Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 11-03-2011) 01-06-2011, n. 22216 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Napoli, Sezione riesame, con ordinanza in data 11 ottobre 2010 confermava l’ordinanza emessa dal G.i.p. presso il Tribunale di Napoli in data 20 settembre 2010. Si procede nei confronti di S.C., G.V. e P. M., ed altri indagati, in ordine ai delitti di peculato, detenzione a fine di spaccio di sostanze stupefacenti e falsità ideologica in atto pubblico. I fatti in addebito che vengono in rilievo sono articolati in due distinti gruppi di imputazioni: le ipotesi di cui alle lett. A), concernenti, in assunto accusatorio, le condotte criminose perpetrate da ufficiali ed agenti in servizio presso il Commissariato di PS di Napoli Secondigliano, in relazione all’arresto di L.A. e A.G.; e le ipotesi di cui alle lett. B), perpetrate da ufficiali ed agenti di PG in relazione all’arresto di Le.Pa. ed alla dichiarazione di irreperibilità di C.L..

Il Tribunale del riesame rilevava che la convergenza dei falsi ideologici, posti in essere subito dopo le attività di perquisizione e sequestro, così da offrire una rappresentazione alterata delle realtà, confermava che tutti i pubblici ufficiali avevano agito con concordanza di fini e di metodi. Con riguardo alle esigenze di cautela, il tribunale evidenziava l’inidoneità di ogni diversa misura ad assicurare le esigenze di prevenzione speciale e di inquinamento probatorio, considerando che in casi di tal fatta, ove concorrono esigenze specialpreventive, non è necessaria la fissazione di un termine di durata ai sensi dell’art. 292 cod. proc. pen..

2. Avverso la richiamata ordinanza del Tribunale di Napoli hanno proposto ricorso per cassazione S.C., G. V. e P.M., a mezzo del difensore, deducendo l’illogicità della motivazione posta a fondamento del provvedimento gravato.

Gli esponenti assumono che il Tribunale abbia ignorato gli argomenti difensivi svolti in sede di riesame. Con specifico riferimento al peculato di cui al capo A) e dei connessi falsi Ideologici, i ricorrenti osservano che la determinazione della somma di denaro di cui gli indagati si sarebbero impossessati è in contrasto con le risultanze indiziarie. Richiamano al riguardo il contenuto dei colloqui captati all’interno del carcere e ritengono che la corretta interpretazione delle dichiarazioni rese dal detenuto porti a ritenere che la Polizia non avesse altrimenti rinvenuto la somma di 5.000 Euro, pure presente in casa. I ricorrenti ritengono che le dichiarazioni rese dal dirigente del Commissariato di Secondigliano, in ordine al colloquio intercorso con S., conversazione nell’ambito della quale il medesimo S. prospettava la possibilità di non arrestare A.G. e di restituirle 1.000 Euro, per consentirle di provvedere alle primarie esigenze di vita, evidenzino che i poliziotti non sottrassero 1.000 Euro dal portafogli della A.. Sotto altro aspetto, i ricorrenti contestano la genuinità delle dichiarazioni rese dal D.L., circa l’impossessamento da parte dei poliziotti di un panetto di cocaina del peso di gr. 500; e ritengono che il quarto pacco di droga al quale si riferisce D.L. sia in realtà quello occultato sul tetto e non rinvenuto dagli agenti. Ed osservano che anche D.L. sospettava di essere intercettato.

Con riferimento ai capi B), B1), B2), B3), gli esponenti assumono che la L. non sia attendibile quando riferisce di avere detenuto otto involucri contenenti droga; e rilevano che la posizione processuale delle dichiarante imponeva una specifica valutazione della sua attendibilità. Con riguardo alle indicazioni fornite dalla donna circa la somma di denaro detenuta, i ricorrenti ritengono che le somme di denaro presenti nella abitazione fossero tutte provento di attività illecita; e richiamano al riguardo la conversazione intercorsa tra l’ispettore M. ed il confidente R. P.. I ricorrenti evidenziano, in particolare, che la L. non dice il vero quando indica P. come colui che vide la droga all’interno della lavatrice e quando riconosce il S. nella foto n. 9, atteso che il predetto risultava assente dal servizio nei giorni 1 e 2 marzo, per malattia; e ritengono che il Tribunale non abbia motivato in ordine a tale prospettazione difensiva.

