T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 01-06-2011, n. 936 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Dopo che la d.g.r. 8 aprile 2008, n. 822, approvò definitivamente il piano d’assetto territoriale intercomunale (P.A.T.I.) di Camponogara e Fossò, quest’ultimo Ente dapprima adottò (provvedimento 30 dicembre 2008, n. 74), e quindi approvò, con deliberazione consiliare 8 aprile 2009, n. 19, il conseguente Piano degli Interventi (P.I.), il quale entrò in vigore il seguente 16 maggio.

B. Il seguente 23 maggio gli odierni ricorrenti V. e G.G., S., P. e T.C., A.M.D.B., S.L. e da B.P. S.a.s. di D.B.A.M. & C. (di seguito, indicati collettivamente come raggruppamento B.P.), costì proprietari di terreni in località Sandon, depositarono in Comune la richiesta per l’approvazione del piano di lottizzazione I.U.P. – Intervento Urbanistico Preventivo – 09 denominato "B.P.", integrando poi la loro domanda il seguente 24 giugno.

C. Nella perdurante inerzia dell’Amministrazione – con le elezioni amministrative svoltesi in giugno, si era determinato un cambio di maggioranza politica – il successivo 25 settembre il raggruppamento B.P.- richiese, ex artt. 20, II comma, e 30, VI comma, della l.r. 11/04, nonché dell’art. 22 della l. 136/99, la nomina di un commissario ad acta che provvedesse, in sostituzione del Comune di Fossò, all’adozione ed approvazione del piano di lottizzazione, poiché conforme allo strumentazione – P.A.T.I. e P.I. – all’epoca vigente.

D. Di fronte all’iniziativa di B.P., cui si assommavano le pressioni di altri lottizzanti, il consiglio comunale di Fossò assunse la deliberazione 30 settembre 2009, n. 67, con cui fu stabilita, per un periodo di otto mesi, decorrenti dall’entrata in vigore della stesso provvedimento, la sospensione dell’efficacia del piano degli interventi, approvato in aprile, per le opere "che presentano incongruenze tra volume edificabile e superficie destinata a standard"; ovvero, di tutte "le disposizioni e/o le previsioni del Piano degli Interventi … desumibili dalle N.T.O. e/o dagli elaborati di Piano, che prevedano in relazione alle aree di trasformazione, nel dispositivo elencate, nuove edificazioni, ampliamenti e/o comunque interventi edilizi comportanti la realizzazione di standard".

L’elenco di tali interventi includeva anche il p.d.l. B.P., e fu ulteriormente accresciuto con la successiva deliberazione 27 ottobre 2009, n. 75, dopo che già la deliberazione 68/2009 aveva esteso la sospensione alle aree classificate "T6 – tessuto residenziale diffuso".

F. L’esplicita ragione per cui la nuova maggioranza consiliare aveva deliberato la sospensione di gran parte degli interventi previsti nel del P.I. era stata quella di procurarsi così un intervallo, durante il quale approvare una variante al piano, destinata a rimuoverne i contenuti ritenuti inappropriati, senza dover nel frattempo applicare le previsioni contenute nello strumento vigente, ed accogliere così i piani attuativi conformi allo strumento vigente: e, infatti, con la comunicazione 26 ottobre 2009, prot. 13742, il dirigente responsabile dell’area servizi urbanistica ed edilizia privata, sospese l’esame anche del piano di lottizzazione I.U.P. 09.

G. Con il ricorso principale in esame il raggruppamento B.P. ha allora impugnato le deliberazioni che avevano condotto alla sospensione sia del piano degli interventi sia, per conseguenza, del procedimento relativo al piano attuativo presentato, ed ha altresì presentato una domanda risarcitoria.

H. Con l’ordinanza 22 dicembre 2009 n. 1174 la Sezione ha accolto l’istanza cautelare proposta: ma ciò non ha determinato tangibili effetti, anche perché, con la deliberazione 26 febbraio 2010, n. 5, è stata adottata la variante, in funzione della quale il piano degli interventi era stato sospeso.

I. Di seguito, il dirigente di area, mediante la nota 4 marzo 2010, n. 2901, ha comunicato agli interessati i motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire per l’attuazione del p.d.l. B.P., mentre, con deliberazione 19 marzo 2010, n. 58, la giunta comunale di Fossò ha sospeso in salvaguardia, ex art. 29 l.r. 11/2004, ogni determinazione sullo stesso piano in quanto lo stesso contrastava con quanto previsto dalla variante al piano degli interventi in itinere.

