Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 28-04-2011) 01-06-2011, n. 22058

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza del Tribunale di Cassino, sezione distaccata di Sora, a seguito di pubblico dibattimento, B.G. veniva condannato per la contravvenzione di cui all’art. 659 c.p., alla pena di Euro 200 di ammenda, in quanto nella sua qualità di titolare di un locale pubblico sito in (OMISSIS), sino al settembre 2006, non aveva provveduto ad impedire che i clienti recassero disturbo alla quiete delle persone, in orari notturni. Il compendio probatorio si basava sulle rappresentazioni di alcuni testimoni, fra cui il comandante della locale stazione dei carabinieri che aveva ricevuto varie denunce, l’operatore dell’ARPA che aveva effettuato una rilevazione acustica nell’abitazione della persona offesa denunciante. Appurata quindi la ricorrenza di rumori al di sopra della soglia della tollerabilità, riconducibili alla presenza di avventori del locale in questione particolarmente rumorosi, il B. veniva ritenuto responsabile per non aver impedito l’evento: gli veniva di fatto addebitato, non solo di non avere adeguatamente controllato la situazione , ma di non aver esercitato il diritto di escludere coloro che non si uniformavano alle regole poste a tutela della collettività. 2. Avverso tale pronuncia, ha proposto personalmente appello l’imputato, che è stato convertito in ricorso per cassazione, a fronte del disposto dell’art. 593 c.p.p., comma 3.

Si duole l’imputato che avendosi riguardo a località turistica, non sia stato tenuto in conto che le piazze e le vie sono affollate e rumorose, soprattutto d’estate; che il bar del ricorrente non è il solo ubicato in quella piazza e che dunque i rumori potevano provenire anche da altri esercizi ed in ogni caso che spesso il disturbo era arrecato da persone diverse dai suoi clienti.

Ancora, sostiene il ricorrente che il reato è prescritto: il fatto è stato contestato fino al (OMISSIS), ma era pendente avanti la corte d’appello civile altro processo , non ancora definito , con il che si chiede come abbia potuto il primo giudice "stabilire che tali rumori o disturbi non si riferiscano temporalmente ad altre precedenti serate, di altri precedenti anni, in cui l’imputato non era neppure titolare di quel bar?".
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile, in quanto i motivi a sostegno dell’impugnazione non denunciano vizi di legittimità, ma si risolvono in censure di mero fatto e vorrebbero stimolare una rivalutazione degli elementi di prova, non consentita in sede di legittimità. Il giudice a quo ha fondato l’affermazione di colpevolezza sulla base dei contributi testimoniali raccolti, univoci nel delineare una situazione di disturbo della quiete pubblica in orari notturni riportabile all’attività svolta all’interno del locale notturno dell’imputato, accertata fino al settembre 2006. La valutazione operata, seppur nella sua essenzialità, non si presta a censura alcuna sotto il profilo della aderenza alle emergenze disponibili e sotto il profilo della completezza e della logicità, ragion per cui il ricorso si appalesa manifestamente infondato, per la natura e la inconsistenza delle censure.

Sia detto per inciso che il reato, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente non è perento per decorso del tempo, atteso che il termine di prescrizione scadrà nel settembre 2011.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al pagamento delle spese del procedimento e di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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