Infine gli esponenti deducono la manifesta illogicità della motivazione, laddove il Tribunale ha ritenuto la responsabilità concorsale dei singoli indagati, nell’ambito delle condotte delittuose; e ritengono che il Collegio abbia omesso di valutare gli elementi indiziari indicati dalla difesa.

I ricorrenti hanno proposto motivi aggiunti. Assumono che il Tribunale abbia omesso di considerare che anche D.L. sospettava di essere intercettato; e ritengono che la L. abbia dichiarato che le confezioni di droga detenute presso la propria abitazione erano sette complessivamente e non otto.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato, per le ragioni di seguito esposte.

Le argomentazioni svolte dal Tribunale di Napoli si palesano del tutto logiche e corrette. In relazione alle censure mosse dai ricorrenti in ordine al compiuto apprezzamento della gravità indiziaria va premesso, per quanto riguarda i limiti di sindacabilità in questa sede dei provvedimenti "de libertate", che, secondo giurisprudenza consolidata, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, nè di rivalutazione delle condizioni dell’indagato in relazione alle esigenze cautelari ed alla adeguatezza della misura restrittiva, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo del giudice che la ha applicata e del Tribunale del Riesame. Il controllo di legittimità è, quindi, circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, la assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (Cass. Sez. 4^ 25/5/95, n. 2146, Rv. 201840). La insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 cod. proc. pen. è, pertanto, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato. Il controllo di legittimità, in particolare, non riguarda nè la ricostruzione dei fatti, nè l’apprezzamento del giudice di merito circa la attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, per cui non sono consentite le censure, che pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Cass. 23/3/95, n. 1769, Rv. 201177), sicchè, ove venga denunciato il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, è demandata al giudice di merito la valutazione del peso probatorio degli stessi, mentre alla Corte di Cassazione spetta solo il compito di verificare se il detto decidente abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che lo hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Cass. 3/5/07, n. 22500, Rv. 237012; si veda anche Cass. Sez. Un. 1/8/95, n. 11, Rv. 202001).

4. Ciò premesso, va detto che l’esistenza della condizione di cui all’art. 273 cod. proc. pen. è stata verificata dal Tribunale del riesame di Napoli con adeguato apparato argomentativo, immune da vizi sindacabili in questa sede, apparato che è stato fatto oggetto nei motivi di gravame di critiche attinenti al merito. Soffermandosi sulle censure che attingono la motivazione del provvedimento gravato in relazione ai fatti di cui al capo A) della rubrica, si osserva che il Tribunale ha riferito che il pubblico ministero procedente, a seguito dell’arresto in flagranza di tali D.L.A. e A.G., aveva disposto con decreto di urgenza, poi convalidato dal G.i.p., la captazione dei colloqui in carcere effettuati dal D.L. ed anche operazioni di intercettazione telefonica relative ad utenze riferibili a soggetti rientranti nel nucleo familiare del medesimo D.L.; e che le operazioni di intercettazione ambientale erano state delegate al Commissariato PS di Secondigliano, mentre per quelle di intercettazione telefonica erano stati delegati i Carabinieri. Il Tribunale ha considerato che il Commissariato aveva trasmesso le trascrizioni dei colloqui in forma riassuntiva e non integrale; e che il pubblico ministero procedente aveva, così, deciso di conferire ad un consulente tecnico lo specifico incarico di procedere alla trascrizione integrale dei colloqui. Il Collegio ha, quindi, rilevato: che dalla trascrizione integrale dei colloqui emergevano gravi indizi di reità a carico dei poliziotti, in relazione all’impossessamento di somme di denaro e di sostanza stupefacente, compendio delle operazioni di sequestro; e che la comparazione tra il testo inviato originariamente dal Commissariato di Secondigliano e la trascrizione effettuata dal consulente tecnico, evidenziava che in numerosi passaggi erano state del tutto omesse frasi di sicuro rilievo investigativo, siccome indicate con la dicitura "incomprensibili" ovvero "non inerente".

