Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 01-06-2011, n. 21816

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ducia, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo

1. La sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento dell’appello del P.M., ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Catania, di condanna di C.V. per il reato di rapina pluriaggravata e detenzione e porto d’arma comune da sparo, del 12.03.2001, escludendo le attenuanti generiche e rideterminando l’entità della pena in anni cinque di reclusione ed Euro 1500,00 di multa.

1.1 Avverso tale sentenza ricorre la difesa del C., chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo il vizio di motivazione per manifesta illogicità tenuto conto che all’imputato è stato inflitto l’aggravamento di pena richiesto dal P.M. senza considerare che si era costituito spontaneamente ed aveva ammesso l’addebito, anzi valutando tale comportamento processuale solo strumentale all’ottenimento dei benefici processuali e l’incensuratezza dell’imputato meramente "apparente", perchè già indicato come autore della rapina da una teste presente alla rapina.

1.2 Deduce, inoltre, il ricorrente che la motivazione è viziata perchè vi si parla di conflitto a fuoco con la vittima mentre solo quest’ultima aveva sparato attingendo al capo uno dei complici ed il giudizio negativo che ha portato ad escludere il riconoscimento delle attenuanti generiche è stato determinato da tale erronea ricostruzione dei fatti.

Viceversa il comportamento processuale ammissivo delle responsabilità, la giovane età, l’essersi consegnato depongono complessivamente per la riconoscibilità delle attenuanti generiche.

Pertanto il giudizio della Corte territoriale appare metodologicamente non corretto ed illogico, essendo i giudici pervenuti all’esclusione delle attenuanti generiche sulla base di mere supposizioni e circostanze errate.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Nella sentenza impugnata si legge che il C.; "munito di pistola, fu uno dei rapinatori che ingaggiò un conflitto con R. L.": il ricorrente contesta l’assunto ma senza fornire alla Corte alcun puntuale elemento probatorio che attesti o, quantomeno corrobori quanto dedotto.

Orbene è cosa nota che a questa Corte di legittimità, giudice della motivazione e dei suoi vizi, non è consentito l’accesso diretto agli atti e che, ogni qualvolta nel ricorso si deduce il travisamento della prova, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), occorre che la Corte di legittimità abbia adeguata contezza, senza necessità di utilizzare atti diversi dal ricorso, della materia che era stata devoluta al giudice di appello e delle ragioni che i ricorrenti avevano inteso far valere in quella sede essendo esse univocamente desumibili sia da quanto nel ricorso stesso viene riferito circa il contenuto della sentenza impugnata, sia dalle critiche che ad essa vengono rivolte.

2.2 E’, infatti, onere del ricorrente suffragare la validità del suo assunto mediante la completa trascrizione dell’integrale contenuto degli atti specificamente indicati (ovviamente nei limiti di quanto era stato già dedotto in appello) perchè in virtù del principio di autosufficienza del ricorso come sopra formulato e richiamato – deve ritenersi precluso a questa Corte l’esame diretto degli atti del processo, a meno che il fumus del vizio dedotto non emerga all’evidenza dalla stessa articolazione del ricorso.

2.3 Nel caso in esame, invece, si verifica proprio la situazione opposta perchè al C. è stato contesto il porto dell’arma comune da sparo, in concorso, e per tale reato egli è stato condannato in entrambi i gradi.

Di conseguenza il Collegio ritiene che la censura sia stata genericamente formulata e che perciò non meriti accoglimento.

2.4 In ordine, poi, alla censura di omessa valutazione degli elementi a favore dell’imputato va ricordato che è pacifico, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio secondo il quale l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione limitarsi, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza della motivazione alle acquisizioni processuali e con l’ulteriore specificazione che l’illogicità censurabile è quella evidente, cioè di spessore tale da risultare percepibile ictu oculi.

La motivazione che si censura consta di argomentazioni immuni da palesi vizi logici, giuridicamente corrette, come tali non sindacabili, dati i limiti fissati dalla giurisprudenza di questa Corte (Sez. un., 29.9.2003, Petrella; SU n 6402/97, rv 207944; SU n. 24/99, rv 214794; SU n 12/2000, Jakani, rv 216260), perchè l’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) non consente alla Corte di cassazione una diversa lettura dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, essendo estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali.

2.5 Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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