T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 1394

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti sono comproprietari di un’area sita in Comune di Paderno Dugnano, contraddistinta al catasto al foglio 50, mappale 222.

La destinazione urbanistica della suddetta porzione immobiliare è, in base alla variante generale al PRG del 25.6.2003, "Zona F per attrezzature di interesse generale".

Con ordinanza dirigenziale n. 104 del 28.7.2010, rivolta ai ricorrenti e ad altri soggetti, il Direttore del Settore Pianificazione ed Attuazione del Territorio del Comune di Paderno Dugnano accertava l’intervenuta lottizzazione abusiva a scopo edificatorio su una vasta serie di mappali – fra cui quello di parte ricorrente – ingiungendo contestualmente a tutti gli interessati la demolizione delle opere abusivamente eseguite, pena le sanzioni di legge.

Contro detta ordinanza veniva stato proposto il presente ricorso, con domanda di sospensiva e di danni, per i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 30, comma 1 DPR 380/2001, erroneità e insufficienza dell’istruttoria; erroneità della motivazione; difetto assoluto dei presupposti; mancata trasformazione urbanistica edilizia, in quanto le opere di cui si ordina la demolizione sarebbero state costruite precedentemente, e rispetterebbero le prescrizioni urbanistiche del tempo;

2) violazione dell’art. 25 della Costituzione, dell’art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, errata applicazione dell’art. 30 DPR 380/01, erroneità dei presupposti, in quanto i fatti denunciati risalgono a prima dell’entrata in vigore del DPR 380/2001;

3) violazione e falsa applicazione dell’art 30 DPR 380/2001 per la recinzione, opera autorizzata nel 1984;

4) violazione dell’art. 31 comma 20 della legge 289 del 27.12.2002 (legge finanziaria 2003), in quanto il Comune non avrebbe comunicato il cambio di destinazione urbanistica;

5) violazione dell’art. 7 della legge 241/1990 e violazione del giusto procedimento per omessa

comunicazione dell’avvio del procedimento, non essendo stato comunicato l’avvio del procedimento;

6) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. 241/1990, eccesso di potere per sviamento, illogicità, contraddittorietà, invalidità derivata, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto, erronea rappresentazione della situazione, difetto di motivazione, carenza di istruttoria, non avendo l’Amministrazione effettuato un accertamento adeguato, tanto che alcune delle opere contestate risultano precedentemente autorizzate.

Si costituiva in giudizio il Comune intimato, chiedendo il rigetto del ricorso.

Con ordinanza n. 426 del 25 febbraio 2011, la domanda cautelare veniva accolta, attesa la sussistenza del danno irreparabile, rinviando al merito la definizione delle complesse questioni sollevate col ricorso.

Alla pubblica udienza del 7.4.2011, la causa era trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1) I ricorrenti, comproprietari di un’area nel Comune di Paderno Dugnano, hanno impugnato un’ordinanza in cui si contesta una avvenuta lottizzazione abusiva a scopo edificatorio, ordinando la demolizione delle opere realizzate.

In via preliminare, deve rilevarsi che la presente causa é ormai matura per la decisione, come emergerà in seguito, sicché devono respingersi, in quanto irrilevanti, tutte le istanze istruttorie avanzate dai ricorrenti.

2) Nel merito il ricorso è infondato e va respinto.

Nella prima censura si lamenta la mancanza dei presupposti di cui all’art. 30 del DPR 380/2001, necessari per configurare la c.d. lottizzazione abusiva.

La trattazione della censura implica una serie di considerazioni – seppure per sommi capi – in ordine alla figura della lottizzazione abusiva di cui al citato art. 30.

Quest’ultima norma – che ricalca la pregressa previsione dell’art. 18 della legge 47/1985, oggi abrogato – è interpretata nel senso che sono ravvisabili due tipi di lottizzazione abusiva (che peraltro possono coesistere): una materiale, configurabile allorché sono iniziate sul terreno opere che comportino trasformazione urbanistica o edilizia del medesimo in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o comunque senza le prescritte autorizzazioni ed una cartolare o formale, quando la trasformazione è predisposta attraverso il frazionamento e la vendita del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche particolari, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio.

La finalità della norma menzionata è individuata dalla giurisprudenza amministrativa nella necessità di impedire e reprimere quelle condotte materiali o giuridiche volte ad incrementare l’edificazione sul territorio, senza che tale incremento sia accompagnato dalla doverosa pianificazione urbanistica, che tenga conto delle conseguenze dell’edificazione in termini di nuovi servizi o nuove opere di urbanizzazione.

