Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-04-2011) 01-06-2011, n. 21854 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

gnata.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

V.O. è stata condannata – con sentenza del 17.11.2005 del Tribunale di Salerno – Sezione distaccata di Cava dei Tirreni, divenuta irrevocabile il 16.2.2006 – per reati edilizi.

Con la stessa sentenza è stata ordinata la demolizione delle opere abusive, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, u.c..

Nella fase esecutiva il P.M. competente ha ingiunto alla condannata la demolizione dette opere abusive, ma la stessa non vi ha ottemperato ed ha rivolto al giudice dell’esecuzione istanza di annullamento del provvedimento ingiuntivo, prospettando che non avrebbe potuto legittimamente uniformarsi ad esso, essendosi già verificata l’acquisizione gratuita dell’immobile abusivo al patrimonio del Comune (con atto del 26.3.2003).

Il Tribunale di Salerno – Sezione distaccata di Cava dei Tirreni, quale giudice dell’esecuzione, all’esito del procedimento in camera di consiglio di cui all’art. 666 c.p.p., commi 3 e 4, – con ordinanza del 29.4.2010 – ha revocato l’ordine demolitorio, affermando che, poichè la costruzione abusiva ed il terreno in cui sorge sono diventati di proprietà del Comune, a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3, la V., non essendo più proprietaria, non può ottemperare alla disposta demolizione.

Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, ex art. 666 c.p.p., comma 2, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Salerno ed ha lamentato la illegittimità dell’anzidetto provvedimento di revoca, prospettando che – pure essendo state le opere abusive in oggetto effettivamente acquisite al patrimonio del Comune – opera, tuttavia, il potere-dovere del giudice penale di eseguire la demolizione disposta del D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 31, comma 9, che può escludersi nei soli casi in cui sia intervenuta la deliberazione del Consiglio comunale che abbia dichiarato l’esistenza di prevalenti interessi pubblici, ovvero, comunque, l’ordine di demolizione risulti assolutamente incompatibile con atti amministrativi dell’autorità competente, che abbiano conferito all’immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto.

1. Il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31 (e già la L. n. 47 del 1985, ‘art. 7) – per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali – ha previsto un regime sanzionatorio amministrativo, che si articola secondo il seguente schema generale:

– il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, rilevata la violazione, deve obbligatoriamente ingiungere al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione dell’opera abusiva, che dovrà essere eseguita a spese dei soggetti responsabili;

– se il responsabile dell’abuso non provvede alla demolizione e al ripristino dello stato dei luoghi nel termine di 90 giorni dall’ingiunzione, il bene e l’area di sedime, nonchè quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive, sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del Comune;

– l’opera abusiva acquisita deve essere poi demolita, con ordinanza del dirigente o responsabile dell’ufficio tecnico comunale, a spese dei responsabili dell’abuso. Eccezionalmente, però, la demolizione può essere evitata in presenza di prevalenti interessi pubblici alla conservazione del manufatto – riconosciuti e dichiarati con deliberazione del Consiglio comunale – purchè ciò non contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali. Dal sistema dianzi delineato può evincersi la sussistenza di un criterio generale di preminenza dell’interesse al ripristino dell’assetto territoriale violato, derogabile soltanto in presenza di fondate ragioni, con riferimento alle quali la deliberazione consiliare di mantenimento dell’opera abusiva deve essere motivata. Mentre, infatti, la L. n. 10 del 1977, art. 15 prevedeva il ricorso alla demolizione solo qualora l’opera non fosse idonea ad essere utilizzata per fini pubblici, già con la L. n. 47 del 1985, art. 7 è stata disposta sempre la demolizione "salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici". 2. L’acquisizione gratuita dell’opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 31, comma 3, non è incompatibile con l’ordine di demolizione emesso dal giudice penale ed eseguito dal pubblico ministero;

infatti, nella prima parte del comma 5 dello stesso articolo, si stabilisce che l’opera acquisita al patrimonio comunale deve essere demolita con ordinanza del dirigente o responsabile dell’ufficio tecnico comunale, a spese del responsabile dell’abuso.

