T.A.R. Sicilia Palermo Sez. III, Sent., 01-06-2011, n. 1042 Ricorso per revocazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

erbale;
Svolgimento del processo

Con atto notificato a mezzo posta in data 5/5/2009 e depositato in data 13/5/2009 la ricorrente aveva proposto ricorso ai sensi dell’art. 25 l. n. 241/1990 al fine di ottenere "copia dei verbali di gara e di tutta la documentazione amministrativa e tecnica presentata dalla ditta aggiudicataria" con riferimento al primo lotto della gara bandita dall’Azienda Ospedaliera V.E. di Gela per la "fornitura ed installazione chiavi in mano di apparecchiature per radioterapia", gara alla quale la ricorrente aveva partecipato, classificandosi al secondo posto in graduatoria (nell’ambito di un r.t.i.).

Lamentava in particolare la ricorrente che la stazione appaltante aveva illegittimamente accolto la richiesta di accesso limitatamente alla sola visione degli atti in asserita applicazione degli artt. 37 e 38 del disciplinare di gara, articoli dei quali veniva quindi chiesto l’annullamento e/o la disapplicazione.

Con sentenza 11 agosto 2009, n. 1441, il T.a.r. Palermo, sez. I, rigettava il ricorso richiamando l’art. 13, c. 2, d.lgs. n. 163/2006 a norma del quale il diritto di accesso agli atti di gara è differito sino al momento dell’aggiudicazione definitiva ed assumendo che alla data di proposizione del ricorso e a quella di decisione dello stesso (camera di consiglio del 3/7/2009) non fosse ancora intervenuta l’aggiudicazione definitiva.

Con successivo ricorso – notificato a mezzo posta in data 20/8/2009 e depositato in data 8/9/2009 – la soc. ricorrente ha chiesto al T.a.r. di revocare, ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. la sentenza n. 1441/2009, e, per l’effetto di accogliere il ricorso in tema di accesso, consentendo l’estrazione di copia dei documenti richiesti.

Espone in particolare la ricorrente che il giudice di primo grado sarebbe incorso in un palese errore di fatto in quanto risultava dalla memoria difensiva prodotta in atti da parte resistente che l’aggiudicazione definitiva era avvenuta con nota 21/5/2009, prot. n. 373 e quindi prima della decisione del ricorso.

Conclude quindi per l’accoglimento del ricorso per revocazione proposto.

In data 24/1/2011 si è costituita in giudizio l’Azienda intimata chiedendo il rigetto del ricorso per revocazione assumendone l’infondatezza.

All’udienza pubblica del 4/5/2011 il ricorso, uditi i difensori delle parti come da verbale, è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Rileva in via preliminare il Collegio che il ricorso è stato assegnato ad altra sezione del T.a.r. rispetto a quella che ha deciso la sentenza impugnata con il rimedio della revocazione (sez. I), in applicazione dei principi di cui alla decisione dell’Adunanza Plenaria del Cons. di Stato 25 marzo 2009, n. 2.

Ritiene il Collegio che il ricorso per revocazione proposto sia inammissibile.

Recita l’art. 28, cc. 12, l. n. 1034/1971 applicabile ratione temporis alla presente controversia:

"1. Contro le sentenze dei tribunali amministrativi è ammesso ricorso per revocazione, nei casi, nei modi e nei termini previsti dagli articoli n. 395 e 396 del codice di procedura civile. 2. Contro le sentenze medesime è ammesso, altresì, ricorso al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, da proporre nel termine di giorni sessanta dalla ricevuta notificazione, osservato il disposto dell’articolo 330 del codice di procedura civile".

Recitano poi gli artt. 395 e 396 c.p.c.:

"395. Casi di revocazione. Le sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado possono essere impugnate per revocazione: 1. se sono l’effetto del dolo di una delle parti in danno dell’altra 2. se si è giudicato in base a prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; 3. se dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell’avversario; 4. se la sentenza è l’effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. Vi è questo errore quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l’inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e tanto nell’uno quanto nell’altro caso se il fatto non costituì un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; 5. se la sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata, purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; 6. se la sentenza è effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato";

396. Revocazione delle sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello. Le sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello possono essere impugnate per revocazione nei casi dei nn. 1, 2, 3 e 6 dell’articolo precedente, purché la scoperta del dolo o della falsità o il ricupero dei documenti o la pronuncia della sentenza di cui al n. 6 siano avvenuti dopo la scadenza del termine suddetto. Se i fatti menzionati nel comma precedente avvengono durante il corso del termine per l’appello, il termine stesso è prorogato dal giorno dell’avvenimento in modo da raggiungere i trenta giorni da esso".

Si distingue in dottrina e in giurisprudenza tra revocazione c.d. "ordinaria" (v. art. 395 nn. 4 e 5 c.p.c.) quando i motivi sono conoscibili dalle parti sin dalla pubblicazione della sentenza, e revocazione c.d. "straordinaria" (v. art. 395, nn. 1, 2, 3 e 6 c.p.c.), quando i motivi sono conoscibili dalle parti solo dopo la scoperta di fatti in precedenza non noti.

I provvedimenti impugnabili mediante revocazione, in base al c.p.c., sono le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado (cioè le sentenze non appellabili – ad es. la sentenza pronunciata secondo equità su accordo delle parti, v. art. 114 c.p.c.), per tutti i motivi di cui all’art. 395 c.p.c., le sentenze pronunciate in primo grado per le quali non sia più esperibile l’appello essendo scaduto il termine per la proposizione, ma solo per i motivi di revocazione straordinaria (v. art. 396 c.p.c.), e le sentenze della Corte di Cassazione, ma solo se viziate da errore di fatto (v. art. 391 bis c.p.c.).