Di conseguenza, aggiunge la citata giurisprudenza, la lottizzazione abusiva può essere realizzata da qualsiasi tipo di opere in grado di stravolgere l’assetto territoriale e tale conseguenza deve essere valutata tenendo conto delle opere complessivamente considerate e non del singolo e specifico intervento edilizio.

Da questo punto di vista, può esservi lottizzazione vietata dall’art. 30 del Testo Unico, anche qualora talune delle singole strutture siano state assentite da idoneo titolo edilizio (cfr., fra le più recenti, la condivisibile pronuncia di TAR Liguria, sez. I, 7.2.2011, n. 243, con la giurisprudenza ivi richiamata ed anche Consiglio di Stato, sez. IV, 3.8.2010, n. 5170 e 1.6.2010, n. 3475; TAR Campania, Salerno, sez. II, 16.4.2010, n. 3932, TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 2.3.2010, n. 264; TAR Campania, Napoli, sez. II, 20.12.2010, n. 27691).

Ciò premesso, ritiene il Tribunale che, nel caso di specie, correttamente il Comune di Paderno Dugnano abbia ravvisato, negli interventi posti in essere dai soggetti contemplati dall’ordinanza impugnata – fra cui gli attuali esponenti – gli estremi della lottizzazione abusiva.

L’area oggetto della lottizzazione è costituita da un compendio ampio, avente superficie complessiva di circa 40.000 metri quadrati, il quale, nel corso degli anni, ha subito una serie di disordinate trasformazioni, con il risultato che lo stesso è stato – di fatto – suddiviso in una serie di piccoli lotti di terreno, aventi a loro volta una superficie da 400 a 4.000 metri quadrati circa.

Su tali lotti sono state realizzate una pluralità di opere che, sempre complessivamente considerate, hanno in pratica stravolto la zona, ponendosi in contrasto sia con la destinazione agricola originaria sia con quella attuale (zona F per attrezzature di interesse generale, ricadente nel perimetro del Parco sovracomunale "GrugnotortoVilloresi", cfr. doc. 1 del resistente, pag. 1).

Secondo la versione del 1983 del Piano Regolatore Generale (PRG), di Paderno Dugnano, la destinazione di zona era quella E1 (Agricola generica), dove erano ammessi soltanto edifici per allevamenti zootecnici o case coloniche ed abitazioni per gli agricoltori.

Con successiva variante generale del 1993, era confermata la destinazione agricola generica (E1), mentre in relazione al Parco agricolo Nord Villoresi, era ribadita la necessità di "conservazione e qualificazione del territorio agricolo", nonché di realizzare "un sistema di spazi ed attrezzature per la fruizione pubblica" (cfr. l’art. 46 delle NTA).

La destinazione attuale (Zona F), implica la realizzazione di parchi o di attrezzature per l’istruzione superiore (cfr. doc. 32 del resistente, art. 49 delle NTA), nel rispetto delle prescrizioni riguardanti il menzionato Parco sovracomunale "GrugnotortoVilloresi" (cfr. ancora il doc. 32, art. 50 delle NTA).

Ciò premesso, occorre ribadire come le trasformazioni urbanistiche ed edilizie realizzate nel corso del tempo dai singoli proprietari dei lotti, lungi dal rispettare le destinazioni di zone suindicate, hanno invece dato vita ad un assetto territoriale incompatibile con queste ultime.

E’ sufficiente, a tale proposito, l’attento esame degli allegati dal n. 2 al n. 4 al provvedimento impugnato (doc. 1 del resistente), per verificare che l’area interessata si è trasformata in un disordinato susseguirsi di strutture edilizie, di varie dimensioni, che hanno occupato l’intero territorio, in modo da impedire, in mancanza della loro rimozione o demolizione, qualsiasi opera compatibile con la destinazione attuale (si veda, soprattutto, l’allegato 4 all’ordinanza ivi gravata, vale a dire il rilievo fotografico dell’area).

Anche l’esame delle opere eseguite sui singoli lotti (puntualmente elencate nell’allegato 1 al provvedimento impugnato), conferma il convincimento del Collegio: si tratta, innanzi tutto e contrariamente a quanto affermato in ricorso, di strutture non precarie, in quanto l’elemento della precarietà deve essere qualificato in senso funzionale, sicché non può reputarsi precaria l’opera, anche se amovibile, destinata ad un uso costante e prolungato nel tempo (cfr., fra le tante, TAR Puglia, Lecce, sez. III, 8.3.2010, n. 688 e TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 30.3.2009, n. 720).

