T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 31-05-2011, n. 1381 Motivazione dell’atto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Comune di Gordona;
Svolgimento del processo

Riferisce l’esponente di avere presentato al Comune di Gordona in data 24.11.2005 istanza di rilascio di permesso di costruire per un’autorimessa pertinenziale, alla quale in data 25.06.2006 il Comune di Gordona (da ora anche solo il Comune) avrebbe dato riscontro, rilasciando il permesso richiesto.

Sennonché, in occasione di un sopralluogo dei tecnici comunali del 3.10.2006, sarebbero emerse delle difformità dei lavori posti in essere rispetto al progetto autorizzato, con particolare riguardo al superamento, per una parte della costruzione, del preesistente piano di campagna, nonché, alla realizzazione di un vano accessorio non previsto in progetto, in aderenza al fabbricato autorizzato.

Si giunge, così, all’ordinanza comunale n. 13/2006, del 27.10.2006, notificata al ricorrente il 31.10.2006, avente ad oggetto l’immediata sospensione dei lavori, seguita dalla notifica, in data 27.12.2006, dell’ordinanza di demolizione n.17 del 21.12.2006, relativa sia alla difformità riscontrata per il vano accessorio, che a quella dell’autorimessa.

A seguito di ciò, l’esponente ha presentato due istanze di permesso di costruire in sanatoria:

una per l’autorimessa e l’altra per il locale attiguo.

Soltanto in data 03.07.2007 sarebbe pervenuta al ricorrente la nota prot. 2897 del 02.07.2007, con cui il Responsabile del Servizio Tecnico – Sportello Unico per l’Edilizia del Comune ha comunicato, ma soltanto per la difformità del presunto superamento del piano campagna, di avere espresso parere favorevole all’accoglimento della richiesta di sanatoria.

Da ciò l’odierno gravame introduttivo, presumendosi – da parte ricorrente – l’avvenuto perfezionamento della fattispecie di tacito rigetto dell’istanza di sanatoria avente ad oggetto il vano accessorio.

I motivi di ricorso fanno essenzialmente leva sulla violazione di legge e l’eccesso di potere sotto più profili.

Con motivi aggiunti depositati il 5.11.2007 è stata estesa l’impugnazione al provvedimento sopravvenuto di diniego espresso di rilascio del permesso di costruire in sanatoria, assunto il 07.07.2007 e notificato il successivo 10.07.2007, sull’istanza del 12.03.2007 avente ad oggetto la realizzazione di un locale tecnico per l’alloggiamento dell’impianto di riscaldamento di un’autorimessa interrata.

Contro tale atto l’esponente deduce sia vizi da invalidità derivata promanante da quanto illustrato nel ricorso introduttivo, sia vizi autonomi, che fanno leva sull’eccesso di potere e la violazione dell’art. 6 dell’Allegato unico al d.m. 01.02.1986.

Con i secondi motivi aggiunti, depositati il 29.01.2008, l’esponente ha impugnato l’ordinanza di demolizione assunta dal Responsabile del Servizio Tecnico comunale il 09.11.2007, notificata il successivo 16.11.2007 e avente ad oggetto la demolizione del vano accessorio costruito in aderenza al fabbricato autorizzato.

Anche qui i vizi dedotti fanno leva, sia sull’invalidità derivata, che sull’eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà.

Si è costituito con controricorso l’intimato comune, controdeducendo alle censure avversarie e sollevando anche un’eccezione di parziale irricevibilità e/o di improcedibilità del ricorso introduttivo.

Alla Camera di Consiglio fissata per l’esame della domanda cautelare, proposta contestualmente ai secondi motivi aggiunti, il patrocinio ricorrente ha rinunciato alla sospensiva, dando atto dell’esistenza di "trattative" in corso con l’Autorità comunale.

In data 7.02.2011 la difesa resistente ha depositato memoria in vista dell’udienza pubblica, a cui ha replicato, in data 17.02.2011, la difesa di parte ricorrente.

Alla pubblica udienza del 10.03.2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

Preliminarmente, in virtù del rinvio espresso operato dall’art. 76, co. 4, c.p.a. all’art. 276, co. 2, c.p.c., il Collegio si deve soffermare sulle eccezioni di irricevibilità e/o di improcedibilità del ricorso introduttivo, sollevate da parte resistente rispetto a quella parte del ricorso che è rivolta contro l’ordinanza di demolizione del 21.12.2006, notificata il successivo 27.12.2006.