Ancora, il sindaco di Fossò, mediante nota del successivo 23 marzo, n. 3696, ha comunicato al presidente della Provincia di Venezia che era stata adottata la variante, sicché sarebbero venute meno le ragioni per la nomina di un commissario ad acta, che il raggruppamento B.P. aveva a suo tempo sollecitato.

J. Avverso questi atti è stato proposto il primo ricorso per motivi aggiunti, cui è seguito poco dopo il secondo ricorso per motivi aggiunti, proposto avverso la deliberazione 21 maggio 2010, n. 33, con cui il consiglio comunale ha definitivamente approvato la variante al P.I..

K. Per effetto della variante, secondo il raggruppamento ricorrente, la superficie territoriale del piano di lottizzazione è passata da m² 9947 a m² 9751, e la volumetria urbanistica è scesa da m³ 7200 a m² 5851; inoltre, sarebbe stata prevista la realizzazione di una nuova strada.

L. Infine, con deliberazione 8 febbraio 2011, n. 5, il commissario straordinario prefettizio che reggeva il Comune di Fossò, dopo lo scioglimento dell’Amministrazione, ha disposto la restituzione al raggruppamento del progetto di piano da essi a suo tempo presentato: tale deliberazione non era stata impugnata, quando la causa è passata in decisione.

M. Si è costituito in giudizio il Comune di Fossò, il quale ha concluso per la reiezione del ricorso principale e dei successivi motivi aggiunti.
Motivi della decisione

1.1. Invero, come si è accennato nella precedente narrazione, sul piano di lottizzazione impugnato si è da ultimo pronunciato il commissario prefettizio di Fossò con la deliberazione 8 febbraio 2011, n. 5.

Tale determinazione, dopo aver richiamato la successione dei provvedimenti emessi sull’originaria domanda di approvazione del p.d.l., ha disposto la restituzione del piano, in quanto non conforme alle norme e agli strumenti urbanistici.

1.2. L’analitica motivazione giustifica tale conclusione riferendosi, anzitutto, al fatto che la progettazione supera la massima volumetria realizzabile, quale individuata nella scheda di P.I. relativa allo I.U.P. 09 (m³ 5851 contro m³ 7200 di progetto), in violazione della variante approvata nel 2010.

1.3. Tuttavia, di seguito, vengono individuate svariate ulteriori carenze non riconducibili alla variante, tra cui le principali sono le seguenti:

a) è mancata una "verifica della rete di smaltimento delle acque meteoriche al di fuori dell’ambito (…) richiesta con ns. nota prot. 12436 del 30/09/2009 a seguito del parere del Consorzio di Bonifica prot. 8698 del 22/09/2009, successivamente confermato dal medesimo Consorzio con nota prot. 7254 del 7/10/2010";’

b) l’ambito d’intervento, come già evidenziato "nell’istruttoria tecnica redatta in data 9/10/2009, … è servito da una viabilità di tipo privato denominata vicolo Stati Uniti"; in conseguenza dell’intervento proposto, tale viabilità assume connotazione pubblica, ma manca della dimensione minima per le strade di categoria F in ambito urbano, ex d.m. 5/11/2001, e da ciò la necessità di un adeguamento progettuale; inoltre "del sedime della strada esistente (mappali nn. 400, 405, 406, 407 e 97) non è stata dimostrata la titolarità, né l’esistenza di servitù atte a consentire l’accesso ai mappali ricadenti nell’ambito dello IUP 09 e la realizzazione dei sottoservizi e delle opere stradali connesse al nuovo accesso";

c) per quanto poi concerne lo schema di convenzione, questo è inadeguato alle disposizioni di cui al d. lgs. 163/2006 sull’assegnazione con evidenza pubblica della realizzazione delle opere, e prevede, inoltre, un’illegittima compensazione tra oneri di urbanizzazione secondaria dovuti e opere di urbanizzazione primaria, né include, tra le aree gravate dagli obblighi convenzionali, quelle interessate da opere fuori ambito (viabilità ed opere idrauliche);

d) non sono previsti adeguati raccordi del tratto di strada ricadente nell’ambito dello IUP 09 con i corrispondenti tratti stradali fuori ambito;

e) si prevede la possibilità "di costruire fabbricati con tipologia isolata, bifamiliare, quadrifamiliare e a schiera, in contrasto con la scheda di progetto vigente, sia al momento della presentazione che alla data attuale e che prescrive tipologie uni/bifamiliare e a schiera";

f) non sarebbe inoltre definita "la progettazione e le modalità di intervento edilizio in corrispondenza dei lotti E lato nord e D lato sud che risultano delimitati da fossati di scolo";

g) non è stata rispettata la previsione delle norme tecniche "relativa all’obbligo della ricomposizione di elementi vegetazionali esistenti, individuati dal PI sia al momento della presentazione della domanda sia alla data attuale, come "filari alberati significativi continui"".