Il Tribunale ha evidenziato che ulteriori elementi indiziari erano emersi dalle operazioni di intercettazione telefoniche ed ambientali di poi effettuate, rispettivamente, sulle utenze in uso ai poliziotti del predetto Commissariato ed all’interno dell’auto di servizio, tanto da potersi affermare che la vicenda, sopra richiamata, originata dall’arresto del D.L., rappresentava solo uno degli episodi di sottrazione di denaro e droga perpetrati dagli appartenenti alla Squadra di polizia giudiziaria del Commissariato di Secondigliano, nel corso di operazioni di istituto.

Con specifico riguardo ai fatti di cui al capo A), il Tribunale ha rilevato che presso l’abitazione del D.L. risultavano sequestrati tre panetti di cocaina, aventi un peso complessivo di gr.

2.421,500; e che dalle effettuate intercettazioni ambientali era emerso che il D.L., parlando con un sodale dell’accaduto, aveva riferito che uno dei poliziotti aveva preso un "giubbino", così che ne erano rimasti "solo tre". Oltre a ciò, il Collegio ha considerato che nel corso di un successivo colloquio, D.L. aveva detto espressamente: che nel verbale era stato indicato il peso pari a due chili e mezzo, mentre la cocaina detenuta dal D.L. era pari a tre chili; e che il poliziotto, nel momento in cui l’indagato doveva apporre la propria firma sul verbale di sequestro, aveva sbattuto le mani sul tavolo, dicendo all’uomo che il contenuto del verbale non poteva essere contestato. Il Collegio ha sottolineato che il prevenuto, nel corso del riferito colloquio, si era anche doluto del fatto che nel verbale di sequestro era stata indicata una somma di denaro pari ad Euro 6.000, mentre D.L. e la convivente custodivano la somma complessiva di Euro 10.000, presso la abitazione.

Sulla scorta di tali conferenti ed analitici rilievi il Tribunale ha ritenuto che i panetti di droga prelevati in data 21.10.2009 presso la abitazione del D.L. fossero in realtà quattro. Il Tribunale ha osservato che dolosamente gli operanti avevano indicato nel verbale il rinvenimento di solo tre panetti di cocaina, in modo da non far risultare l’avvenuta sottrazione di circa 500 grammi di sostanza stupefacente; e che i verbalizzanti avevano pure indicato somme di denaro inferiori a quelle realmente rinvenute nella casa, impossessandosi della differenza, pari a circa Euro 4.000.

Il Tribunale, procedendo al vaglio critico delle predette evenienze, ha in particolare considerato che doveva escludersi un concerto calunnioso, ordito da D.L.A. in danno dei verbalizzanti;

ciò in quanto D.L. aveva riferito non solo circostanze a carico dei poliziotti ma anche inediti elementi indiziari a carico dei propri familiari, i quali risultavano a loro volta coinvolti nella perpetrazione di reati in materia di stupefacenti. La genuinità delle dichiarazioni di d.L.A. è stata pure evidenziata sulla base del fatto che il dichiarante non sospettava, nel momento in cui riferiva le richiamate circostanze, che fosse in corso una attività di captazione delle conversazioni all’interno del carcere. Preme sul punto evidenziare che il Tribunale del riesame ha evidenziato, a conferma della genuinità delle riferite dichiarazioni, che D.L., nel corso di successivi colloqui con il fratello, aveva concordato la versione da riferire a terze persone interessate a sapere quanta droga e quanto denaro erano "andati persi" a causa della perquisizione e che in tale occasione la somma di cui i poliziotti si erano impossessati era stata maggiorata, al fine di fare apparire ai complici che l’ammanco era maggiore del reale. Il Collegio ha osservato che nel corso di un successivo colloquio con A.G., il D.L. aveva specificato che un ulteriore quantitativo di droga, occultato sul tetto della abitazione, non era stato rinvenuto dai poliziotti, così aggravando la propria posizione processuale. Inoltre, il Tribunale ha rilevato:

che D.L., nell’occasione, aveva manifestato preoccupazione per il fatto che i poliziotti potessero effettuare ulteriori perquisizioni, anche presso la abitazione dei genitori, tanto da raccomandare alla madre di fare attenzione, per evitare che "i poliziotti rubino"; che in un ulteriore colloquio D.L. aveva riferito che i poliziotti si erano impossessati del denaro custodito dalla A. nel borsellino, precisando che un porta-soldi in oro ed un vaglia, che erano parimenti nella disponibilità della donna, erano stati restituiti; e che D.L. aveva pure invitato la A. a denunciare i poliziotti per l’accaduto.