Essendo entrambe le predette eccezioni fondate, il Collegio ritiene opportuno e sufficiente lo scrutinio della questione di ricevibilità, data la sua priorità di ordine logico rispetto alla questione di improcedibilità (benché, in verità, tale ordine sembrerebbe essere stato attenuato nel codice del processo amministrativo che, pur menzionando per prima, tra le pronunce di rito, quella di improcedibilità, ex art. 35, co.1, lett.a, tuttavia, ammette la definizione tendenzialmente fuori udienza e con decreto monocratico delle sole questioni di improcedibilità e di estinzione, ai sensi dell’art. 85, co. 1 c.p.a., evidentemente per ragioni di economia processuale, mentre non consente l’utilizzo del medesimo strumento per le questioni di irricevibilità e inammissibilità, pur ascritte al novero delle pronunce di rito ma ritenute, con altrettanta evidenza, più complesse).

L’eccezione è fondata, atteso che, mentre l’ordinanza n.17/2006 risulta notificata all’interessato il 27.12.2006, il ricorso è stato notificato il 10.07.2007 e, quindi, ben oltre il termine di decadenza di sessanta giorni, previsto dall’art. 29 del c.p.a. per l’azione di annullamento.

Quanto all’impugnazione del silenziorigetto sull’istanza di permesso di costruire in sanatoria presentata in data 21 luglio 2006, ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380 del 2001, riguardante il vano attiguo all’autorimessa, giova notare come al tacito rigetto sia subentrato il provvedimento esplicito di diniego n. 23 datato 07.07.2007 (notificato il 10.07.2007), contro cui sono stati proposti i primi motivi aggiunti in epigrafe specificati.

In tali evenienze, si deve ritenere che nessuna utilità può derivare al ricorrente dall’accoglimento del ricorso introduttivo, atteso che, con il diniego espresso, il precedente rigetto tacito, formatosi a seguito del decorso del termine di sessanta giorni previsto dall’art. 36 del citato d.P.R., deve reputarsi superato, con la conseguenza che l’unico atto lesivo della sfera giuridica dell’interessato resta il provvedimento espresso.

Anche a seguito del formarsi del silenziorigetto sulla domanda di accertamento di conformità, infatti, l’amministrazione conserva il potere di provvedere in via esplicita in ordine alla conformità delle opere e, in ipotesi di rigetto dell’istanza medesima, l’atto conclusivo – in quanto assunto a seguito di istruttoria e dotato di apposita motivazione – non può intendersi come meramente confermativo del diniego formatosi in via tacita.

Ne consegue che, per la parte in cui è rivolto avverso il predetto silenziorigetto, il ricorso introduttivo si appalesa improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse alla decisione.

Per quanto precede, quindi, il ricorso introduttivo risulta in parte irricevibile e per il resto improcedibile.

Quanto ai primi motivi aggiunti, con cui l’esponente deduce sia vizi da invalidità derivata, derivante da quella affliggente il silenziorigetto, che vizi autonomi, il Collegio osserva:

– sotto il primo profilo, va chiarito come non possa affatto configurarsi la fattispecie dell’invalidità derivata fra il silenziorigetto perfezionatosi ai sensi dell’art. 36 cit. e il provvedimento sopravvenuto di diniego esplicito assunto al riguardo dall’amministrazione, mancando tra i predetti atti quel nesso di presupposizione – consequenzialità necessario per affermare che i vizi dell’atto presupposto possono ripercuotersi sull’atto presupponente.

In verità, il provvedimento esplicito, lungi dal promanare da quello tacito, si sostituisce ad esso, integrando una diversa modalità di perfezionamento del procedimento avviato con la medesima istanza di rilascio del titolo in sanatoria.

Risulta, pertanto, infondato il motivo che fa leva sulla invalidità derivata.

Passando ad esaminare i restanti motivi del ricorso introduttivo, richiamati in toto nei primi motivi aggiunti, con essi l’esponente deduce, essenzialmente, l’illegittimità del diniego per eccesso di potere (per travisamento dei presupposti) e per violazione degli artt. 36 e 3 del d.P.R. n. 380/2001. Ciò, in quanto la P.A. non avrebbe considerato che il vano abusivo sarebbe collocato al di sotto del manufatto a cui accede e, quindi, sarebbe anch’esso interrato rispetto al piano campagna; detto vano accessorio, poi, sarebbe stato realizzato per ragioni di sicurezza (onde creare una seconda via di uscita dall’autorimessa), nonché, per l’installazione di un impianto tecnologico per il riscaldamento dell’autorimessa medesima, in conformità delle prescrizioni di cui al d.M. 1 febbraio 1986. Si tratterebbe, quindi, di un locale tecnico che, per sua stessa natura, non potrebbe essere considerato come volume ai fini dell’accertamento di conformità.