2.1. Orbene, è intanto da ribadire come delle molteplici ragioni addotte per respingere il progetto di p.d.l., una soltanto è effettivamente riconducibile alla variante al P.I., e cioè la minore volumetria assegnata al comparto interessato; e sebbene il diniego d’approvazione non sia stato impugnato, è tuttavia sostenibile che l’annullamento in parte qua dello strumento urbanistico generale potrebbe consentire la ripresentazione del piano con la stessa volumetria già respinta, appunto per effetto del fatto nuovo, rappresentato dall’annullamento giurisdizionale della relativa previsione.

Ne consegue però egualmente che, delle censure proposte con i ricorsi avverso la variante al P.I., conservano interesse soltanto quelle che possono condurre, direttamente o indirettamente, all’annullamento di tale previsione di piano.

2.2. È dunque conveniente procedere dall’esame dei motivi aggiunti, anzitutto per la parte in cui questi impugnano la variante adottata.

La prima censura rilevante è rubricata nella violazione e falsa applicazione degli artt. 8 e 10 della l. 1150/1942, dell’art. 18 della l.r. 11/2004 e dell’art. 97 Cost. con riguardo al principio di buona amministrazione; nonché, ancora, nell’eccesso di potere, per difetto ovvero falsità dei presupposti, difetto di istruttoria e sviamento.

Il provvedimento di adozione della variante violerebbe, anzitutto, l’art. 8 della legge urbanistica 1150/1942, in quale indica quali presupposti, per dare corso ad una variante al piano urbanistico, "sopravvenute ragioni che determinino la totale o parziale inattualità del piano o la convenienza a migliorarlo", e ciò varrebbe sia per le varianti generali che per quelle parziali: nella fattispecie, viceversa, l’Amministrazione comunale non avrebbe saputo indicare tali giustificazioni.

Inoltre, la carenza di presupposti per l’esercizio del potere pianificatorio in variante comporterebbe la violazione dei principi di buona amministrazione e costituirebbe altresì sintomo di eccesso di potere da sviamento: la variante in esame costituirebbe una sorta di "variante di salvaguardia", assunta al solo fine di congelare la situazione esistente e bloccare l’attuazione dello strumento urbanistico in attesa di approfondimenti futuri.

2.3.1. Ancora – II motivo – la variante adottata violerebbe altresì i principi generali di diritto in materia di motivazione degli atti amministrativi inerenti i piani regolatori e le loro varianti e, inoltre, l’ art. 3 della l. 241/1990.

Da questi principi sarebbe invero stabilito l’obbligo generalizzato per l’Amministrazione di accompagnare tali provvedimenti con una congrua indicazione delle diverse esigenze che si sono dovute conciliare e della coerenza delle soluzioni predisposte, in funzione del soddisfacimento delle esigenze stesse con i criteri d’ordine tecnico – urbanistico stabiliti per la formazione dello strumento.

2.3.2. A tale obbligo di motivazione generale, prescritto cioè per qualsiasi atto di pianificazione urbanistica si accompagnerebbe un onere di motivazione specifica ed analitica, nei casi di superamento degli standard minimi di cui al D.M. 1444 del 2 aprile 1968, d’incisione in senso peggiorativo di un’area determinata, nonché per l’ipotesi di lesione per le posizioni di affidamento qualificato del privato.

2.3.3. Tali situazioni si realizzerebbero in specie: gli amministratori di Fossò, adottando la gravata variante, non avrebbero dato conto degli elementi concreti che la fondano, limitandosi ad esporre considerazioni così generiche da risultare sostanzialmente apodittiche.

2.3.4. In particolare, per il piano di lottizzazione B.P. la variante prevede – oltre ad incrementi marginali della superficie territoriale e degli standard urbanistici – la diminuzione della volumetria urbanistica, come già ricordato, da 7.200 a 5.851 m³.

