Cass. pen., sez. II 09-10-2008 (01-10-2008), n. 38498 Nozione.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 16.9.2005, il Tribunale di Milano dichiarò F. F. responsabile del reato di cui all’art. 646 c.p., art. 61 c.p., n. 11 per essersi appropriato premi assicurativi per gli importi di Euro 28.076,21 e di Dollari U.S.A. 20.651,68 in danno della SEAR S.p.A. e – concesse le attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante – lo condannò alla pena di anni 1 di reclusione ed Euro 600,00 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali.
L’imputato fu altresì condannato al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata sede ed alla rifusione delle spese di giudizio a favore della parte civile, con provvisionale di Euro 54.806,39.
All’imputato furono concessi i benefici della non menzione e della sospensione condizionale della pena subordinata al pagamento della provvisionale entro un anno.
Avverso tale pronunzia l’imputato propose gravame ma la Corte d’appello di Milano, con sentenza del 22.10.2007, confermò la decisione di primo grado, condannando l’imputato al pagamento delle spese processuali del grado ed alla rifusione a favore della parte civile delle ulteriori spese di giudizio.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo: 1. vizio di motivazione in relazione alla ricostruzione della vicenda e o all’interpretazione delle risultanze processuali; non vi sarebbe alcuna prova del conferimento di un mandato da parte della SEAR S.p.A. all’imputato, in quanto il cliente finale avrebbe persino ignorato a quale compagnia di assicurazione F. si sarebbe rivolto, essendo costui un broker, sicchè il pagamento effettuato da (OMISSIS) a F. non può considerarsi effettuato a favore della SEAR e non sarebbe liberatorio per (OMISSIS);
l’importo versato non sarebbe di proprietà della SEAR e quindi non vi sarebbe stata alcuna appropriazione; al momento del pagamento nessuna polizza era ancora stata emessa;
2. vizio di motivazione e violazione di legge in relazione all’art. 646 c.p. ed alla normativa civile sulle obbligazioni in quanto nessuna prova legittimerebbe l’applicazione delle consuetudini ANIA e la dichiarazione dell’imputato andava interpretata nel senso che, solo dopo aver ottenuto la copertura assicurativa, quanto ai tempi di pagamento ed agli altri aspetti operativi, si sarebbe fatto riferimento agli usi ed alle consuetudini;
3. vizio di motivazione in relazione all’aver la Corte d’appello, in assenza di un documento scritto, desunto l’esistenza del mandato da una condotta delle parti, che peraltro ha riconosciuto non univoca in quanto afferma che la SEAR avrebbe tollerato ritardi;
4. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aver la Corte territoriale equiparato l’inadempimento di obbligazioni alla appropriazione indebita, mentre non vi sarebbe prova che il denaro fosse altrui;
5. vizio di motivazione in relazione all’aver la Corte d’appello ritenuto che i documenti smentissero le dichiarazioni dell’imputato relative all’accordo con M., secondo il quale egli avrebbe mandato i soldi incassati fino a quel momento in cambio della copertura assicurativa; la Corte territoriale avrebbe ignorato l’esistenza dei documenti allegati B1, B2 e B3 all’atto di appello;
6. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza della circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11 in quanto, non essendovi alcun mandato non sussisterebbe la menzionata aggravante.
Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato e perchè, sotto il profilo della violazione della legge processuale e del vizio di motivazione tenta di sottoporre a questa Corte un giudizio di merito, non consentito neppure alla luce della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e) introdotta con L. n. 46 del 2006.
Va premesso che la modifica normativa dell’art. 606 c.p.p., lett. e), di cui alla L. 20 febbraio 2006, n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, il cui vizio di mancanza, illogicità o contraddittorietà può ora essere desunto non solo dal testo del provvedimento impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati. E’ perciò possibile ora valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorchè si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso l’indicazione specifica di atti contenenti la prova travisata od omessa si consente nel giudizio di cassazione di verificare la correttezza della motivazione.
Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice.
Infine il dato probatorio che si assume travisato od omesso deve avere carattere di decisività non essendo possibile da parte della Corte di cassazione una rivalutazione complessiva delle prove che sconfinerebbe nel merito.
Nel caso in esame i giudici di merito, hanno affermato che, sulla base delle dichiarazioni di M.V., risultava che dai primi mesi del 2001 fra SEAR S.p.A. e DIEFFE Insurance S.r.l.
(rappresentata dall’imputato) erano iniziate trattative per la stipula di un accordo di mandato di collaborazione e che, nonostante la mancata formalizzazione dell’accordo, le parti avevano cominciato a collaborare. In base a tale rapporto di collaborazione l’imputato, quale legale rappresentante della DIEFFE Insurance S.r.l., poteva proporre e previo assenso della SEAR S.p.A., concludere contratti assicurativi dai quali, per conto della SEAR, incassava i premi. Nel luglio 2001 M. aveva accertato il mancato versamento dei premi incassati da F. alla SEAR. Anche a prescindere dalla considerazione che il ricorso si incentra in parte su motivi non dedotti al giudice d’appello, va rilevato che la Corte territoriale ha fondato la sua decisione sulla ritenuta sussistenza di un mandato, seppur verbale, affermata in base alla testimonianza di D.G., teste della difesa (f. 5 sentenza impugnata). Inoltre l’imputato avrebbe inviato alla SEAR un documento attestante l’effettuazione di un bonifico in realtà mai effettuato.
Si tratta di apprezzamenti di fatto non sindacabili in questa sede se non sotto il profilo della manifesta illogicità della motivazione che non è ipotizzabile nel caso concreto.
Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745, Cass., Sez. 2^ sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).
La ritenuta sussistenza del mandato integra la circostanza aggravante di cui all’art. 61 c.p., n. 11.
Ha infatti affermato questa Corte (ed il Collegio condivide l’assunto) che "la nozione di abuso di relazione di prestazione d’opera, previsto come aggravante dall’art. 61 c.p., n. 11, si applica a tutti i rapporti giuridici che comportino l’obbligo di un facere, bastando che tra le parti vi sia un rapporto di fiducia che agevoli la commissione del reato, a nulla rilevando la sussistenza di un vincolo di subordinazione o di dipendenza". (Cass. Sez. 2 sent. n. 895 del 23.10.2003 dep. 16.1.2004 rv 227248).
Neppure può affermarsi che l’aggravante sia assorbita nel mandato conferito dal momento che questa Corte ha chiarito che ravvisabile la circostanza aggravante dell’art. 61 c.p., n. 11, quando il procacciatore di affari converta in proprio profitto la somma a lui affidata dal cliente (Cass. Sez. 2 sent. n. 3325 del 5.4.1991 dep. 23.3.1992 rv 190758; nella specie trattavasi di appropriazione indebita).
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue altresì la condanna del ricorrente alla rifusione a favore della parte civile delle spese di giudizio liquidate in Euro 5.250,38, oltre I.V.A. e C.P.A., come da nota spese che qui si richiama, apparendo congrua.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento di Euro mille alla Cassa delle ammende. Condanna altresì il ricorrente alla rifusione, a favore della parte civile SEAR S.p.A. ora NOVIT Assicurazioni S.p.A., delle spese per questo grado di giudizio liquidate in Euro 5.250,38, oltre I.V.A. e C.P.A.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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