T.A.R. Lazio Roma Sez. I bis, Sent., 01-06-2011, n. 4978 Avanzamento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

quanto segue.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Col ricorso in esame, il Tenente Colonnello A.C. ha impugnato (ritenendola illegittima sotto più profili) la sua mancata iscrizione nel quadro di avanzamento al grado superiore per l’anno 2006.

Il soggetto in questione si duole, sostanzialmente, del fatto che i titoli che ne connotano il "curriculum" professionale siano stati (in rapporto a quelli dei controinteressati originariamente intimati) inadeguatamente valutati dalla competente Commissione ministeriale.

All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 2.3.2011 (in cui si è preso atto che il C. ha provveduto alla regolare integrazione del contraddittorio), il Collegio – trattenuto il predetto ricorso (nel frattempo, debitamente istruito) in decisione – ne constata (e ciò, com’è agevole arguire, rende superflua l’adozione di una formale pronuncia sull’eccezione pregiudiziale di rito sollevata dalla resistente) l’intrinseca infondatezza.

In proposito; premesso

che, "in iure condito", i giudizi quali quello di cui trattasi non devono esser formulati in termini comparativi;

che, "in subjecta materia", la valutazione dei singoli titoli non ha (ai fini della compiutezza delle determinazioni finali) una vera e propria autonomia: dovendo, tutti gli elementi, esser considerati nel loro insieme;

che, più specificamente, la mancanza di uno o più requisiti – da parte di taluno dei valutandi – può esser largamente supplita (nei confronti di altri parigrado) dall’entità di titoli diversi: apprezzati come equivalenti, o plusvalenti, nell’ambito di un giudizio complessivo e indivisibile,

si rileva

che l’impugnata valutazione, la quale non ha certo prescisso dalle risultanze documentali (e che risulta esser stata assunta secondo un metro di giudizio ragionevole: e uguale per tutti i contendenti), appare coerente coi precedenti di carriera di ciascun scrutinato;

che – detto in altri, e più chiari, termini – tra i punteggi di merito singolarmente assegnati, le motivazioni di tali punteggi (espresse dai membri della Commissione di Avanzamento) e le cennate risultanze documentali esiste una correlazione logica più che sufficiente.

Si fa presente, al riguardo (a confutazione delle asserzioni attoree)

che nei Corsi (basici e di qualificazione) da lui frequentati, il ricorrente (il quale, anche nelle schede valutative conclusesi con l’attribuzione della massima qualifica finale, non è sempre stato destinatario delle più elevate aggettivazioni possibili: né è stato costantemente gratificato di citazioni di apprezzamento o compiacimento) ha conseguito risultati che non possono certamente definirsi "di spicco": e che, comunque, non sono – nel loro insieme – migliori di quelli ottenuti dai suoi contendenti;

che analoghe considerazioni valgono ("mutatis mutandis") per quel che riguarda i dati (titoli di studio, conoscenza delle lingue estere, ecc…) che consentono di stabilire la valenza del profilo culturale ed intellettuale dei vari candidati;

che, pena la violazione del fondamentale principio organizzativo della "tripartizione dei Poteri", il giudice amministrativo non può certo "quantificare" l’importanza degli incarichi ricoperti dai vari Ufficiali: che, del resto (cfr., "ex plurimis", C.d.S., IV, n.1047/96), non è – di per sé – attributiva di speciali capacità.

E dunque; atteso

che, alla luce degli atti di causa, si può tranquillamente affermare che i controinteressati (che hanno svolto, anch’essi, compiti istituzionali prestigiosi ed impegnativi) sono soggetti di grande caratura professionale (quanto meno pari – soprattutto sotto il fondamentale profilo dell’attitudine ad assolvere alle più elevate funzioni, connesse al grado superiore – a quella del ricorrente);

che la resistente ha fatto, in definitiva, corretta applicazione del(l’amplissimo) potere discrezionale che – in questo particolare ambito di attività – le è tradizionalmente riconosciuto come proprio,

il Collegio non può – appunto – che concludere per l’infondatezza della proposta impugnativa.

Mentre – in stretta applicazione delle regole sulla soccombenza – si ritiene di dover liquidare (come da dispositivo) le spese di lite in favore dell’Amministrazione intimata, non si ravvisano i presupposti per far luogo ad un’analoga statuizione per quel che concerne i controinteressati: che, non essendosi costituiti in giudizio, non hanno espletato – in quest’ambito – alcuna attività difensiva.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)

rigetta il ricorso indicato in epigrafe;

condanna il proponente al pagamento, delle spese del giudizio: che liquida, in favore della resistente Amministrazione, in complessivi 3000 euro.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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