Cass. pen., sez. VI 15-10-2008 (07-10-2008), n. 38865 Reato permanente – Scadenza del termine

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Catania confermava la custodia cautelare in carcere disposta a carico di S.A., S.M., R.F. detto F., M.C. e M.A.M., indagati del reato di associazione per delinquere di stampo mafioso, in relazione al clan Santapaola – Ercolano affiliato a "Cosa Nostra".
2. Ricorrono i predetti indagati i quali ripropongono in questa Sede la questione dell’inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali che riguardano ciascuno di loro, specificamente indicate nei singoli ricorsi.
Tale inutilizzabilità discenderebbe in primo luogo dalla violazione dell’art. 268 c.p.p., comma 3, in quanto il P.M., nel disporre l’esecuzione delle intercettazioni non presso la Procura ma presso una sala appositamente predisposta ubicata all’interno della casa circondariale di Catania – Bicocca, non avrebbe motivato sull’insufficienza o inidoneità degli impianti della Procura, valendosi di prestampati sui quali non è stato nemmeno sbarrato l’ipotesi che nel caso concreto non ricorreva.
Nè sarebbero state motivate le eccezionali ragioni di urgenza, le quali sono state spiegate (non dal p.m., ma dal GIP) a posteriori, nella formulazione della misura cautelare.
A loro volta (e a monte) i decreti autorizzativi del GIP si basano su motivazione apparente, richiamando acriticamente le note di p.g. e le richieste del p.m..
Inoltre sono state effettuate video riprese delle conversazioni che non sono state autorizzate dal GIP, perchè una simile autorizzazione non è stata mai richiesta da parte del p.m.;
3. S.M., in particolare, aggiunge che gli elementi probatori a suo carico sono stati acquisiti dopo la scadenza temporale del termine per condurre le indagini.
M.A.M. ribadisce i motivi di inutilizzabilità sopra ricordati per il decreto di urgenza del p.m. 27 maggio 2003, relativamente al requisito di inidoneità o insufficienza degli impianti.
Viene poi segnalato, da S.A. e da M.C., che alcuni decreti non erano stati trasmessi dal p.m. nè al GIP nè al Tribunale del riesame.
4. A sua Volta R.F. assume non sussistere elementi di gravità indiziaria a suo carico non apparendo egli menzionato nelle ed carte degli stipendi, non essendo presente in nessuna conversazione con S.A. e in genere non partecipando a nessuna delle conversazioni poste a suo carico, conversazioni peraltro di difficile comprensione (e per la confusione dell’ambiente e per l’uso del dialetto) e possibile oggetto di diverse interpretazione. In tal modo non potrebbe annettersi un valore conclusivo (nemmeno a livello indiziario) al fatto che S. A. in un solo colloquio con un terzo manifesti l’intenzione di destinare una somma al R., mentre le dichiarazioni del L. P. e del M. sarebbero inutilizzabili e comunque riguardanti fatti anteriori alla contestazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I ricorsi non hanno fondamento.
Muovendo dalle doglianze comuni riguardanti le intercettazioni ambientali in carcere, va detto che il GIP, nell’atto di concedere l’autorizzazione, ben poteva richiamare le richieste del p.m. e con esse le note della p.g., i cui contenuti mostrava di condividere.
A sua volta il p.m., col disporre l’esecuzione delle operazioni fuori dagli ambienti della Procura anche attraverso video riprese (ammesse perchè, avvenendo nella sala colloqui, riguardavano luoghi non di privato domicilio) mostrava, perciò solo, l’inidoneità delle attrezzature in dotazione nel suo ufficio. A sua volta, l’eccezionale urgenza dell’operazione derivava dalla circostanza che il reato associativo era in atto e che si trattava di reprimere l’organizzazione criminale.
2. In ordine alla doglianze specifiche, il fatto che il reato fosse permanente autorizzava l’esecuzioni di indagini per tutta la durata del crimine, con infondatezza dunque della doglianza di S. M..
La censura di mancata trasmissione di alcuni decreti al GIP è poi generica perchè, come gli stessi ricorrenti S.A. e M.C. ammettono, la sanzione processuale a ciò connessa è quella della temporanea inutilizzabilità delle conversazioni intercettate. Ma nei ricorsi non si dice se queste conversazioni siano state tenute presenti e quale incidenza abbiano nell’economia complessiva della misura adottata.
3. Di merito è infine la specifica censura avanzato da R. F., dato che in questa Sede non può avanzarsi questione in ordine all’interpretazione del senso delle conversazioni intercettate e che il percepire uno stipendio da parte del sodalizio criminale, nonostante l’avvenuta carcerazione, (questo è appunto il senso ricavato dall’interpretazione del dialogo) è indice ragionevole di partecipazione attuale all’organizzazione mafiosa.
4. Alla reiezione dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
LA CORTE DI CASSAZIONE Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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