Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 18-05-2011) 01-06-2011, n. 21815 Poteri della Cassazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino del 06.03.2001, di condanna del G. per il reato di rapina e tentata estorsione, entrambi aggravati, ritenuta la continuazione, alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 1.549,37 di multa, ricorre in proprio l’imputato chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo, con un primo motivo la illogicità della motivazione nella parte in cui afferma che la vittima lo riconobbe come uno degli autori della rapina, mentre in primo grado era mancata l’immediatezza del riconoscimento;

con un secondo motivo che sia stata rigettata la richiesta di mancata acquisizione di una prova decisiva, avendo la Corte negato la rinnovazione del dibattimento per sentire V.A., vedova di G.L.M., sulla circostanza che era stato il marito il vero correo della rapina.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Il primo motivo di ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata.

2.2 Infatti, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4^, sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5^ sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2^, sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955).

2.3 La Corte territoriale con motivazione ampia, esaustiva, logica e non contraddittoria evidenzia che il riconoscimento del G. da parte del teste D.C., effettuato nell’immediatezza del fatto e confermato senza esitazione nel pieno contraddittorio, in dibattimento (la sentenza riporta brani dell’esame e controesame del teste) costituisce piena e certa prova.

2.4 Anche il secondo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata.

2.5 La Corte di merito ha valutato "palesemente insussistenti" gli estremi per procedersi all’esame della teste indicata dal G., atteso che la donna avrebbe dovuto deporre a distanza di undici anni dalla vicenda in esame, su un fatto appreso da persona deceduta, senza che la circostanza sulla quale si incentra la testimonianza possa costituire dato risolutivo perchè non esclude che il G. possa essere uno degli altri due correi non identificati.

2.6 In buona sostanza ad un’interpretazione coerente e logica dei fatti fornita dalla Corte di appello, il ricorrente contrappone una sua interpretazione dei fatti, tentando in tal modo di ottenere da questa Corte un giudizio di merito, non consentito, e pretestuosamente affermando una violazione della legge processuale e del vizio di motivazione.

2.7 Il ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591 c.p.p., lett. c) in relazione all’art. 581 c.p.p., lett. c), perchè le doglianze relative al primo motivo sono le stesse affrontate dalla Corte di appello e sono, pertanto, prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici.

2.8 In proposito questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ex art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1^, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634).

3. Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle Ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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