Il Tribunale ha quindi evidenziato che, nel caso di specie, attesa la piena genuinità delle dichiarazioni, era elevatissima la valenza indiziaria da assegnare ai risultati delle effettuate operazioni di intercettazione telefonica ed ambientale; e ciò in relazione ai dati indiziari che attingevano sia gli stessi colloquianti, sia terzi soggetti. Il Collegio ha, inoltre, osservato che le dichiarazioni captate trovavano oggettivo riscontro nella attività posta in essere dai verbalizzanti, che avevano effettuato ripetute perquisizioni presso l’abitazione del D.L., al fine di reperire l’ulteriore aliquota di sostanza stupefacente, di cui aveva effettivamente parlato il detenuto con i parenti e sodali.

Specifiche considerazioni ha svolto il Tribunale del riesame in relazione alle conversazioni intercettate all’interno della autovettura di servizio in uso al personale della squadra di polizia giudiziaria del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Secondigliano.

Il Collegio ha rilevato che il tenore delle conversazioni intercettate rendeva evidente che i colloquianti avevano la consapevolezza di essere intercettati, di talchè le relative conversazioni apparivano finalizzate a scopo di inquinamento probatorio. Al riguardo, il Tribunale ha richiamato la conversazione intercorsa tra G. e F. in data 15.3.2010, ove i due colloquianti si soffermano sul rapporto tra poliziotti e fonti confidenziali e quindi fanno riferimento all’arresto del D.L. e della convivente.

Il Tribunale ha rilevato, poi, che la trascrizione effettuata dai poliziotti delle conversazioni intercettate, ove in numerosi passaggi erano state omesse frasi di sicuro rilievo investigativo, siccome indicate con la dicitura "incomprensibili" ovvero "non inerente", integrava certamente il delitto di falso ideologico in atto pubblico, atteso che le annotazioni di polizia giudiziaria rientrano nel novero degli atti pubblici fidefacenti; ed ha considerato che le false attestazioni non erano frutto di leggerezza ovvero di negligenza, tenuto conto della reiterazione delle omissioni e della piena intelligibilità del contenuto delle conversazioni registrate e non trascritte.

Le considerazioni sin qui svolte evidenziano l’infondatezza del motivo di censura con il quale i ricorrenti assumono che il Tribunale abbia omesso di verificare la genuinità delle conversazioni tra presenti oggetto di captazione, questione sviluppata specificamente nei motivi aggiunti. Ed è appena il caso di considerare che le argomentazioni svolte dai deducenti, sulla base di quanto riferito dal dirigente del Commissariato di Secondigliano, in ordine alla possibilità di non procedere all’arresto di A.G., risultano in termini prive di conferenza, atteso che la scelta se arrestare o meno la donna non impinge la diversa questione della corrispondenza tra le somme indicate a verbale e quelle realmente sequestrate.

5. Venendo ora a soffermarsi sulle censure che concernono la motivazione del provvedimento impugnato, con riguardo ai fatti di cui ai capo B), si osserva che il G.i.p. procedente, con provvedimento in data 15.11.2010, ha disposto la revoca della misura cautelare nei confronti del S., in relazione ai fatti ora richiamati; e che, a fronte della intervenuta revoca della misura, la parte ha precisato di avere comunque interesse a coltivare il ricorso, in previsione di una istanza di riparazione per ingiusta detenzione.

