T.A.R. Molise Campobasso Sez. I, Sent., 01-06-2011, n. 307 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il signor M.L. è proprietario in Pescopennataro di un fabbricato realizzato con copertura a terrazzo, nel 1964, senza titolo abilitativo. A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 47 del 1985 ha presentato domanda di sanatoria/condono; il sindaco del Comune di Pescopennataro ha rilasciato la concessione edilizia n. 12 del 15 dicembre 1995 con la quale tuttavia, in esecuzione dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata dalla Regione Molise con nota prot. 45526 del 11 ottobre 1995, ha preteso la presentazione di un progetto di completamento della struttura con una copertura a tetto, uniforme alle altre copertura limitrofe, da realizzare entro 180 giorni dal rilascio della concessione edilizia.

Ed infatti la Regione Molise aveva rilasciato l’autorizzazione paesaggistica, ai sensi dell’art. 7 della legge 1497 del 1939, "a condizione che a completamento della struttura venga prevista una copertura a tetto".

Avverso tali provvedimenti è insorto il ricorrente ritenendoli pregiudizievoli nella parte in cui prescrivono la realizzazione della copertura a tetto e deducendo i seguenti motivi di censura:

1. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma primo, della legge 241 del 1990. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione. Illegittimità derivata.

L’autorizzazione paesaggistica, per come recepita nel permesso di costruire, sarebbe illegittima in quanto non evidenzia le ragioni di tutela del paesaggio che imporrebbero la realizzazione di una copertura a tetto. Una tale illegittimità vizierebbe in via derivata il permesso di costruire.

2. Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e ss. della legge 47/85. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Illogicità. Illegittimità derivata.

La possibilità prevista dalla legge n. 47 del 1985 di sanare opere edilizie eseguite senza titolo abilitativo ed ultimate entro la data del 1.10.1983 sarebbe incompatibile con la possibilità di prevedere prescrizioni conformative come quella di imporre la realizzazione di ulteriori opere, come invece preteso nel caso di specie dalla Regione Molise.

3. Violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma primo, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria.

Nel caso di specie non doveva essere acquisito il parere dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo paesaggistico poiché la violazione rientrerebbe nel limite di tolleranza del 2% previsto dal citato articolo 32.

Con ordinanza n. 172 del 6 marzo 1996 è stata accolta la domanda cautelare.

Alla pubblica udienza del 23 marzo 2011 la causa è stata infine trattenuta in decisione previo deposito di memoria con cui i ricorrenti hanno ulteriormente esposto le proprie tesi difensive anche in replica a quanto osservato dalla difesa erariale con la memoria di costituzione.

Il ricorso è infondato.

Il primo motivo con il quale i ricorrenti lamentano un preteso difetto di motivazione in relazione alle ragioni della pretesa incompatibilità paesaggistica del fabbricato in questione, se privo della copertura a tetto, non ha pregio.

Le ragioni del vulnus all’interesse paesaggistico, seppur non formalmente esternate nell’autorizzazione paesaggistica, erano nella stessa implicite e sono state successivamente palesate in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria dove è stato prescritto l’intervento in contestazione al fine di completare la struttura "con una copertura a tetto uniforme alle altre coperture limitrofe".

I ricorrenti con la memoria del 28.2.2011 eccepiscono che la giustificazione doveva essere contenuta nel testo della autorizzazione regionale non potendo venire integrata ex post tramite il provvedimento comunale, anche in considerazione del fatto che il Comune non ha competenza in materia di tutela dei valori paesaggistici.

In senso contrario deve invece osservarsi che l’esigenza di tutelare la forma del paesaggio, rendendo il colmo del fabbricato conforme alle caratteristiche costruttive dell’area dove lo stesso insiste, si evince chiaramente anche dalla motivazione del provvedimento con cui la locale Soprintendenza archeologica e per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici ha ritenuto di non disporre l’annullamento dell’autorizzazione regionale proprio in considerazione della prescrizione imposta dall’organo regionale.

La stessa Soprintendenza infatti ha condiviso la scelta regionale ritenendo "assolutamente necessario uniformare alle altre coperture esistenti la copertura dell’edificio oggetto di condono edilizio" e per tale ragione ha ritenuto di non dare impulso al procedimento di annullamento.

Né in relazione al provvedimento della Soprintendenza può eccepirsi che si tratterebbe di organo privo di competenza in materia di tutela del paesaggio, essendo per legge deputato all’esercizio di un potere di controllo di legittimità sulle valutazioni espresse in materia dalla Regione o dagli enti subregionali delegati.