L’Amministrazione non avrebbe però assolto all’obbligo d’indicare le specifiche ragioni d’interesse pubblico da cui dipende tale scelta, la quale anzitutto sacrificherebbe le aspettative ingenerati nella proprietà, che si sarebbe "già attivata per procedere allo sfruttamento delle possibilità edificatorie assegnate in base al vigente piano urbanistico"; e, inoltre, pregiudicherebbe il suo legittimo affidamento nella positiva conclusione del procedimento amministrativo di approvazione del p.d.l..

3.1. Le censure per come proposte non possono trovare accoglimento.

3.1.1. Anzitutto, in termini generali, ed in contrasto con quanto affermato dai ricorrenti, che richiamano una disciplina affatto superata dalle norme nazionali e regionali poi intervenute, va riconosciuto al Comune, quale primario ente esponenziale degli interessi collettivi locali in materia urbanistica, il potere di rivedere costantemente le proprie scelte sull’organizzazione del territorio, anche a breve intervallo di tempo dalle precedenti determinazioni in materia.

La circostanza che ciò trovi la propria giustificazione in un mutamento di maggioranza politica non vizia di per sé le relative determinazioni, giacché tale modificazione consegue, a sua volta, da quella dell’elettorato, e dunque della popolazione residente, che ha così prescelto, come nuovi amministratori, quelli decisi a modificare la disciplina urbanistica vigente.

3.1.2. Non v’è certamente dubbio che tale variazione debba attuarsi nel rispetto del principio di ragionevolezza, e questo non sarebbe osservato, qualora la variazione degli strumenti urbanistici fosse attuata da un’Amministrazione comunale al mero scopo di contrastare lo strumento vigente ed approvato, riconducibile ad una precedente e diversa maggioranza politica: questo Collegio non può naturalmente che riconoscere il principio dell’unicità e della coerenza dell’azione amministrativa per gli enti pubblici rappresentativi ed elettivi, cui la ricorrente fa riferimento.

3.1.3. Inoltre, la variazione richiederà una peculiare motivazione per le aree già classificate (attualmente la norma), se le destinazioni preesistenti erano assistite da un affidamento qualificato in capo ai rispettivi titolari, fondato su specifiche aspettative, "come quelle derivanti da un piano di lottizzazione approvato, da un giudicato di annullamento di un diniego di concessione edilizia o dalla reiterazione di un vincolo scaduto" (così, ex multis, C.d.S., IV, 4 maggio 2010, n. 2545; conf. id., V, 2 marzo 2009, n. 1149).

3.2.1. Tanto premesso in linea di principio, si deve riconoscere, sulla base della documentazione in atti, che le scelte compiute dalla nuova Amministrazione comunale di Fossò sono state determinate dall’intento di fornire una disciplina urbanistica, certo ispirata a principi diversi da quella precedente, ma nondimeno congrua e frutto di scelte razionali.

3.2.2. Invero, la decisione di ridurre le volumetrie e di accrescere gli standard è opinabile ma logicamente sostenibile, sicché la variante non può per questo essere ritenuta illegittima: entrambe le scelte, sia quelle contenute nell’originario piano degli interventi, come quelle espresse nell’impugnata variante, appartengono tutte all’ambito della discrezionalità, e non si può affermare che le prime siano preferibili a tal punto sulle altre da condurre ad una pronuncia d’illegittimità.

3.3.1 Né si può d’altronde affermare che la decisione assunta sia priva di una conveniente motivazione, almeno nella misura imposta dalla posizione fatta valere dai ricorrenti, e tenendo conto che lo strumento attuativo da essi proposto non è mai stato approvato e dunque l’Amministrazione non era tenuta a dedicarvi una specifica attenzione.

3.3.2. Invero, nella relazione tecnica che accompagna la variante, ne viene indicato come obiettivo principale "di dare concreta attuazione solo ad alcuni degli interventi previsti dal PATI, rivedendo parzialmente i contenuti e le carature urbanistiche del primo PI per riequilibrarne densità e consistenza", attraverso più P.I. che predispongono l’attuazione complessiva dello scenario di sviluppo, attraverso "un processo di qualificazione dell’edificato e riordino degli spazi aperti pertinenziali".