Sul punto, la difesa comunale, richiamando la disciplina posta dalle N.T.A. del P.R.G. vigente, sia a proposito degli indici urbanistici ed edilizi (cfr. l’art. 26, per la definizione dell’altezza degli edifici, che fa riferimento a: "la misura tra la quota del marciapiede o della strada o del piano di campagna naturale e la quota più alta dell’intradosso del solaio di copertura dell’ultimo piano abitabile o del bordo superiore della gronda o dell’extradosso del solaio di copertura negli edifici a terrazzo. Per piano di campagna naturale s’intende quello preesistente alla data del 28.01.1977, senza tenere conto delle modifiche apportate successivamente"), che a proposito delle costruzioni interrate (cfr. l’art. 31.1, che consente la realizzazione delle costruzioni interrate, completamente al di sotto del terreno naturale, in tutte le zone omogenee, ad esclusione delle zone G1 e G2 e, in particolare, "se all’esterno della superficie coperta degli edifici, purché al di sotto della quota naturale del terreno"), chiarisce come le costruzioni interrate ammissibili sarebbero soltanto quelle poste completamente al di sotto del terreno naturale preesistente alla data del 28.01.1977, mentre tale non sarebbe quella realizzata dal ricorrente. Quanto poi al d.M. 01.02.1986, recante la normativa di sicurezza antincendio per la costruzione e l’esercizio delle autorimesse e simili, la stessa non escluderebbe affatto soluzioni alternative per il riscaldamento delle autorimesse, ubicate in loco e compatibili con la presenza di autovetture alimentate a benzina (cfr. art. 4 d.M. cit., secondo cui: "Il riscaldamento delle autorimesse può essere realizzato con: radiatori o aerotermi alimentati ad acqua calda, surriscaldata o vapore;…"). Analogamente inconferenti sarebbero, per la resistente amministrazione, le ragioni addotte dal ricorrente per annettere carattere di locale tecnico al vano in questione, onde escluderne la qualificazione in termini di volume, atteso che, nel caso di specie, difetterebbe la compresenza dei tre requisiti richiesti per la configurabilità del volume tecnico, con particolare riguardo a quello rappresentato dalla impossibilità di soluzioni progettuali diverse. In tal senso, precisa l’ente resistente come, l’individuazione della soluzione progettuale praticabile fosse a carico del ricorrente, e non dell’amministrazione, e fosse agevolmente desumibile proprio dalla surichiamata normativa.

Inconferente sarebbe, infine, il richiamo all’art. 6 del d.M. 121986 cit., atteso che, lo stesso non escluderebbe affatto, come pretenderebbe il ricorrente, la necessità della verifica di conformità alle prescrizioni in tema di antincendio per le autorimesse aventi capacità di parcamento inferiore ai cinquanta veicoli.

Il motivo è infondato.

Il Collegio non può che convenire con la difesa comunale, nel senso della infondatezza delle suesposte censure, atteso che, dal verbale del sopralluogo del 3.10.2006 e dalla documentazione fotografica agli atti (cfr. all. c del cit. verbale e doc. n. 10 di parte resistente) appare evidente come il vano accessorio in contestazione sia in gran parte al di fuori del piano campagna, ovvero, della quota naturale del terreno su cui sorge la costruzione e, quindi, non sia conforme alla disciplina urbanistica comunale poco sopra richiamata.

Né si può dire che il vano in esame presenti le caratteristiche del "volume tecnico", come definite da questa stessa Sezione in precedenti occasioni (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II^, 25 marzo 2008 n. 582, id. 5 dicembre 2008 n. 5731), non essendo stata dimostrata, né essendo emersa dagli atti di causa, l’impossibilità di soluzioni progettuali diverse e alternative, tale da rendere inevitabile la creazione di tale volume.

