T.A.R. Veneto Venezia Sez. II, Sent., 01-06-2011, n. 933 Edilizia e urbanistica

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

A. Il ricorrente è comproprietario di un compendio immobiliare, costituito da terreni e da un fabbricato ad uso civile abitazione, sito in Comune di Cadoneghe, via Garibaldi 53.

B. Il 12.3.2004 il ricorrente presentava una richiesta di parere preventivo per la demolizione e successiva ricostruzione del fabbricato di sua proprietà ricadente in area C1.3. Il Comune riteneva l’intervento in linea di massima concedibile, come si evince dalla seduta della Commissione edilizia del 16.3.2004, comunicata al ricorrente con nota prot. n. 8780 del 18.3.2004.

C. Successivamente con la delibera n. 10 del 28.2.2005 il Consiglio comunale adottava una variante parziale al P.R.G., modificando la densità fondiaria e l’altezza degli edifici nelle zone B2, C2.2, B3, C1.3. In particolare, tale ultima area passava da un indice fondiario di 2.5 mc/mq a quello di 1,5 mc/mq, ferma restando l’altezza degli edifici pari a 10.00 mt..

D. Tale delibera è gravemente lesiva per gli interessi del ricorrente che ne deduce l’illegittimità sotto più profili:

1) per eccesso di potere per difetto e falsità della motivazione poiché il Comune di Cadoneghe giustifica l’adozione della predetta variante con l’esigenza di salvaguardare l’armonia dello sviluppo urbanistico del territorio e di evitare un’edificazione sproporzionata per altezza e volumetria in contesti costituiti prevalentemente da fabbricati unifamiliari, ignorando volontariamente che nelle zone classificate B2, C2.2, B3 e C1.3 il tessuto urbanistico è ormai caratterizzato dalla presenza di svariate tipologie costruttive, alternandosi edifici unifamiliari e condomini a due e tre piani. Peraltro, l’edificio di proprietà del ricorrente è a pochi metri da un quartiere caratterizzato dalla presenza di molti condomini, ovverosia da un’area perfettamente urbanizzata in relazione alla quale non vi è la necessità della previa presentazione di alcun piano attuativo per realizzare interventi di recupero con sfruttamento integrale della volumetria residua. Altrettanto erronea è anche la motivazione di voler contenere lo sviluppo demografico giacché l’area è perfettamente urbanizzata e lo sfruttamento dell’intera volumetria, così come prevista prima dell’adozione della variante impugnata, non avrebbe determinato alcun particolare incremento di popolazione residente;

2) per eccesso di potere per difetto d’istruttoria, travisamento dei presupposti e contraddittorietà giacché dalla delibera di adozione della variante e dai suoi allegati non si evince l’esistenza di alcuna relazione ricognitiva dello stato del territorio, né di una rassegna delle tipologie costruttive ivi presenti, né, infine, di uno studio demografico previsionale circa il potenziale aumento dei residenti in rapporto alla volumetria ancora da consumare;

3) per eccesso di potere per sviamento poiché è verosimile ritenere che la volumetria risparmiata nelle aree incise dalla variante verrà, comunque, utilizzata dall’Amministrazione resistente per realizzare altri interventi urbanistici.

E. Il Comune di Cadoneghe, ritualmente costituito in giudizio, ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso in quanto proposto avverso una variante di tipo normativo, espressione del potere discrezionale dell’Amministrazione sottratto al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, nonché per sopravvenuta carenza di interesse sia per la mancata impugnazione della successiva delibera di approvazione regionale sia per la presentazione di un successivo parere di fattibilità, strutturato tenendo conto del nuovo indice fondiario. Nel merito l’Amministrazione comunale ha concluso per la reiezione del ricorso in quanto infondato.

F. All’udienza pubblica del 19.5.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1. Il Collegio ritiene di dovere esaminare, innanzitutto, le eccezioni preliminari d’inammissibilità del ricorso sollevate dal Comune resistente.