3.3.3. Così, sempre secondo la relazione tecnica, la rinnovata scelta di attuare il PATI attraverso successivi piani degli interventi, impone, mediante la variante, tra l’altro, "la ridefinizione degli indici di edificabilità previsti dal PI vigente per i diversi tessuti urbani al fine di procedere anche ad operazioni di ridistribuzione del carico urbanistico sul territorio" ed il riequilibrio complessivo "dei rapporti volumetrici e di superficie, all’interno dell’intero territorio comunale, al fine di razionalizzare il rapporto tra le aree insediate e gli spazi aperti".

3.4.1. Le citazioni potrebbero proseguire, ma non aggiungerebbero molto alla dichiarata volontà dell’ Amministrazione di ridimensionare – anche sotto il profilo delle opere di urbanizzazione e generalmente pubbliche – gli interventi stabiliti nel primo piano degli interventi, anche in vista di un successivo impiego delle potenzialità edificatorie del territorio comunale sin qui conservate.

3.4.2. La nuova linea seguita dall’Amministrazione, va ribadito, non è estranea ai suoi poteri, ed il Collegio la ritiene inoltre adeguatamente giustificata e coerentemente attuata.

Il Comune di Fossò, insomma, ha fornito una conveniente spiegazione delle sue scelte, peraltro pienamente legittime, sicché il primo ed il secondo motivo aggiunto possono essere senz’altro respinti.

3.5.1. Si può ora passare senz’altro al sesto motivo, nella cui prima parte si lamenta la violazione dell’art. 18, II comma, l.r. 11/2004, il quale prevede espressamente che l’adozione del P.I. è preceduta da forme di consultazione, di partecipazione e di concertazione con altri enti pubblici e associazioni economiche e sociali eventualmente interessati, che l’Amministrazione comunale di Fossò avrebbe qui omesso.

3.5.2. La censura è infondata, anzitutto perché la genericità della disposizione, sia quanto alle procedure, che per i soggetti da coinvolgere, esclude che l’omissione di tale adempimento possa essere sanzionata con l’invalidità dell’intero strumento urbanistico, essendo comunque adeguatamente garantita la partecipazione della popolazione residente attraverso il deposito dello strumento dopo la sua adozione ex art. 18, III comma, cit

3.5.3. È dunque da ritenere che la previsione indichi l’opportunità di seguire un modello partecipativo, senza peraltro imporlo all’Ente, il quale valuterà discrezionalmente quale seguito darvi.

Lo stesso ricorso riconosce, comunque che la variante è stata presentata, prima dell’adozione, "in due serate": e ciò basta a far venir meno ogni residua incertezza sulla rilevata infondatezza della censura.

3.6. Come già accennato, le ulteriori censure proposte contro il provvedimento di adozione della variante al P.I. non concernono invece in alcun modo profili dello stesso, i quali interferiscano con il piano di lottizzazione "Blu paradise"; ovvero, comunque, con quei profili dello stesso che hanno infine condotto l’Amministrazione a restituirlo.

3.6.1. Ciò vale per il terzo motivo (violazione dell’art. 12, III comma e dell’art. 31, VIII comma, della l.r.. 11/04; violazione dell’art. 97 Cost.; eccesso di potere per difetto di istruttoria, arbitrarietà, contraddittorietà’, illogicità e sviamento) riferito al rilevato aumento degli standard urbanistici, ed egualmente per il quarto – compendiato nella violazione dell’art. 62 delle n.t.a. al P.A.T.I. dell’art. 12, III comma, della l.r.. 11/04, nonché nell’eccesso di potere sotto svariati profili – e riferito a presunte incongruenze tra P.A.T.I. e P.I.

3.6.2. Il quinto motivo – violazione dell’art. 97 Cost.; falsità e travisamento dei presupposti; sviamento – riguarda le relazione tra il piano degli interventi ed il piano delle acque: ma nessuna relazione esiste nemmeno tra quest’ultimo e la decisione di respingere il p.u.a. presentato dai ricorrenti.

3.6.3. Il sesto motivo, oltre a quanto sopra rilevato, contiene altresì riferimenti allo stralcio delle opere pubbliche contenute negli accordi pubblico – privato, e di altre previsioni relative ad attività produttive, soprattutto fuori zona: e non v’è anche qui dubbio dell’assoluta inconferenza delle censure.