Il Tribunale del riesame ha analizzato il compendio Indiziario, in riferimento ai capi di imputazione B), B1), B2), B3), rilevando che, anche nel caso dell’arresto di L.P. e della denuncia in stato di irreperibilità di C.L. – operazione effettuata a seguito di informazioni ottenute da un confidente – i poliziotti del Commissariato di Secondigliano M., G., F., Mo., P., La. e Pe., si erano impossessati di droga e denaro, riportando nei relativi verbali di perquisizione e sequestro quantitativi inferiori a quelli, in realtà, rinvenuti nel corso della perquisizione. Il Collegio ha osservato che, nel caso, il quadro indiziario si compone, oltre che del contenuto delle effettuate intercettazioni, delle dichiarazioni rese dagli stessi arrestati, interrogati in qualità di indagati in procedimento connesso. Ed ha considerato che la L., il giorno successivo all’arresto, escussa dal pubblico ministero ed assistita dal difensore, oltre ad ammettere i fatti ascritti a lei ed al marito, ebbe a dichiarare di avere sottoscritto un verbale di perquisizione ove era riportata una somma di denaro inferiore a quella effettivamente rinvenuta. Il Tribunale ha riferito che successivamente la donna ebbe a precisare che presso la propria abitazione si trovava in realtà un quantitativo di droga superiore a quello riportato nel verbale di sequestro; e che la dichiarante aveva effettuato ricognizioni fotografiche dei diversi poliziotti che avevano partecipato alla operazione, indicando per ogni poliziotto che veniva riconosciuto, lo specifico comportamento assunto nel corso della perquisizione. Il Tribunale ha rilevato che la illecita appropriazione di una dose di stupefacente e della somma di denaro, ad opera dei poliziotti intervenuti, era stata confermata dal figlio della donna, C.A.; e che nel corso dei colloqui in carcere, oggetto di captazione, C.L. aveva riferito al figlio A. che intendeva ottenere dai poliziotti la restituzione del denaro illecitamente sottratto.

Si osserva che le valutazioni effettuate dal Tribunale del riesame, in ordine alla sussistenza di gravi indizi di reità anche a carico di S.C. rispetto agli episodi di cui al capo B) e seguenti, risultano immuni dalle dedotte censure. Ed invero, la riconsiderazione della gravità indiziaria, in relazione alla posizione del S., effettuata dal G.i.p. nel provvedimento del 15.11.2010 – argomento sul quale insistono i deducenti – consegue all’acquisizione dell’inedito elemento di fatto, consistente nella localizzazione, sulla base dei tabulati telefonici, del telefonino in uso all’indagato, nel giorno in cui gli agenti procedettero all’arresto della L.. E’ emerso, infatti, sulla base dei tabulati telefonici, che il prevenuto si trovava in luogo distante da quello ove si svolse l’operazione di polizia giudiziaria che interessa. Orbene, come si vede la rivalutazione del quadro indiziario effettuata dal G.i.p. in ordine ai fatti di cui al capo B), consegue all’accertamento di fatti nuovi, non acquisiti al fascicolo investigativo, nel momento in cui il Tribunale del Riesame censiva la posizione del S.; il ricorso merita pertanto rigetto, anche in relazione al vizio di motivazione in ordine alla posizione del S., atteso che la valutazione effettuata dal Collegio, tenuto conto delle evenienze investigative disponibili, risulta logicamente conferente e perciò immune dalle dedotte censure. Il Tribunale ha, invero, sottolineato che la L. aveva indicato come presente alla operazione anche il soggetto ritratto nella foto n. 9, S.C., poliziotto che alla data del fatto era già stato destinato ad altre funzioni; e ha considerato che proprio per tale ragione S. non aveva apposto la propria firma in calce al verbale di arresto. Sul punto il Collegio ha considerato che le logiche di appartenenza al gruppo dei pubblici ufficiali dediti ad operazioni illecite non trovava ostacolo neppure nelle formali disposizioni organizzative; e che i predetti elementi indiziari inducevano a ritenere che S. avesse partecipato al predetto episodio, benchè fosse già stato destinato ad altre mansioni. Il Tribunale ha pure evidenziato che la donna risultava credibile, avendo specificato le modalità della condotta posta in essere dai poliziotti ritratti nelle foto nn. 3, 6 e 9, ossia F., Pe. e S.; e che doveva escludersi che la L. potesse essersi confusa, sulla partecipazione del S. alla operazione, avendo avuto con il predetto un contatto prolungato durante il tragitto in auto. Infine, si osserva che parimenti destituite di fondamento risultano le censure dedotte dagli esponenti nel secondo motivo aggiunto, con riferimento al quantitativo di droga detenuto realmente dalla donna presso la propria abitazione. Al riguardo, null’altro che osservare che la L. ha riferito che le confezioni dello stupefacente, da lei stessa predisposte, erano complessivamente otto. In particolare, la dichiarante ha precisato:

che sette confezioni contenevano grammi 0,65 di sostanza stupefacente del tipo cocaina ciascuna; e che una ulteriore confezione – l’ottava – conteneva oltre un grammo di sostanza stupefacente del tipo cocaina.

Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Viene disposta la trasmissione di copia del presente provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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