2. Le eccezioni sono infondate e vanno disattese per le seguenti ragioni.

2.1. Per quanto riguarda la dedotta inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione della deliberazione approvativa della variante, rileva il Collegio che, secondo il costante e condiviso orientamento della giurisprudenza, ciò non determina alcuna preclusione all’ammissibilità o alla procedibilità del ricorso proposto contro la delibera comunale di adozione, in quanto l’eventuale annullamento di quest’ultima esplica effetti automaticamente caducanti, e non meramente vizianti, sul successivo provvedimento di approvazione nella parte in cui lo stesso conferma le previsioni già contenute nel piano adottato e fatto oggetto di impugnativa (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 8.3.2010, n. 1361; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 11.1.2011, n. 22).

2.2. Deve, altresì, essere disattesa l’eccezione d’inammissibilità del ricorso giacché proposto avverso una variante normativa al piano regolatore generale che, in quanto espressione di un’ampia discrezionalità della P.A., sarebbe sottratta al sindacato giurisdizionale. Al riguardo osserva il Collegio che tali tipologie di varianti, implicando apprezzamenti di merito, sono sottratte come tali al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da illogicità, irragionevolezza. Ne discende, dunque, che laddove il privato si dolga dell’illogicità delle scelte operate dalla P.A. il giudice non può fermarsi di fronte al "muro" della lata discrezionalità, ma deve ricercare nel complesso degli atti relativi all’attività pianificatoria la giustificazione dell’operato dell’amministrazione: in particolare, nel caso di variante al piano regolatore generale, dagli elaborati tecnici e dalle relazioni illustrative devono emergere le sopravvenute ragioni che abbiano determinato la convenienza della modifica dello strumento urbanistico generale ed i giusti termini della stessa.

2.3. Né, infine, la presentazione da parte del ricorrente in data 29.4.2009 di un parere preventivo di fattibilità dell’intervento edilizio, strutturato sui nuovi indici fondiari introdotti dalla variante impugnata, vale a determinare la carenza di interesse alla decisione del ricorso. E’, infatti, evidente, proprio in considerazione della natura meramente ricognitiva e non vincolante della richiesta del parere preventivo di fattibilità, che permane, anche dopo la sua presentazione, l’interesse del sig. Daniele alla decisione del gravame in considerazione degli effetti favorevoli che potrebbe conseguire in ipotesi di accoglimento del ricorso.

3. Nel merito il ricorso è infondato e deve essere respinto per le seguenti ragioni.

4. I tre motivi di ricorso possono essere trattati congiuntamente in considerazione della loro stretta connessione logica e giuridica.

4.1. Il ricorrente lamenta l’illegittimità della delibera consiliare impugnata nella parte in cui dispone la riduzione dell’indice fondiario della zona C1.3 da 2.5 mc/mq a 1,5 mc/mq, ritenendola assistita da una motivazione meramente formale, basata su concetti, quali quelli di prevalenza e di principalità, generici, falsi e insufficienti, nonché del tutto privi di riscontro nella realtà urbanistica fattuale.

5. Occorre premettere che le varianti ai piani regolatori generali possono essere distinte, in relazione alla loro funzione ed estensione, in varianti generali, normative e specifiche. La diversa consistenza spaziale dell’esercizio del potere di pianificazione urbanistica si riflette sia sulla concreta estensione dell’obbligo di motivazione e d’istruttoria che incombe sull’autorità amministrativa, sia sull’esercizio del sindacato di legittimità affidato al giudice amministrativo. Per quanto attiene alle scelte urbanistiche di carattere generale è stato affermato che esse costituiscono apprezzamenti di merito, sottratte come tali al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da illogicità, irragionevolezza, con la conseguenza che esse non necessitano di apposita motivazione, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione del piano regolatore. Per le varianti specifiche, ad oggetto circoscritto ovvero incidenti su aspettative qualificate, invece, è stata invece ritenuta necessaria una motivazione specifica ed un’istruttoria altrettanto puntuale (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. I, 15.4. 2010, n. 1089).

5.1. Tanto premesso nel caso di specie il Comune di Cadoneghe ha adottato una variante parziale al P.R.G. di carattere normativo, avendo deciso di modificare la capacità edificatoria di una serie di zone al fine di controllare l’espansione edilizia.

5.2. Nella delibera impugnata viene specificato che "l’esigenza di modificare la densità fondiaria e l’altezza degli edifici di alcune zone nasce da un’analisi dell’assetto del territorio, caratterizzato da costruzioni che, per la maggior parte, si sviluppano su uno o due piani di altezza, realizzando un tessuto urbanistico omogeneo, in cui mal si inserirebbero interventi di grosse dimensioni". A tal fine si prevede una riduzione degli indici fondiari delle zone B2 e C2.2 da 3.00 mc/mq a 1,5 mc/mq e delle zone B3 e C1.3 da 2,5 mc/mq a 1,5 mc/mq, riducendo l’altezza massima degli edifici a 10.00 mt., con lo scopo di "salvaguardare l’armonia dello sviluppo urbanistico del territorio, evitando un’edificazione sproporzionata per altezza e volumetria".

5.3. Nella relazione tecnica è, altresì, specificato che la variante investe zone del territorio già in gran parte edificate e connotate da abitazioni unifamiliari o da piccoli condomini con un’altezza media di due/tre piani, nonché viene evidenziata la necessità di porre rimedio alle problematiche sorte a causa di un indice fondiario così elevato, sfruttabile in assenza dell’obbligo di previa presentazione di uno strumento attuativo, concernenti sia l’adeguatezza delle strade e dei sottoservizi, sia i fenomeni di sostituzione edificatoria di estese aree.

5.4. Alla luce delle richiamate circostanze discende, quindi, che le scelte di ordine urbanistico a carattere generale, contenute nella variante adottata e pacificamente riservate alla discrezionalità dell’Amministrazione, trovano ampia e motivata giustificazione nei criteri generali d’impostazione del piano (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 4.5. 2010, n. 2545). E, infatti, nel caso di specie il Comune ha assolto all’obbligo su di lui gravante di fornire una congrua indicazione in ordine alle esigenze che si sono dovute conciliare ed alla coerenza delle soluzioni predisposte con i criteri tecnicourbanistici stabiliti per la formazione della variante (cfr. Consiglio Stato, sez. IV, 5.8. 2005, n. 4166).

6. Merita, infine, di essere evidenziato che il ricorrente si è limitato a chiedere all’Amministrazione resistente un parere preventivo di fattibilità per la demolizione e per la successiva ricostruzione di un fabbricato di sua proprietà ricadente in area C1.3, senza mai presentare né un’istanza di permesso di costruire, né un progetto edilizio.

6.1. Orbene, se è vero che l’Amministrazione, per regola generale, ha la più ampia discrezionalità nell’individuare le scelte ritenute migliori per disciplinare l’uso del proprio territorio (ed anche nel rivedere le proprie precedenti previsioni urbanistiche) e non deve dare motivazione specifica delle singole scelte urbanistiche, è altrettanto pacifico per la giurisprudenza che tale regola generale subisca un’eccezione in alcune situazioni specifiche in cui il principio della tutela dell’affidamento impone che lo strumento urbanistico dia conto del modo in cui è stata effettuata la ponderazione degli interessi pubblici e sono state operate le scelte di pianificazione. Ciò, però, si verifica solo nei casi in cui la modifica progettata vada ad incidere su singole posizioni, connotate da una fondata aspettativa sulla destinazione dell’area, che per tale ragione si differenziano dalle posizioni degli altri soggetti interessati, imponendo all’Amministrazione il dovere di valutare con attenzione l’opportunità di modificare la precedente destinazione urbanistica di un’area e, comunque, di indicare articolatamente le ragioni che hanno portato a una nuova scelta pianificatoria.

6.2. Nel caso di specie, però, non ricorre nessuna delle situazioni di affidamento qualificato tale da rendere necessaria una motivazione ulteriore e rafforzata rispetto a quella già presente nella delibera consiliare di adozione della variante e nella relazione tecnica allegata (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. II, 20.4.2010, n. 2034).

7. Per tali ragioni il ricorso deve, pertanto, essere respinto.

8. Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla rifusione in favore dell’Amministrazione resistente delle spese di lite che liquida in complessivi euro 3.000,00 (tremila/00), oltre IVA e CPA come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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