Analogamente inconferente si presenta la censura che fa leva sulla normativa antincendio, anche in considerazione della idoneità della motivazione che fa leva sulle difformità urbanistiche a sorreggere il qui contestato provvedimento di diniego (cfr., ex plurimis, T.A.R. Campania Napoli, sez. III, 12 aprile 2010, n. 1923, secondo cui: "Qualora un provvedimento amministrativo sia sorretto, come nel caso di specie, da una pluralità di motivazioni, in base al principio di resistenza, la validità anche di una soltanto delle argomentazioni autonomamente poste a base del provvedimento medesimo è sufficiente di per sé a sorreggerne il contenuto, con la conseguenza che il venir meno di un’altra motivazione non può provocare l’annullamento del provvedimento impugnato"; analogamente: T.A.R. Lombardia Milano, sez. IV, 22 settembre 2009, n. 4700).

Né si può, poi, condividere l’impostazione ricorrente, laddove sembra imporre all’amministrazione l’onere di individuare in concreto le soluzioni progettuali alternative, atteso che, per contro, incombe al richiedente il titolo edilizio in sanatoria dimostrare che ricorrono tutti i presupposti per il rilascio del permesso richiesto, ivi inclusi quelli che denotano la presenza di un "volume tecnico" e, quindi, la non praticabilità di soluzioni progettuali differenti, quali quella di cui al cit. art. 4 del d.M. 01.02.1986.

I primi motivi aggiunti devono, pertanto, essere respinti.

Esaminando, quindi, i secondi motivi aggiunti, proposti avverso l’ordinanza di demolizione del 9.11.2007 e con cui si deduce, da un lato, il vizio di illegittimità derivata promanante dal diniego di sanatoria del 7.07.2007 e, dall’altro, l’autonomo vizio di eccesso di potere per irragionevolezza e contraddittorietà, per avere il Comune dato corso al procedimento preordinato alla demolizione senza attendere l’esito dell’odierno giudizio, il Collegio osserva quanto segue.

Non essendo emersi profili di illegittimità del provvedimento impugnato con i primi motivi aggiunti poc’anzi scrutinati, il motivo che fa leva sull’invalidità derivata si appalesa inevitabilmente infondato.

Analoga sorte spetta, tuttavia, alla restante censura di eccesso di potere, atteso che nessuna irragionevolezza affligge l’operato comunale, per il solo fatto di avere la P.A. esercitato la doverosa attività di vigilanza sull’attività urbanisticoedilizia che per legge le compete, ai sensi degli artt. 27 e ss. d.P.R. n. 380/2001, attraverso l’adozione dell’ordinanza di demolizione qui contestata.

Del resto, come correttamente rilevato dalla difesa comunale, è rimessa all’iniziativa della parte ricorrente la decisione di richiedere, ove si alleghi "di subire un pregiudizio grave e irreparabile durante il tempo necessario a giungere alla decisione del ricorso", l’apposito rimedio delle misure cautelari (cfr. artt. 55 e ss. c.p.a.), volte ad ottenere – all’occorrenza – la sospensione degli effetti dell’atto impugnato e, con essa, l’inibitoria dell’ulteriore attività consequenziale da parte della P.A.

Nulla di tutto ciò risulta accaduto nel caso di specie, sicché correttamente l’amministrazione ha dato seguito alla risposta sanzionatoria una volta riscontrata l’abusività dell’opera.

Né sussiste, infine, la lamentata contraddittorietà dell’ordinanza impugnata a causa del presunto riconoscimento, da parte comunale, della funzione servente del vano accessorio qui in contestazione, atteso che, in disparte la genericità della censura (poiché non si spiega in che termini vi sarebbe stato detto riconoscimento da parte della P.A.), la stessa si rivela, comunque, inconferente, posto che la predetta funzione servente rappresenta solo uno dei requisiti richiesti per la configurabilità del volume tecnico, neppure coincidente con quello individuato come mancante nel caso di specie.

Per le considerazioni che precedono, anche i secondi motivi aggiunti devono essere respinti, in quanto infondati.

In conclusione, quindi, il Tribunale così statuisce sul ricorso e i motivi aggiunti in epigrafe specificati:

– dichiara in parte irricevibile e per il resto improcedibile il ricorso introduttivo;

– respinge entrambi i motivi aggiunti.

Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, così statuisce:

– dichiara in parte irricevibile e per il resto improcedibile il ricorso introduttivo;

– respinge entrambi i motivi aggiunti.

Pone le spese, i diritti e gli onorari di lite a carico del ricorrente e a favore del Comune di Gordona, liquidandoli in complessivi euro 4.000,00.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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