T.A.R. Sicilia Palermo Sez. II, Sent., 01-06-2011, n. 1028 Demolizione di costruzioni abusive Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ome specificato nel verbale;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 18 dicembre 2000 e depositato il successivo giorno 28, il sig. N.S. ha impugnato l’ordinanza n. 129 del 22 settembre 200, con la quale il Comune di Capaci ha ingiunto la demolizione di corpi di fabbrica ad una elevazione realizzati in contrada Mansueto, via Riccione.

Il ricorrente ha chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensiva e col favore delle spese, deducendo i seguenti motivi di gravame:

1)Incompetenza – Violazione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 2985, n. 47 (recepita in Sicilia con legge reg.le 10 agosto 1985, n. 37);

2) Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 34 della legge n. 1150/1942;

3) Eccesso di potere per travisamento dei fatti e illogicità manifesta;

4) Violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990 e dell’art. 8 della L.r. n. 10/1991.

Il Comune di Capaci, seppur formalmente intimato, non si è costituito in giudizio.

Con ordinanza n. 173 del 26 gennaio 2001. è stata respinta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

Con memoria depositata il 23 aprile 2011, il ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Alla pubblica udienza del 25 maggio 2011il ricorso, su conforme richiesta del difensore del ricorrente, è stato posto in decisione.

Il primo motivo d’impugnazione è infondato, in quanto, ai sensi dell’art. 6 comma 2 L. 15 maggio 1997, n. 127, modificato dall’art. 2 della legge 16 giugno 1998, n. 191 (ora, art. 107, comma 3 lett. g), del D.L.vo 18 agosto 2000, n. 267), rientra nella competenza del dirigente o, in mancanza, dei funzionari con qualifica apicale, l’adozione dei provvedimenti repressivi di abusi edilizi o di diniego di concessione edilizia in sanatoria (C.G.A. 20 gennaio 2003, n. 28; sez. IV, 24 dicembre 2008, n. 6550; T.A.R. Campania, sez. IV, 3 febbraio 2003, n. 590; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez, I, 22 marzo 2001, n. 452, sez. III, 28 dicembre 2006, n. 4152, sez. II, 28 maggio 2007, n. 1561; Catania sez. I, 16 giugno 2006, n. 1001; T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 07 marzo 2011, n. 2029).

Per i restanti tre motivi d’impugnazione, il Collegio, melius re perpensa rispetto a quanto sommariamente delibato in sede cautelare, ritiene il ricorso meritevole di accoglimento.

Si appalesa, invero, fondato il quarto motivo, con il quale il ricorrente deduce la violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990.

Se è vero, infatti, che, secondo il prevalente indirizzo giurisprudenziale seguito anche da questo Tribunale, i provvedimenti repressivi di abusi edilizi non devono essere preceduti dall’avviso dell’inizio del procedimento, trattandosi di procedimenti tipizzati e vincolati e considerato che i provvedimenti sanzionatori presuppongono un mero accertamento tecnico sulla consistenza delle opere realizzate, nonchè sul carattere non assentito delle medesime (Cons. Stato, sez. IV, 30 marzo 2000, n. 1814; T.A.R. Campania, sez. IV, 28 marzo 2001, n. 1404, 14 giugno 2002, n. 3499, 12 febbraio 2003, n. 797; T.A.R. Sicilia, Catania sez. III, 3 marzo 2003, n. 374; T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. III, 20 aprile 2005, n. 577, 20 marzo 2006, n. 608; sez. II, 6 giugno 2007, n. 1617), è pur vero che, nel particolare caso di specie si imponeva detta comunicazione, in quanto

il ricorrente fornisce idonei principi di prova circa l’epoca di realizzazione dei manufatti in questione (anteriore all’1 settembre 1967), allegando, fra gli altri documenti,

1) attestato ENEL in ordine al contratto di somministrazione denergie elettrica stipulato in data "17/03/1970";

2) copia aerofotogrammetrie del 28 giugno 1968 e del 1981, nelle quali si riscontrano manufatti vari nel terreno di cui trattasi;

3) dichiarazione di successione "apertasi in Capaci il 31/12/1962", nella quale tra i cespiti ereditati figura "un piccolo fabbricato".

Va, al riguardo, richiamato il costante orientamento giurisprudenziale, secondo il quale deve ritenersi illegittima l’ingiunzione di demolizione di un manufatto realizzato senza licenza edilizia in zona agricola prima dell’entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (c.d. "legge ponte"), atteso che solo con questa è stato per la prima volta imposto l’obbligo di pianificazione dell’intero territorio comunale e generalizzato il rilascio della concessione edilizia come titolo abilitativo all’edificazione (cfr., fra le tante, T.A.R. Lazio, sez. II, 06 giugno 2005, n. 4485; T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 24 gennaio 2009, n. 3; T.A.R. Sicilia, sez. II, 28 aprile 2011, n. 803).

E’ noto, infatti, che l’originario testo dell’art. 31, primo comma, della legge 17 agosto 1942 n. 1150 imponeva l’obbligo della licenza edilizia per le costruzioni unicamente "nei centri abitati ed ove esista il piano regolatore comunale, anche dentro le zone di espansione".

Soltanto con l’art. 10 della legge 6.8.1967 n. 765, che ha sostituito il predetto art. 31, l’obbligo della licenza edilizia è stato esteso a tutto il "territorio comunale".

A tale stregua per le opere realizzate, come nel caso di specie, fuori del centro abitato anteriormente all’entrata in vigore del citato art. 10 della legge n. 765/1967 non era richiesta la licenza edilizia.

Di consequenza, stante anche l’indeterminatezza dei "corpi di fabbrica", genericamente descritti nell’ordinanza impugnata, non par dubbio che la partecipazione collaborativa procedimentale del ricorrente avrebbe certamente contribuito a distinguere le singole opere in questione e dimostrare la loro vetustà totale o anche parziale e condurre, quindi,. il Comune di Capaci, attraverso il corretto svolgimento dell’azione amministrativa, ad adottare un provvedimento finale conforme alla reale situazione fattuale e giuridica, considerato, altresì, che nella stessa ordinanza di demolizione impugnata si fa riferimento a un "pilastro di vecchia realizzazione", mentre quanto dedotto dal ricorrente non è stato contestato dal Comune medesimo che non ha ritenuto di costituirsi in giudizio.

Per le suesposte considerazioni, il ricorso va accolto, con conseguente annullamento dell’atto impugnato, salvi ovviamente i provvedimenti di competenza dell’Amministrazione.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi, per la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione Seconda, accoglie il ricorso in epigrafe indicato (n. 4291/2000) e, per l’effetto, annulla l’ordinanza impugnata, con salvezza di ogni determinazione comunale all’esito del procedimento in contraddittorio con il ricorrente.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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