T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 01-06-2011, n. 342 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La società ricorrente è proprietaria di un locale destinato a deposito, realizzato, in parte, con c.e. n.16 del 2000 (rilasciata dall’assessore all’urbanistica del Comune di Venafro), in parte, con c.e. in sanatoria n.3 del 2006; detto immobile è situato in un’area indicata in catasto al foglio 30 part. 365 (ex 185 e 41).

Già la c.e. del 2000 era stata ottenuta con parere contrario n.6552 del 1999 del responsabile del procedimento (cfr. la nota n.5899 del 2007, a firma del dirigente del settore urbanistica, versata in atti dalla difesa ricorrente), il quale aveva rilevato che: "ricadendo l’intervento in zona D industriale del p.r.g. e trattandosi di una costruzione (deposito) incompatibile con tale zona, l’edificazione è consentita, ai sensi dell’articolo 15 delle n.t.a. del p.r.g., solo attraverso la predisposizione da parte dell’amministrazione comunale di piani particolareggiati o l’approvazione di lottizzazioni convenzionate, nel rispetto delle norme di cui all’articolo 5 del d.m. LL.PP. del 2.4.1968, strumenti che a tutt’oggi, mancano".

In data 18 dicembre 2006, Eurospin Italia spa ha inoltrato al Comune resistente un’istanza di localizzazione di una media struttura di vendita (settore alimentare e misto) all’interno dell’area in questione.

Con la nota n.5899 del 2007, il dirigente del settore urbanistica, per le medesime ragioni espresse in occasione della prima istanza di c.e., ha ribadito il proprio parere contrario, specificando che, pur essendo l’immobile ormai esistente, tuttavia la destinazione risultante dalla c.e. è comunque di "deposito"; e il mutamento in media struttura di vendita verrebbe ad incidere notevolmente sul carico urbanistico, peraltro in violazione dell’espressa previsione di cui all’articolo 15 delle nta del p.r.g., di cui si è detto.

Il procedimento istaurato sull’istanza di autorizzazione unica all’apertura della struttura commerciale si è concluso con un verbale di conferenza di servizi, sostanzialmente negativo, sulla base, tra l’altro, delle considerazioni urbanistiche espresse dal direttore del settore urbanistico del Comune resistente.

La soc. ricorrente sostiene, a tal proposito, che il tempo trascorso e le modifiche dello stato dei luoghi avrebbero reso del tutto vano l’obbligo di piani attuativi, atteso che, in ogni caso, la zona già sarebbe urbanizzata ed edificata; inoltre viene valorizzata la circostanza che l’edificio, benché destinato a deposito, era già preesistente; e che, inoltre, nella zona già sarebbero state rilasciate c.e. ed autorizzazioni commerciali, pur in difetto di piani attuativi autoritativi o convenzionali.

Il ricorso, che contiene anche domanda di risarcimento danni, è infondato.

Dalla verificazione disposta da questo Tribunale amministrativo, è emerso che, in effetti, le aree ricadono in zona D del prg, sottoposta alla disciplina di cui all’articolo 15 delle n.t.a. (che consentono l’edificazione solo previa adozione dei piani particolareggiati o dei piani di lottizzazione), ed inoltre sono sprovviste di alcune fondamentali opere di urbanizzazione, come i parcheggi e le rete fognaria.

Peraltro, è emerso che ivi sussistono altre 10 attività commerciali ed industriali, delle quali, tuttavia, solo una risulta regolarmente assentita, previo piano di attuazione convenzionale.

E" evidente che una situazione di illegittimità, benché diffusa, non vale a far venir meno i principi e le norme che la p.a. deve rispettare nella propria attività amministrativa; in sostanza, le norme, come noto, non decadono per disapplicazione.

Ne consegue che la disparità di trattamento ha mero valore sintomatico, ma non vale di certo per pretendere un trattamento conforme ad una prassi illegittima.