Si avrebbe incompatibilità soltanto se, con deliberazione consiliare, a norma della seconda parte dello stesso comma 5, si fosse statuito di non dovere demolire l’opera acquisita vedi Cass., Sez. 3: 19.6.2008, n. 25117, Di Corrado; 31.1.2008, n. 4962, P.G. in proc. Mancini e altri; 23.1.2007, n. 1904, Turianelli; 29.11.2005, n. 43294, Gambino ed altro; 13.10.2005, n. 37120, Morelli; 20.5.2004, n. 23647, Moscato ed altro, 30.9.2003, n. 37120, Bommarito ed altro;

20.1.2003, n. 2406, Gugliandolo; 7.11.2002, n. 37222, Clemente;

17.12.2001, Musumeci ed altra; 29.12.2000, a 3489, P.M. in proc. Mosca.

Si è già rilevato che l’acquisizione gratuita, in via amministrativa, è finalizzata essenzialmente alla demolizione, per cui non si ravvisa alcun contrasto con l’ordine demolitorio impartito dal giudice penale, che persegue lo stesso obiettivo: il destinatario di tale ordine, a fronte dell’ingiunzione del P.M., allorquando sia intervenuta l’acquisizione amministrativa a suo danno, non potrà ottemperare all’ingiunzione medesima soltanto se il Consiglio comunale abbia già ravvisato (ovvero sia sul punto di deliberare) l’esistenza di prevalenti interessi pubblici al mantenimento delle opere abusive.

Ove il Consiglio comunale non abbia deliberato – invece – il mantenimento dell’opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese del responsabile dell’abuso. Non si comprende, dunque, perchè il condannato non possa chiedere al Comune (divenuto frattanto proprietario) l’autorizzazione a procedere ad una ineludibile demolizione a proprie cura e spese ovvero perchè, indipendentemente dalla proposizione o dalla sorte di una richiesta siffatta, l’autorità giudiziaria non possa provvedere a quella demolizione che autonomamente ha disposto, a spese del condannato, restando comunque costui spogliato della proprietà dell’area già acquisita al patrimonio disponibile comunale e con l’ulteriore conseguenza che i materiali risultanti dall’attività demolitoria (es. porte, impianti igienici, infissi, serrande etc.) spetteranno al Comune.

Trattasi di modalità esecutive che si affiancano alle procedure di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 41 ed escludono qualsiasi interferenza dell’autorità giudiziaria nella sfera della discrezionalità amministrativa. Qualora si argomentasse in senso contrario si perverrebbe all’illogica conclusione che il giudice penale non potrebbe ordinare, in caso di condanna, la demolizione delle opere abusive tutte le volte in cui l’amministrazione comunale abbia ingiunto la demolizione e questa non sia stata eseguita dal responsabile dell’abuso nel termine di 90 giorni dalla notifica, tenuto conto che l’acquisizione avviene a titolo originario ed "ope legis", per il solo decorso del tempo, con il conseguente carattere meramente dichiarativo del successivo provvedimento amministrativo, che è atto dovuto, privo di qualsiasi contenuto discrezionale.

E’ ben difficile, del resto, ipotizzare si possa pervenire alla conclusione anche del primo grado di un procedimento penale in un periodo più breve o pari a quello la cui decorrenza comporta l’acquisizione automatica del bene.

3. Nella fattispecie in esame, il Consiglio comunale di Cava dei Tirreni come comunicato dall’ente territoriale con nota del 5.5.2010 non ha escluso ( D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 31, comma 5) la necessità di procedere alla demolizione dell’immobile abusivo in oggetto, nè ha ravvisato resistenza di prevalenti interessi pubblici al suo mantenimento previo accertamento di una situazione di inesistente contrasto con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali.

Non risulta, infine, l’assunzione di provvedimenti ostativi dalla giurisdizione amministrativa.

4. L’impugnata ordinanza, conseguentemente, deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Salerno, quale giudice dell’esecuzione, per nuovo e compiuto esame alla stregua dei principi di diritto dianzi enunciati.
P.Q.M.

la Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 666,611 e 623 c.p.p.;

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Salerno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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