Neppure può eccepirsi che in tale caso si tratterebbe di una integrazione postuma della motivazione poiché, a ben vedere, la giurisprudenza da tempo ha respinto una interpretazione formalistica dell’obbligo di motivazione: ed infatti nella moderna concezione dell’azione amministrativa ancorata alla nozione di funzione, intesa come svolgimento dinamico del potere e che relega il provvedimento a momento di perfezionamento della fattispecie procedimentale, l’orientamento giurisprudenziale dominante ritiene che l’iter logico giuridico della decisione debba essere evincibile non necessariamente dal testo del provvedimento ma, quanto meno, da una lettura complessiva degli atti e dei provvedimenti che hanno scandito le varie fasi del procedimento amministrativo.

E" per l’appunto quanto accaduto nel caso di specie in cui se la valutazione di non piena compatibilità con l’interesse paesaggistico dell’intervento edilizio in questione non è formalmente evincibile dal tenore dell’autorizzazione paesaggistica, l’iter logicogiuridico risulta comunque intelligibile attraverso la lettura combinata dell’autorizzazione regionale e del provvedimento della Soprintendenza, successivamente assunti a fondamento della motivazione con cui la concessione edilizia è stata sì assentita ma subordinatamente alla realizzazione di un intervento che consentisse di uniformare la copertura dell’edificio abusivamente realizzato a quella degli altri immobili insistenti nella zona.

Infondato è anche il secondo motivo di doglianza con cui i ricorrenti censurano la possibilità per l’organo preposto alla tutela del vincolo paesaggistico di indicare prescrizioni nell’esame della domanda di condono, sul presupposto che in simili fattispecie, trattandosi di fabbricati già realizzati abusivamente, la valutazione dovrebbe avere ad oggetto l’immobile per come realizzato.

In senso contrario deve invece osservarsi che poiché ai sensi dell’art. 32 della legge 47/85 il rilascio della concessione in sanatoria per opere eseguite in aree sottoposte a vincolo è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela vincolo medesimo, deve inferirsi che l’autorità amministrativa così come ha il potere di negare il parere di competenza, ritenendo l’intervento realizzato incompatibile con l’esigenza di salvaguardia dell’interesse paesaggistico, al contempo abbia anche quello di indicare prescrizioni: si tratta infatti di una applicazione del generale principio di proporzionalità che impone di tutelare l’interesse pubblico primario con il minor sacrificio possibile per quello privato antagonista; se il diritto del privato allo sfruttamento edificatorio del terreno in proprietà può essere tutelato con una prescrizione correttiva idonea a renderlo compatibile con la valenza paesaggistica dell’area, non può l’amministrazione adottare il più gravoso provvedimento negativo, di per sé ostativo alla possibilità di sanare in radice l’opera abusiva.

Né può opporsi la forza del fatto compiuto per comprimere il potere di valutazione dell’autorità preposta alla tutela dell’interesse paesaggistico, poiché la condizione di chi costruisce senza il preventivo rilascio del titolo edilizio abilitativo prescritto dalla legge non è tale da configurare una situazione di affidamento meritevole di tutela per l’ordinamento al punto da limitare il potere dell’autorità amministrativa di tutela degli interessi pubblici che dall’attività di edificazione possono risentire pregiudizio.

Chi costruisce in assenza di concessione edilizia lo fa a proprio rischio e pericolo sicchè deve necessariamente sottostare alle conseguenze derivanti dai giudizi legittimamente espressi dalla autorità preposta alla tutela del vincolo allorquando, pur non valutando l’intervento come assolutamente incompatibile con l’interesse pubblico primario affidato alla propria cura, ciò non di meno ritenga opportuno prescrivere delle modifiche al fine di operare un bilanciamento ragionevole tra l’interesse privato alla edificazione e l’interesse pubblico alla tutela del vincolo.

Con un terzo motivo di censura i ricorrenti lamentano che nel caso di specie non occorrerebbe l’autorizzazione paesaggistica in quanto ai sensi dell’art. 32 della legge 47/85 il parere dell’autorità preposta alla salvaguardia del vincolo non sarebbe richiesto "quando si tratti di violazioni riguardanti l’altezza, i distacchi, la cubatura o la superficie coperta che non eccedano il 2 per cento delle misure prescritte", fattispecie da loro ritenuta applicabile al caso di specie.

Il motivo non può essere condiviso poiché nel caso di specie non viene in rilievo una difformità di tipo quantitativo, come tale soggetta ad un margine di tollerabilità, indicato dal legislatore nel 2 per cento bensì una differenza di tipo esteticoqualitativo che, di per sé, si pone in contrasto con l’istanza di tutela del valore paesaggistico: in un’area vincolata in cui gli immobili si caratterizzano per la copertura a tetto l’inserimento di un immobile con copertura a terrazzo determina una evidente discontinuità architettonica rispetto alla quale il limite di tollerabilità del 2 per cento non è neppure astrattamente ipotizzabile.

In conclusione, il ricorso, per le ragioni esposte, deve dunque essere respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale delle spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale amministrativo regionale del Molise, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge e compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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