E" ben vero che, dalla disciplina di cui al d.p.r. n.380 del 2001, emerge che, quanto ai titoli edilizi necessari per la modificazione della destinazione d’uso, spetta alla legislazione regionale la relativa disciplina; e che, ontologicamente, le modifiche alla destinazione d’uso senza opere sono sottoposte ad un regime autorizzatorio e sanzionatorio più lieve rispetto a quello delle modifiche con opere.

Tuttavia, ciò postula, in ogni caso, che ciascuna modifica della destinazione (con opere o senza) sia comunque conforme ai parametri urbanistici vigenti; viceversa ogni mutamento di destinazione non può che essere vietato; altrimenti i privati potrebbero arbitrariamente alterare le scelte urbanistiche e i relativi standards adottati dal Comune, con ogni intuibile conseguenza sull’ordinato sviluppo del programma costruttivo.

Basti considerare che, come rilevato da accorta giurisprudenza, anche il semplice mutamento di destinazione d’uso, qualora sia in contrasto con la disciplina urbanistica della zona, rientra nel divieto di lottizzazione abusiva, atteso che, mediante un’operazione giuridicomateriale fittiziamente distinta in fasi autonome, realizza la medesima lesione dei beniinteressi tutelati dal divieto, cioè un’alterazione giuridicomateriale della zonizzazione imposta dalla disciplina urbanistica (T.A.R. Lazio Roma, 9 ottobre 2009 n. 9859).

Nel caso in esame, qualsiasi intervento costruttivo in zona D necessita della previa realizzazione degli standards, mediante l’approvazione di un piano attuativo ad iniziativa pubblica o privata (ai sensi dell’articolo 15 delle n.t.a.), ed ogni mutamento di destinazione impone all’amministrazione un’autonoma verifica se tale nuova funzione è compatibile con gli standads presenti.

Ed è proprio nell’ambito di tale autonoma valutazione che la p.a., questa volta del tutto legittimamente, ha rilevato che questi standards mancano proprio perché manca l’adozione di un piano particolareggiato.

E" vero che nel caso del precedente rilascio dei titoli edilizi per la realizzazione del capannone, seppure in contrasto con il parere degli organi tecnici, la stessa p.a. era giunta a conclusioni diverse, ritenendo di consentire modifiche edilizie, pur se in violazione dell’articolo 15 delle n.t.a. del p.r.g..

Tuttavia, anche a tal proposito, giova ricordare che il contrasto con una precedente determinazione è solo un sintomo di eccesso di potere, cioè di illegittimità sostanziale; ed il sintomo, in quanto tale, è destinato a venir meno di fronte alla circostanza oggettiva della conformità alla legge dell’ultima determinazione (e quindi della illegittimità della prima); e di tale circostanza si è già fornita esauriente motivazione.

Ciò è sufficiente a rendere immeritevole di tutela l’odierna pretesa di parte ricorrente, in ordine all’annullamento del diniego impugnato.

Quanto alla domanda di risarcimento danni, il Collegio rileva che il danno da ritardo postula la lesione di una posizione di pretesa (il rilascio di un provvedimento ampliativo) meritevole di tutela, cosa che è da escludere, per le ragioni esposte, nel caso in esame.

Ma la parte ricorrente, nella domanda di risarcimento, imputa parte del suo pregiudizio patrimoniale anche alla prassi del Comune (sulla cui scia anch’essa ha ottenuto il primo rilascio della c.e.), la quale, per quanto eccentrica rispetto alla previsione dell’articolo 15 delle n.t.a. del p.r.g., avrebbe comunque indotto la medesima a confidare in una positiva valutazione della propria istanza, e quindi a stipulare con una terza società (Eurospin Italia) un impegno giuridicamente vincolante.

A tal proposito, è sufficiente ricordare che, per il principio di non contraddizione, insito nell’essenza dell’ordinamento giuridico, non può essere tutelato l’affidamento contra ius; così come non può ricevere tutela una pretesa ad un comportamento contrario al diritto (è nullo, del resto, per illegittimità dell’oggetto, l’impegno ad effettuare una prestazione contraria a norme imperative di legge).

In conclusione il ricorso è del tutto infondato; le ragioni della decisione e le circostanze di fatto emerse in giudizio, tuttavia, consentono l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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