Nel caso di specie, si tratta di strutture risalenti nel tempo, a lungo utilizzate dagli interessati, che non appaiono neppure rivelatrici dell’esercizio sul fondo dell’attività di impresa agricola, come definita dall’art. 2135 del codice civile.

Ostano, infatti, alla riconduzione all’attività agricola, vari elementi, fra cui la oggettiva limitatezza delle superfici dei lotti, la mancata prova in capo a molti dei proprietari, fra i quali tutti gli attuali ricorrenti, della qualifica di imprenditore agricolo, oltre – si ripete – le caratteristiche delle opere realizzate (in genere: recinzioni, baracche, casette, tettoie, piccoli box per ricovero animali), le quali dimostrano, semmai, che la effettiva destinazione dei lotti fosse o quella della custodia dei beni più disparati, fra cui anche gli animali, oppure quella dello svago o dello svolgimento di analoghe attività di tipo "hobby" o similari (si veda sul punto anche la documentazione fotografica prodotta dal Comune, che rivela anche uno sviluppo disordinato della zona, contrastante con esigenze di razionale espansione urbanistica).

Di conseguenza, e ribadito come l’analisi complessiva delle numerose opere realizzate sull’intera area riveli l’intervenuta lottizzazione abusiva, a nulla importa che talune delle singole opere siano state assentite dal Comune, visto che si tratta di titoli edilizi per interventi limitati e circoscritti, talora risalenti nel tempo, i quali però, sommati a numerose altre strutture realizzate nel corso degli anni, hanno cagionato una illecita trasformazione urbanistica della.

Parimenti irrilevanti sono gli eventuali provvedimenti di autorizzazione o di condono per talune opere, tenuto conto che, giova ripeterlo, la qualificazione della lottizzazione abusiva deve avvenire prendendo in considerazione l’intero complesso immobiliare, da considerarsi un "unicum" sotto il profilo urbanistico; al contrario l’esistenza di una pluralità di atti di sanatoria costituisce un indice del disordinato sviluppo urbanistico e dell’oggettivo cambiamento impresso alla destinazione di zona nel corso degli anni.

Anche gli atti di compravendita stipulati dagli interessati in un arco temporale fra il 1982 ed il 2010, versati in atti dagli esponenti in una con il ricorso introduttivo, rafforzano e non smentiscono certo il convincimento del Tribunale circa l’intervenuta lottizzazione abusiva nel compendio immobiliare de quo.

In particolare, il rogito del 22.7.1983 (cfr. doc. 7 dei ricorrenti), indica chiaramente (n. 1 dei PATTI SPECIALI), che la parte acquirente è "a conoscenza della mancanza di lottizzazione autorizzata riguardante il terreno in contratto.

Tutti gli atti di vendita del compendio interessato dalla ordinanza, dimostrano l’intervenuto frazionamento del fondo, un tempo unitario, in una serie di piccoli lotti indipendenti, sui quali sono state realizzate nel tempo le più disparate attività e che hanno portato alla trasformazione ed alla lottizzazione abusiva dell’intera area.

Per tale ragione il primo motivo va respinto.

3) Nel secondo motivo, è denunciata la violazione del principio di irretroattività della legge (ai sensi dell’art. 11 delle disposizioni preliminari al codice civile, c.d. preleggi), in quanto il Comune avrebbe applicato la norma dell’art. 30 del DPR 380/2001, vigente dal 30.6.2003, a fattispecie anteriori alla citata entrata in vigore.

La censura è palesemente priva di pregio, visto che l’art. 30 citato, sulla lottizzazione abusiva, non rappresenta una novità per il nostro ordinamento, in quanto riprende analoghe disposizioni contenute nell’art. 18 della legge 47/1985, oggi abrogato per effetto dell’entrata in vigore del DPR 380/2001, ed anche nell’art. 28 della legge urbanistica generale ( legge n. 1150/1942).

In ogni caso, l’Amministrazione di Paderno Dugnano ha applicato la disciplina vigente al momento in cui sono stati accertati i fenomeni di lottizzazione abusiva (2008, come indicato nell’atto impugnato), per cui anche sotto tale profilo, la condotta del Comune non è censurabile.

4) Nella terza censura parte ricorrente rileva la violazione dell’art. 30 del DPR 380/2001, in quanto le recinzioni poste in essere da taluni proprietari sarebbero state in realtà regolarmente assentite dal Comune.

Anche tale motivo è però privo di pregio, per le considerazioni sopra esposte, in quanto la lottizzazione abusiva dell’area in questione da parte di una pluralità di proprietari prescinde dal fatto che talune recinzioni non sarebbero state realizzate contra legem.