3.7. Il settimo motivo impugna la comunicazione 4 marzo 2010 prot. n. 2901, a firma del responsabile dell’Area servizi urbanistica ed edilizia privata del Comune di Fossò, con cui sono stati comunicati i motivi ostativi al rilascio del permesso di costruire per l’attuazione del Piano di Lottizzazione I.U.P. 09 "B.P.".

È tuttavia evidente che l’atto non ha un proprio contenuto provvedimentale, e comunque è superato dai successivi sviluppi della vicenda, sicché il ricorso è in parte qua inammissibile.

3.8. L’ottavo motivo di ricorso (violazione della l. 1902/1952, violazione dell’art. 12 del d.P.R. 380/2001 e dell’art. 29 l.r. 11/2004; eccesso di potere per sviamento, travisamento dei presupposti e ingiustizia manifesta) riguarda invece la deliberazione della giunta comunale di Fossò 19 marzo 2010, n. 58, con cui, dopo l’adozione della variante, è stata sospesa la procedura per l’adozione del piano di lottizzazione in esame.

3.8.1. Anche qui, per vero, è dubbio che persista un interesse a pronunciarsi sul punto, giacché una diversa condotta dell’ Amministrazione non avrebbe potuto risolversi che in una reiezione del progetto: tuttavia, nella prospettiva di un ipotetico danno da ritardo, sul quale si tornerà, si ritiene di poter esaminare la censura, la quale va comunque respinta.

3.8.2. Invero, non sono sufficienti a raggiungere un’altra conclusione le previsioni con cui la l. 1902/1952, l’art. 12 del t.u. edilizia e l’art. 29 della l.r. 11/04 letteralmente prevedono l’applicazione di una misura di salvaguardia, conseguente all’adozione di una variante allo strumento urbanistico generale, con riferimento soltanto ai titoli edilizi e non agli strumenti di pianificazione.

3.8.3. Ora, secondo il ripetuto art. 29, dall’adozione degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale nonché delle relative varianti e fino alla loro entrata in vigore, nel limite di cinque anni, si applicano le misure di salvaguardia, ex l. 3 novembre 1952, n. 1902, e questa si riferisce testualmente ad "ogni determinazione sulle domande di licenza di costruzione, di cui all’art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150".

A sua volta, il citato art. 12, III comma, del d.P.R. 380/01, pure prevede che, in caso di contrasto dell’intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni di strumenti urbanistici adottati, "è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda", per un periodo fino a cinque anni.

3.8.4. Il dato testuale escluderebbe dunque dalla sospensione in salvaguardia ogni strumento attuativo, nella misura e nella parte in cui questo non comporti direttamente una trasformazione del territorio.

Non è però revocabile in dubbio che, pur se venisse approvato tale strumento attuativo, la misura di salvaguardia si dovrebbe comunque poi applicare ai permessi di costruire, richiesti per realizzare gli interventi previsti nel primo, rendendolo dunque il primo comunque inoperante. Sarebbe infatti elusivo della disciplina sulla salvaguardia che potessero essere rilasciati i necessari permessi di costruzione, contrastanti con le previsioni generali adottate, solo perché conformi allo strumento attuativo approvato.

3.8.5. Così, pare infine al Collegio più ragionevole un’interpretazione estensiva delle rammentate disposizioni di legge, la quale risponde ad un principio di economia dell’azione amministrativa.

Si deve cioè evitare che venga approvato un piano attuativo secondo una disciplina che, con elevato grado di probabilità, non sarà più vigente quando lo strumento potrebbe finalmente trovare attuazione, vanificando così il cospicuo impegno, anche economico, profuso da parte dei soggetti interessati per la sua formazione.

3.8.6. Per quanto poi concerne la competenza a disporre la sospensione del piano di lottizzazione, poiché questa s’inserisce nel procedimento di adozione del piano stesso, il quale rientra nelle competenze della giunta, a questa necessariamente pertiene altresì di disporre la sospensione stessa.

3.9. Con il ricorso in esame è stato inoltre impugnata la nota 23 marzo 2010, n. 3696, inviata dal sindaco di Fossò al presidente della Provincia di Venezia, e relativa alla richiesta, inviata dagli interessati alla Provincia, affinché questa esercitasse i poteri sostitutivi di cui agli artt. 20 e 30, VI comma, l.r. 11/04.

Nell’atto si comunica che la variante è stata approvata, e che sarebbe dunque venuto meno il presupposto per l’intervento vicario da parte della Provincia di Venezia.

