Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-04-2011) 01-06-2011, n. 21857 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Il Tribunale di Salerno, con ordinanza del 30.6.2010, rigettava l’appello proposto nell’interesse di P.A., legale rappresentante della s.r.l. "SIAN", avverso il provvedimento 17.5.2010 con cui il GIP. dello stesso Tribunale aveva rigettato la richiesta di revoca del decreto 2.3.2010, che aveva disposto il sequestro preventivo di un fabbricato a sette piani, con destinazione ad uffici e negozi, in corso di edificazione alla via (OMISSIS) del Comune di Battipaglia, e del relativo cantiere.

La misura di cautela reale era stata applicata in relazione all’ipotizzato reato di cui al D.P.R. n. 389 del 2001, art. 44, lett. b), sul presupposto che il fabbricato venisse realizzato "in assenza di permesso di costruire, dovendosi ritenere illegittimo il decreto di assenso edilizio prot. n. 15833 del 27.2.2008 emanato dal commissario ad acta indotto in errore dal progettista e dal responsabile del procedimento".

La illegittimità di quel provvedimento veniva delineata per le tre seguenti ragioni:

– il manufatto sarebbe stato edificato "sul confine" con la contigua villa comunale, ad una distanza inferiore a quella prescritta dallo strumento urbanistico (il quale stabilisce che le nuove costruzioni, se non aderenti a quelle preesistenti, siano poste ad una distanza dai confini in misura pari ad 1/3 della loro altezza globale, in ogni caso non inferiore a mt. 6,00);

– il volume edificabile proposto sarebbe stato superiore a quello massimo consentito, dal momento che "il progettista, nel calcolo piano-volumetrico, non teneva conto del portico … e dei corrispondenti vani superiori chiusi su tutti i lati e quindi integranti volume edilizio";

– l’indice di copertura (ossia il rapporto tra la superficie dell’edificio e quella disponibile del lotto) sarebbe risultato "superiore a quello imposto dal regolamento edilizio".

La difesa, con l’istanza di revoca, aveva prospettato che:

– l’immobile era stato costruito solo parzialmente sul confine nel rispetto del cd. "principio di prevenzione" di cui agli artt. 873 e segg. cod. civ., dal momento che il vigente regolamento edilizio comunale non porrebbe un divieto assoluto di costruzione sul confine;

– la volumetria assentitale sarebbe stata correttamente calcolata, in quanto non si sarebbe dovuto tenere conto dell’area occupata dal porticato, atteso che la medesima non era chiusa da tutti i lati, ma delimitata da quadrati di ferro a maglia larga (cd. brise soleil) aventi funzione meramente ornamentale;

– l’indice di copertura sarebbe rispondente a quanto previsto dal regolamento edilizio, dovendosi tenere conto, ai fini del calcolo della superficie, della sola superficie coperta dal corpi chiusi e non di quella invece coperta dai porticati e dagli spazi aperti dei piani superiori.

Il G.I.P. aveva rigettato la richiesta di revoca, ritenendo che la difesa non aveva contestato "la ricostruzione acquisita agli atti", ma si era limitata ad offrire una "diversa lettura alla stregua di una interpretazione alternativa", che avrebbe richiesto una "verifica nel contraddittorio delle parti" e che comunque era inidonea a determinare "il venir meno delle condizioni legittimanti il provvedimento" del quale era stata richiesta la revoca.

Il provvedimento di diniego del G.I.P. era stato appellato ex art. 322-bis c.p.p., ma il Tribunale respingeva il gravame incidentale – limitando l’esame al solo vizio del provvedimento abilitativo (considerato assorbente) riferito alla intervenuta edificazione sul confine dell’adiacente villa comunale, in difformità da quanto stabilito dal regolamento edilizio – e ribadiva che tale regolamento, in deroga dal "principio di prevenzione" stabilito dagli artt. 873 e segg. cod. civ., impone la costruzione alta distanza minima di metri 6 dal confine, consentendo eccezionalmente l’edificazione "in aderenza" soltanto ove ciò sia possibile per la preesistenza di un fabbricato già costruito sul confine del fondo limitrofo. Il fabbricato della s.r.l. "SIAN" "è costruito in parte sul confine del parco comunale e in parte a 3 metri dallo stesso nonostante sul confine non vi sia alcun muro di fabbrica ma solo un muro di cinta":

non è possibile, pertanto, la costruzione in aderenza, perchè non esiste un manufatto al quale aderire, sicchè deve essere integralmente rispettato il prescritto distacco dal confine.

Lo stesso Tribunale, in conclusione, riteneva la sussistenza del fumus del "meno grave reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a), (costruzione effettuata sulla base di un permesso di costruire rilasciato in contrasto con gli strumenti urbanistici)".