5) Con il quinto motivo, si sostiene la presunta violazione dell’art. 31 comma 20°, della legge finanziaria per il 2003 ( legge 27.12.2002, n. 289), in quanto il Comune non avrebbe dato notizia ai proprietari del mutamento di destinazione d’uso del terreno (da "E1" agricola a "F" attrezzature di interesse generale), con conseguente acquisizione della natura di area fabbricabile da parte del terreno stesso.

La censura è infondata, sia perché la norma richiamata della legge finanziaria per il 2003 è dettata esclusivamente a fini fiscali per la tutela del contribuente degli enti locali, ma nulla ha a che vedere con la repressione degli abusi edilizi; sia perché non si comprende come tale comunicazione avrebbe potuto incidere sull’attività degli esponenti, la quale deve reputarsi in contrasto con la disciplina urbanistica ed edilizia con riguardo sia alla destinazione attuale (F), sia a quella anteriore (E1), dell’area.

6) Nel sesto motivo è denunciata la presunta inosservanza dell’art. 7 della legge 241/1990, per non avere il Comune trasmesso agli esponenti l’avviso di avvio del procedimento di cui all’articolo citato.

La censura è infondata, per le ragioni che seguono.

Risulta dagli atti di causa che furono eseguiti sui terreni di proprietà dei ricorrenti, una serie di sopralluoghi da parte della Polizia Locale a partire dal 2008, durante i quali fu accertata la presenza di strutture abusive.

A fronte di tali sopralluoghi, erano trasmesse, a cura della medesima Polizia Locale, comunicazioni di notizia di reato alla Procura della Repubblica di Monza e ai proprietari, con la precisazione che dette comunicazioni costituivano anche avvio di procedimento.

I ricorrenti erano pertanto venuti a conoscenza, attraverso i citati sopralluoghi, dell’esistenza di procedimenti amministrativi nei loro riguardi, sicché non possono ora lamentare la violazione delle garanzie di cui all’art. 7 citato, avendo avuto in ogni modo notizia dei procedimenti stessi (sull’irrilevanza dell’omissione della comunicazione ex art. 7, qualora l’interessato sia venuto comunque a conoscenza del procedimento, con conseguente possibilità di interloquire con la Pubblica Amministrazione, si vedano: TAR Lombardia, Milano, sez. II, 26.1.2010, n. 175; TAR Calabria, Catanzaro, sez. I, 14.12.2010, n. 2908; TAR Umbria, sez. I, 5.7.2010, n. 400; TAR Basilicata, sez. I, 29.4.2010, n. 216).

Fermo restando quanto sopra esposto, deve altresì richiamarsi -ad abundantiam – il diffuso e dominante indirizzo giurisprudenziale, secondo il quale i provvedimenti sanzionatori in materia edilizia costituiscono atti vincolati, per i quali non è necessaria la comunicazione ex art. 7 legge 241/1990, soprattutto nel caso in cui, come è stato sin d’ora evidenziato, l’Amministrazione dimostri che il contenuto del provvedimento non poteva essere diverso (cfr. l’art. 21ocites della legge 241/1990 e, in giurisprudenza: TAR Campania, Napoli, sez. III, 2.7.2010, n. 16548 e sez. IV, 10.12.2007, n. 15871; TAR Puglia, Lecce, sez. III, 9.12.2010, n. 2809; TAR Lazio, sez. II quater, 6.12.2010, n. 35404).

7) Nel settimo ed ultimo mezzo di ricorso, sono lamentati il difetto di istruttoria ed il conseguente vizio di motivazione dell’ordinanza impugnata.

La censura deve essere respinta, alla luce delle considerazioni sopra svolte – soprattutto al punto 1 della presente narrativa in diritto – circa la correttezza della condotta dell’Amministrazione nell’accertamento e nella conseguente repressione della lottizzazione abusiva sull’area.

Quanto alla presunta buona fede dei ricorrenti, la stessa non pare rilevante, visto che la lottizzazione abusiva di cui all’art. 30 DPR 380/2001 prescinde dallo stato soggettivo di buona o mala fede dei lottizzanti, fondandosi piuttosto sul dato oggetto dell’intervenuta illegittima trasformazione urbanistica del territorio.

8. Per le ragioni sopra esposte, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Respinge altresì la domanda di risarcimento dei danni.

Condanna i ricorrenti al pagamento a favore del Comune di Paderno Dugnano delle spese di causa, che liquida in euro 2.000,00 (duemila/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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