Si tratta evidentemente di un atto non decisorio, il cui annullamento è del tutto irrilevante: da ciò l’inammissibilità della censura per difetto d’interesse.

4. Come già esposto nella precedente narrazione dopo l’adozione è intervenuta altresì l’approvazione della variante al p.i., che viene censurata nel secondo ricorso per motivi aggiunti per le stesse ragioni sin qui esaminate con riferimento alla delibera di adozione, e, inoltre, per violazione dell’art. 18, IV comma della l.r. 11/04, dell’art. 3 l. 241/1990, nonché dei principi generali di diritto in materia di motivazione sui piani regolatori o varianti di essi, nonché per eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria, erroneità del presupposto, carenza di motivazione e manifesta arbitrarietà.

4.1. In questo motivo si rappresenta come, in violazione dei principi in materia, il Comune non avrebbe proceduto ad un’adeguata valutazione dell’osservazione proposta dagli odierni ricorrenti nella fase intermedia tra l’adozione e l’approvazione: nel provvedimento finale tale osservazione è stata respinta con la motivazione che la proposta non era stata ritenuta "conforme agli obiettivi che l’AC si è posta per la redazione della variante".

Orbene, secondo i ricorrenti "a garanzia del buon andamento ed imparzialità dell’azione amministrativa, le formule di stile quale è la controdeduzione in argomento devono comunque essere precedute da idonea e ragionevole attività istruttoria, di cui dar conto nella motivazione": al contrario, nel caso di specie, il rigetto sarebbe stato assunto senza adeguata istruttoria, e l’osservazione sarebbe ricostruita in maniera incompleta ed erronea nel provvedimento impugnato.

4.2. Orbene, è da rilevare come la cosiddetta osservazione in questione, per la complessità del suo contenuto si presenti piuttosto quale un ricorso avverso la variante, il quale riprende in gran parte le censure recate nel ricorso giurisdizione fin qui considerato, includendo anche in questo caso svariati contenuti non conferenti allo specifico interesse dei consorti B.P..

La richiesta conclusiva, del resto, è di ripristinare le originarie previsioni relative all’area di trasformazione, dove avrebbe dovuto essere realizzato il piano di lottizzazione, e la relazione tecnica, allegata al provvedimento di approvazione della variante, su questo profilo essenziale è conforme alla richiesta.

4.3. È allora fuori questione l’infondatezza della censura: è cioè ovvio che una giustificazione del tutto sintetica, come quella emessa, era sufficiente per respingere un’osservazione, con la quale si chiedeva il ripristino, in parte qua, di un piano che l’Amministrazione intendeva invece profondamente modificare nelle linee essenziali, senza che fosse possibile derogarvi per l’area Blu paradise.

5.1. A questo punto, riconosciuta la legittimità della variante, e della misura di salvaguardia adottata, un eventuale danno ingiusto, e così il suo risarcimento, richiesto dai ricorrenti in tutti gli atti giudiziali, potrebbe trovare fondamento soltanto nell’accertata illegittimità del provvedimento con cui il consiglio comunale, con la deliberazione 30 settembre 2009, n. 67, dispose la sospensione del piano degli interventi all’epoca vigente, in attesa dell’adozione della variante.

5.2.1. Bisogna tuttavia considerare, anzitutto, che la domanda per l’ approvazione del piano fu completata dai ricorrenti il 24 giugno 2009; essa ottenne una risposta sfavorevole soltanto con la deliberazione 8 febbraio 2011, n. 5, per ragioni che non sono riferibili soltanto al contrasto del p.u.a. con la variante nel frattempo approvata, e che non sono qui sindacabili, visto che il nuovo provvedimento non è stato impugnato

5.2.2. Fissati cosi i due estremi temporali del procedimento, è poi da ricordare come l’art. 20 della l.r. 11/04 stabilisca, anzitutto, che il piano urbanistico attuativo "è adottato dalla giunta comunale e approvato dal consiglio comunale. Qualora il piano sia di iniziativa privata la giunta comunale, entro il termine di novanta giorni dal ricevimento della proposta corredata dagli elaborati previsti, adotta il piano oppure lo restituisce qualora non conforme alle norme e agli strumenti urbanistici vigenti" (I comma).

Dunque, si può concludere che la giunta comunale avrebbe dovuto restituire la proposta B.P. agli interessati entro il mese di settembre 2009, affinché vi fossero apportati gli adeguamenti richiesti: del resto, non a caso il raggruppamento chiese l’intervento sostitutivo alla Provincia il 25 settembre.