Avverso tale ordinanza di rigetto hanno proposto ricorso i difensori del P., i quali hanno eccepito che:

a) il regolamento edilizio del Comune di Battipaglia fissa – per la zona omogenea in oggetto (B2) – un distacco minimo di 6 metri dal confine, prevedendo però anche che "la fabbricazione in aderenza, se possibile, è ammessa su due lati nelle zone omogenee B1, B2 e C3; su di un solo lato nelle restanti zone".

Il "criterio di prevenzione" previsto dagli artt. 873 e 875 c.c., secondo la giurisprudenza unanime delle sezioni civili della Cassazione, è derogato dal regolamento edilizio comunale solo quando questo fissi una distanza minima dal confine, ma non anche quando consenta costruzioni in aderenza o in appoggio: in tale ultima ipotesi – ravvisarle nel caso in esame – il principio di prevenzione rimane operativo e la costruzione sul confine per il preveniente risulta possibile.

Un’interpretazione diversa non può essere sostenuta sulla base dell’inciso "se possibile", presente nella norma del regolamento edilizio del Comune di Battipaglia, dovendo ritenersi riferito tale inciso alla possibilità tecnico-fattuale di aderire fino a due lati nelle zone omogenee B1, B2 e C3. In ogni caso, la semplice previsione della possibilità di costruire in aderenza implica l’operatività del principio di prevenzione e la legittimità della costruzione sul confine;

b) la mancanza di qualsiasi valutazione degli altri due profili di irregolarità della costruzione ipotizzati nel provvedimento applicativo della misura di cautela reale – che comunque sarebbero anch’essi infondati – non consente, in sede di legittimità, alcun riscontro della fondatezza delle ragioni del ricorrente ed imporrebbe, qualora se ne profilasse la necessità, una pronuncia di annullamento con rinvio.

Il ricorso deve essere rigettato, perchè infondato.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, "tra i presupposti di ammissibilità del sequestro, sia esso preventivo o probatorio, non è da includere la fondatezza dell’accusa e tantomeno la colpevolezza dell’imputato, bensì l’astratta configurabilità di un’ipotesi di reato, salvo che la sua infondatezza risulti del tutto manifestà (Cass., sez. 2^, 5.6.2008, n. 22712). Ne consegue che un provvedimento di sequestro può essere annullato o revocato dal tribunale del riesame solo quando, dagli atti utilizzati dall’autorità giudiziaria per emettere il provvedimento impugnato e da quelli eventualmente prodotti dalla difesa nel corso della procedura incidentale, la misura adottata appaia manifestamente infondata.

Non può riconoscersi rilevanza, invece, alla prospettazione di una diversa ricostruzione della vicenda alla stregua di una interpretazione alternativa degli elementi acquisiti.

Tenuto conto di tale principio, nel caso che ci occupa – caratterizzato dall’intervenuto rilascio di un permesso di costruire con efficacia condizionata alla verifica del rispetto delle distanze dai confini (ma tale verifica avrebbe dovuto essere effettuata, "a monte", dall’ufficio tecnico comunale) – sicuramente razionale appare, allo stato, l’interpretazione data dal Tribunale alle esaminate disposizioni pianificatorie in tema di distanze, nel senso che dette norme permettono la possibilità di derogare alla regola generale, di doverosa edificazione dei fabbricati ad almeno 6 metri dal confine, solo nel caso in cui si possa costruire in aderenza ad un preesistente fabbricato che è presente in loco in quanto è stato costruito dal vicino sul confine (precedentemente all’introduzione della normativa attualmente vigente) e non anche nel diverso caso in cui il vicino non abbia ancora realizzato alcuna costruzione sul confine.

La pianificazione vigente, in sostanza, dispone in via generale e per il futuro il doveroso arretramento "dal confine" ma, per non danneggiare il proprietario limitrofo di un fondo ove sia già intervenuta edificazione sul confine, gli consente, con disposizione derogatoria eccezionale, l’edificazione in aderenza parziale.

Una situazione derogatoria siffatta non è riscontrabile nella fattispecie in esame, ove il confine del parco comunale è semplicemente delineato da un muro di cinta, che non può farsi rientrare nella nozione di "costruzione" ai fini dell’osservanza delle norme in materia di distanze legali.

Deve tenersi altresì presente, al riguardo, che le norme contenute nei regolamenti edilizi e nei piani comunali che, integrando quelle del codice civile in materia di distanze tra edifici, stabiliscono una determinata distanza dal confine, mirano non soltanto a regolare i rapporti di vicinato, ma sono anche dirette a soddisfare esigenze più generali di assetto urbanistico del territorio.

La sussistenza del fumus della violazione sopra esaminata – non smentita dalla diversa interpretazione prospettata dal ricorrente – rende superflua l’indagine sulla ricorrenza degli ulteriori profili di illegittimità della costruzione pure delineati dall’accusa.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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