Cass. civ. Sez. I, Sent., 30-09-2011, n. 20061

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

G.R. ricorre per cassazione, con quattro motivi, nei confronti di C.M., avverso la sentenza n. 3424/08 in data 3 settembre 2008, con la quale la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Roma in data 4 giugno 2006 – che, nello stabilire le condizioni economiche conseguenti alla cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario dallo stesso G. contratto con la C. (pronunciata con sentenza non definitiva), aveva posto a carico del marito un assegno di divorzio di Euro 2.500,00 al mese – ha rideterminato la misura di detto assegno nell’importo di Euro 1.800,00 mensili. Ma resistito con controricorso C.M..

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Motivi della decisione

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce vizio di motivazione, per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sull’ammissione di tre capitoli di interrogatorio formale della C. riguardanti, rispettivamente, la rivendita da parte del G. di un immobile in precedenza acquistato in (OMISSIS) per essere adibito ad abitazione della propria famiglia, l’intenzione, comunicata dalla C. al G., di destinare la somma di L. 300 milioni che egli le aveva corrisposto al ripianamento di ogni debito pregresso e il rifiuto, da parte della stessa C., di una proposta di vendita dell’immobile di sua proprietà dell’importo di L. 4.500.000.000. Gli altri tre motivi di ricorso prospettano vizi di motivazione in ordine al riconoscimento del diritto della C. ad ottenere l’assegno divorzile, all’obbligo del G. di corrisponderlo e all’influenza, in ordine al riconoscimento di tale diritto o, in subordine, alla determinazione del suo importo, delle circostanze che la C. è proprietaria esclusiva dell’immobile di prestigio sito in via (OMISSIS) e/o del suo rifiuto di porlo in vendita.

2. Il ricorso è inammissibile.

Il ricorrente, prospettando in tutti i motivi di ricorso esclusivamente vizi della motivazione della sentenza impugnata, ha formulato censure che non contengono, come richiesto a pena di inammissibilità dall’art. 366 bis c.p.c., applicabile alla fattispecie ratione temporis (ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pubblicata il 3 settembre 2008), la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione, attraverso un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità e da evitare che all’individuazione di detto fatto controverso possa pervenirsi solo attraverso la completa lettura della complessiva illustrazione del motivo e all’esito di un’attività di interpretazione svolta dal lettore (Cass. S.U. 2007/20603; Cass. 2007/16002; 2008/8897).

3. In particolare, con il primo motivo, il ricorrente, dopo aver dedotto vizio di omessa motivazione "circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, con particolare riferimento alla mancata ammissione del capitolo di interrogatorio formale della signora C. sulla proposta di acquisto dell’immobile di via (OMISSIS)", prospetta – come risulta solo dalla complessiva lettura del motivo di impugnazione – aggiuntive doglianze in ordine alla mancata ammissione anche di altri capitoli di interrogatorio formale della stessa C. su ulteriori circostanze (riguardanti, rispettivamente, la rivendita da parte del G. di un immobile in precedenza acquistato in (OMISSIS) per essere adibito ad abitazione della propria famiglia e l’intenzione, comunicata dalla C. al G., di destinare la somma di L.300 milioni che egli le aveva corrisposto al ripianamento di ogni debito pregresso), mancando pertanto nella formulazione del motivo un chiaro ed esaustivo momento di sintesi sulle carenze motivazionali complessivamente denunciate e sulla loro riferibilità a circostanze di fatto da ritenersi decisive ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. 4. Inoltre, nel secondo e terzo motivo di ricorso, il G. ha dedotto genericamente sia la mancanza, che l’insufficienza o la contraddittorietà della motivazione, in violazione dell’obbligo di formulare le censure (e quindi anche i quesiti di diritti e i momenti di sintesi ex art. 366 bis c.p.c.) in modo rigoroso e preciso, secondo le regole di chiarezza indicate dall’art. 366 bis c.p.c. (Cass. 2008/9470), evitando doglianze multiple e cumulative (Cass. 2008/5471), così da non ingenerare incertezze in sede di formulazione e di valutazione della loro ammissibilità (Cass. 2008/2652). Le considerazioni che precedono conducono alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso e le spese del giudizio di cassazione, da liquidarsi come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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