5.2.3. La variante al piano fu poi adottata alla fine di febbraio 2010.

Ora, ipotizzando che il Comune non avesse disposto la sospensione del piano degli interventi in vigore, è ragionevole supporre che un adeguamento dello strumento, per espungerne i vizi rilevati (quelli già esposti al Par. 1), avrebbe richiesto almeno di un mese di tempo, e che dunque il nuovo piano di lottizzazione avrebbe potuto essere depositato solo all’inizio di novembre 2009.

5.2.4. A questo punto, naturalmente, l’Amministrazione comunale avrebbe avuto a disposizione altri novanta giorni per adottare il nuovo piano: e, dunque, fino alla fine di gennaio 2010.

Ora, pur ipotizzando un esito favorevole, bisogna considerare che, sempre ex art. 20 cit., entro cinque giorni dall’adozione "il piano è depositato presso la segreteria del comune per la durata di dieci giorni; dell’avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato nell’albo pretorio del comune e mediante l’affissione di manifesti. Nei successivi venti giorni i proprietari degli immobili possono presentare opposizioni mentre chiunque può presentare osservazioni" (III comma).

Infine, entro trenta giorni "dal decorso del termine di cui al comma 3, il consiglio comunale approva il piano decidendo sulle osservazioni e sulle opposizioni presentate" (IV comma).

5.2.5. È allora evidente che il termine finale per l’approvazione del nuovo piano di lottizzazione sarebbe ricaduto nel periodo in cui ormai operava legittimamente la misura di salvaguardia: dunque, lo strumento sarebbe stato comunque sospeso sino all’approvazione della variante e non sarebbe stato comunque mai accolto in conformità all’originario piano degli interventi.

5.3. In conclusione, la pur illegittima sospensione dell’originario piano degli interventi non ha, secondo una ragionevole regolarità causale, prodotto alcuna conseguenza dannosa per i ricorrenti, poiché non ha avuto alcun effetto sul diniego di approvazione della lottizzazione, e sulle ragioni di tale diniego, escludendo così qualsiasi obbligo risarcitorio per il Comune resistente.

5.4.1. Diviene così ormai concretamente irrilevante accertare se la decisione di sospendere la variante fosse o meno legittima, poiché, se da un canto il relativo provvedimento ha cessato i suoi effetti, dall’altro esso non ha concretamente cagionato alcun pregiudizio ai ricorrenti per le ragioni sin qui esposte.

5.4.2. Infine, giova precisare che l’annullamento del provvedimento di sospensione del piano, nei limiti dell’interesse della parte ricorrente, non comporta quello degli ulteriori provvedimenti gravati, e prima ritenuti legittimi, con cui il Comune di Fossò ha prima adottato e poi approvato la variante al piano degli interventi, non essendo evidentemente questi consequenziali al primo.

6.1. Comunque, ai limitati fini delle spese di lite, il vizio principale, riconoscibile nella deliberazione gravata, è che l’istituto della sospensione del provvedimento amministrativo, di cui all’ 21 quater, II comma, l. 241/90, è stata qui invalidamente utilizzata per anticipare gli effetti propri di una variante generale allo strumento urbanistico.

6.2. Invero, la disposizione testé citata non introduce specifiche limitazioni, e dunque, di per sé, non esclude che sia applicabile anche agli atti urbanistici generali, come il piano degli interventi.

È però vero che il territorio comunale, fatte salve limitate eccezioni, deve essere costantemente retto da una disciplina urbanistica generale compiuta e coerente: basterà fare riferimento alle norme, di cui alla stessa l.r. 11/04, che disciplinano la formazione degli strumenti urbanistici, la doverosità della loro approvazione e la funzione che questi svolgono nell’organizzazione e nello sviluppo del territorio.

6.3. È dunque compatibile con l’oggetto e la funzione del piano soltanto la sospensione di singole previsioni, relative ad ambiti affatto circoscritti e giustificata da contingenze del tutto peculiari.

Qualcosa di affatto differente, dunque, da ciò che è avvenuto a Fossò, dove è stata grandemente limitata la disciplina urbanistica generale per una parte significativa del territorio.

7. Le spese di lite, stante la parziale reciproca soccombenza virtuale, possono essere integralmente compensate tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo rigetta.

Compensa integralmente le spese di lite tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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