In ambito processualcivilistico la questione dei rapporti tra la revocazione e l’appello è risolta dalla legge in base al principio della sussidiarietà: la revocazione delle sentenze appellabili deve ritenersi esclusa in quanto non prevista né dall’art. 396 c.p.c. (che si riferisce solo alle "sentenze per le quali è scaduto il termine per l’appello"), né da alcuna altra norma del c.p.c., compreso l’art. 395 c.p.c. (che si riferisce alle "sentenze pronunciate in grado d’appello o in unico grado", e tale non è la sentenza di primo grado per la quale penda il termine per l’appello).

Al contrario, nel processo amministrativo, la questione dei rapporti tra la revocazione e l’appello non è risolta dalla legge, ma deve essere risolta dall’interprete.

Osserva il Collegio, innanzitutto che il rinvio che l’art. 28 l. T.a.r. opera verso l’art. 396 c.p.c., non pone problemi applicativi, di talché, per effetto di tale rinvio, le sentenze di primo grado, per le quali sia scaduto il termine per la proposizione dell’appello (sentenze quindi passate in giudicato), sono impugnabili con il rimedio della revocazione straordinaria e quindi non è nemmeno configurabile il concorso dei due rimedi (revocazione straordinaria ed appello).

Osserva invece il Collegio che il rinvio che l’art. 28, c. 1, l. T.a.r. fa all’art. 395 c.p.c., tout court, e unitamente all’utilizzo, nel c. 2, dell’espressione "altresì" riferita al rimedio dell’appello, pone il problema interpretativo relativo a quale sia l’impugnazione esperibile quando pende il termine per l’appello e la sentenza sia viziata da un errore di fatto (art. 395, n. 4) o sia contraria ad altra avente fra le parti autorità di cosa giudicata (art. 395, n. 5).

Secondo un primo orientamento contro le sentenze del T.a.r., ancorché non passate in giudicato e suscettibili d’appello, sarebbe comunque ammissibile il ricorso per revocazione ordinaria prevista dall’art. 395, nn. 45 c.p.c. (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 30 ottobre 2002, n. 5973, che fa leva sul dato testuale della norma che individua l’appello come rimedio aggiuntivo).

Secondo altro orientamento, a dire il vero più risalente, ma che ha ripreso vigore di recente, invece, allorché le sentenze di primo grado, come quelle rese dal T.a.r., sono ancora impugnabili in secondo grado, per non avvenuta scadenza del termine per la proposizione dell’appello, ogni doglianza o profilo di illegittimità da rilevarsi a carico della sentenza del primo giudice va fatta proprio con il rimedio dell’appello, dal che ne discende l’inammissibilità della revocazione ordinaria proposta avverso sentenze appellabili (cfr.: Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 1999, n. 244; Cons. Stato Sez. IV, 31 marzo 2010, n. 1843; T.ar. Campania – Napoli, sez. I, 12 gennaio 2011, n. 72).

Tale opzione ermeneutica più rigorosa appare – come di seguito si dirà, fatta propria dall’art. 106 c.p.a. – quella preferibile perché in linea con i principi propri del processo civile sopra delineati ed immanenti nel processo amministrativo ove con lo stesso compatibili, dai quali il Collegio non ravvisa ragione plausibile per discostarsi.

Segue da ciò l’inammissibilità del ricorso per revocazione ordinaria proposto nel caso di specie quando ancora era pendente il termine per la proposizione dell’appello (sentenza di primo grado depositata in data 11/8/2009, ricorso proposto ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c., notificato in data 20/9/2009).

Ad abundantiam si osserva:

1) il rinvio operato dall’art. 28, c. 1, l. T.a.r. all’art. 395 c.p.c. è probabilmente il frutto di una mera svista del legislatore in quanto le sentenze del T.a.r., giudice di primo grado, non sono né sentenze "pronunciate in grado d’appello" né sentenze pronunciate "in unico grado" (di talché sarebbe stato eventualmente più opportuno espungere detto rinvio dal c. 1 ed effettuare un richiamo all’art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c., nel c. 2 dell’art. 28 l. T.a.r. con riferimento ai motivi dell’appello, con una formulazione del tipo: "Contro le sentenze medesime è ammesso, altresì, ricorso al Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, anche per i motivi di cui all’art. 395, nn. 4 e 5, c.p.c.";

2) l’art. 106, c. 3, c.p.a. (norma entrata in vigore dopo la proposizione del ricorso deciso con la presente sentenza, ma che avvalora comunque l’opzione ermeneutica prescelta) risolve espressamente la questione dei rapporti tra revocazione ed appello in linea con i principi propri del processo civile, e recita: "Contro le sentenze dei tribunali amministrativi regionali la revocazione è ammessa se i motivi non possono essere dedotti con l’appello".

Segue dalle considerazioni che precedono che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Sussistono comunque le eccezionali ragioni di cui all’art. 92, c. 2, c.p.c., tenuto conto della particolarità della controversia, per disporre la compensazione, tra le parti costituite, delle spese del giudizio.

Nulla per le spese nei confronti delle parti non costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso per revocazione in epigrafe indicato, lo dichiara inammissibile.

Spese del giudizio compensate tra le parti costituite.

Nulla per le spese nei confronti delle parti non costituite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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