Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 03-05-2011) 01-06-2011, n. 21862

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ssandro, difensore di fiducia di P.P. e P.S..
Svolgimento del processo

Il Tribunale di Trento, con ordinanza emessa il 23/09/010 – provvedendo sulla richiesta di riesame avanzata nell’interesse di P.P. e P.S. avverso il decreto di perquisizione disposto dal PM presso il Tribunale di Trento in data 20/07/010 ed il successivo sequestro probatorio eseguito dalla PG il 21/07/010 – respingeva il gravame.

Gli interessati proponevano ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge, ex art. 606 c.p.p., lett. b).

In particolare i ricorrenti, mediante articolate argomentazioni, esponevano che nella fattispecie non ricorreva il fumus commissi delicti relativo all’ipotizzato reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, in riferimento alle scritture contabili ed ai documenti sottoposti a sequestro.

Tanto dedotto, i ricorrenti chiedevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

Il PG della Cassazione, nell’udienza camerale del 03/05/011, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Il Tribunale di Trento ha congruamente motivato i punti fondamentali della decisione. In particolare il fumus commissi delicti è stato ravvisato nel reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3, in riferimento ad operazioni effettuate artificiosamente, tese a determinare la indicazione nelle relative dichiarazioni dei redditi di cui agli anni 2005, 2006, 2007, 2008 elementi attivi per un ammontare inferiore a quello effettivo; il tutto in riferimento sia al reddito delle società gestite /o comunque riconducibili agli indagati P.P. e P.S. (come indicate in atti) sia a quello delle persone fisiche dei predetti P., P. e S..

Le esigenze probatorie – in relazione a quanto in sequestro ed ossia:

documentazione contabile e bancaria; commerciale, fiscale, amministrativa e societaria ed ogni altro documento relativo all’esercizio dell’attività di impresa ed alla determinazione dei redditi prodotti – sono state ravvisate nella necessità di effettuare gli opportuni controlli contabili e fiscali funzionali all’accertamento dell’ipotizzato reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 3.

Trattasi di valutazioni di merito, immuni da errori di diritto, conformi ai parametri di cui agli artt. 253 e 257 c.p.p., non censurabili in sede di legittimità.

Per contro, le censure dedotte nel ricorso sono infondate perchè in contrasto con quanto accertato e congruamente motivato dal giudice del merito.

Dette doglianze, peraltro, costituiscono nella sostanza eccezioni in punto di fatto inerenti alla fondatezza in concreto dell’accusa.

Trattasi di censura non consentita in sede di legittimità ed in materia di misure cautelari reali e di sequestro probatorio.

Anche il riferimento ad asseriti documenti (non indicati specificamente) relativi ad operazioni inerenti al 2010 (epoca successiva a quella attinente alle dichiarazioni dei redditi contestati, anni 2005, 2007 e 2008) costituisce censura – oltre che generica – in punto di fatto relativa a circostanza da valutare nel giudizio di merito.

Va respinto, pertanto, il ricorso proposto da P.P. e P.S., con condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *