Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 01-06-2011, n. 22228 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza del 4 febbraio 2010 la Corte d’Appello di Potenza ha rigettato l’istanza di riparazione per ingiusta detenzione proposta da S.M. con riferimento alla custodia cautelare da questi patita in carcere dal 18 marzo 1996 al 29 agosto 1996, ed agli arresti domiciliari successivamente fino al 3 marzo 1997, nell’ambito del procedimento penale a suo carico per i reati di cui agli artt. 416 bis e 110 cod. pen. e L. n. 75 del 1958, art. 3, n. 5 e art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73. La Corte territoriale ha motivato tale provvedimento considerando che il quadro indiziario, al momento dell’adozione dell’ordinanza restrittiva, era grave ed erano stati acquisiti elementi atti a connotare la condotta del ricorrente in termini tali da creare l’apparenza della commissione dei reati ascrittigli, in modo tale da giustificare l’applicazione della misura cautelare. La Corte d’Appello, richiamando la motivazione dell’ordinanza cautelare e quella del Tribunale del riesame pronunciata in sede di impugnazione della stessa, ha richiamato il quadro indiziario che ha giustificato l’adozione del provvedimento restrittivo nei confronti dell’istante, citando le deposizioni testimoniali di vari testi dai quali emerge l’appartenenza dell’istante ad un gruppo criminale; inoltre la stessa Corte ha richiamato il grave quadro indiziario in relazione sia al reato di tentativo di induzione alla prostituzione che a quello di spaccio di stupefacenti, considerando la conseguente condotta gravemente colposa dell’istante ostativa al riconoscimento del richiesto indennizzo.

Il S. propone ricorso per cassazione avverso tale ordinanza lamentando violazione di legge e vizio di motivazione. In particolare il ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la grave colpa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo deve comunque sostanziarsi in un preciso comportamento volontario da parte dell’imputato, deduce che la Corte territoriale si sarebbe limitata a richiamare gli indizi di colpevolezza considerati in sede di custodia cautelare senza alcun riferimento al comportamento effettivo dell’imputato ed al suo eventuale nesso causale con la detenzione sofferta. Il ricorrente richiama poi le risultanze istruttorie deducendo che comunque esse avrebbero costituito elementi di accusa inconsistenti tanto che l’imputato è stato successivamente assolto in ordine a tutti i reati ascrittigli.

Con memoria ex art. 611 cod. proc. pen. il ricorrente ribadisce i motivi di gravame citando ulteriore giurisprudenza di questa Corte in merito ai requisiti per il riconoscimento dell’indennizzo in questione, sottolineando come la Corte territoriale si sarebbe discostata da questi principi non considerando l’effettivo comportamento dell’istante per individuarne la colpa grave o il dolo ostativo al richiesto riconoscimento.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.

La Corte territoriale, pur facendo riferimento agli indizi di colpevolezza rilevanti in sede di custodia cautelare ma non ai fini della riparazione per ingiusta detenzione, ha tuttavia evidenziato anche il comportamento gravemente colposo dell’imputato attuale ricorrente, che appunto rileva essendo ostativo al riconoscimento dell’invocato beneficio. In particolare si osserva che è stata posta in evidenza la condotta del S. sostanziatasi nella frequentazione di soggetti pluripregiudicati finalizzata alla cessione, in diverse circostanze, di sostanze stupefacenti, frequentazione che ha dato luogo ai provvedimenti cautelari in quanto hanno creato l’apparenza di una situazione antigiuridica. Il successivo accertamento dell’infondatezza della tesi accusatoria nei confronti dell’imputato, e la conseguente assoluzione del medesimo dai reati ascrittigli, non rileva in questa sede ove, come è noto, è consentita la rivalutazione dei fatti non nella loro valenza indiziaria o probante (smentita dall’assoluzione), ma in quanto idonei a determinare, in ragione di una macroscopica negligenza od imprudenza dell’imputato, l’adozione della misura, traendo in inganno il giudice. In altri termini, l’ordinanza impugnata, pur facendo riferimento, come detto, a risultanze istruttorie irrilevanti ai fini del giudizio sulla riparazione perchè effettivamente estranee al comportamento dell’imputato, ha tuttavia sottolineato circostanze di fatto valutabili non nell’ottica dell’imputabilità, ma in quella della riparazione per cui sfugge comunque ad una censura di legittimità.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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