revoca in data 1.10.2010 della misura degli arresti domiciliari applicata agl’imputati N.R. e Ma.Gi. e poi di quella sostitutiva della presentazione alla P.G. in data 10.11.2010) non risultava dagli atti al 23.2.2011, data dell’ordine di notificazione ai sensi dell’art. 148 c.p.p., comma 2 bis.

I ricorsi sono inammissibili.

La censura prospettata tende a rimettere in discussione i termini dell’accordo finalizzato all’applicazione della pena oggetto del patteggiamento e s’appalesa manifestamente infondata ed aspecifica ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), consistendo nella generica esposizione della doglianza senza alcun contenuto di effettiva critica alla decisione impugnata.

L’istituto del patteggiamento trova, infatti, il proprio fondamento primario nella convergente richiesta di pubblico ministero e imputato sul merito dell’imputazione (responsabilità e pena conseguente), dal momento che chi chiede la pena pattuita rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa.

Ne consegue, come questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal medesimo accettato.

Infatti, in tema di patteggiamento, tutte le statuizioni non illegittime, concordate dalle parti e recepite in sentenza, in quanto manifestazione di un generale potere dispositivo che la legge riconosce alle parti e che il giudice ratifica, non possono essere dalle stesse parti rimesse in discussione con il ricorso per cassazione (ex plurimis: Cass. pen. Sez. 6, 19.2.2004 n. 18385, Rv.

228047).

Nella concreta fattispecie, la pena è stata applicata nella misura richiesta previa valutazione, sia pur con sintetica motivazione (quale lo speciale rito alternativo consente), della corretta qualificazione del fatto nella fattispecie (consumata) di cui all’imputazione.

Resta, pertanto, preclusa ogni successiva doglianza al riguardo.

All’inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che, alla luce dei principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si ritiene equo determinare in Euro 1.000,00, per ciascuno.
P.Q.M.

Rigettata l’istanza inviata alla cancelleria di questa Corte il 15/3/2011, dichiara inammissibili i ricorsi proposti e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, ciascuno, a quello della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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