Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 20-04-2011) 01-06-2011, n. 22176 Sanzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Il Tribunale di Udine, con sentenza in data 2.02.2010, ha assolto D.M. dal reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75, bis, comma 6, perchè il fatto non sussiste. Ha osservato il Tribunale che al prevenuto si contestano plurime violazioni dell’ordine del Questore di Udine, adottato ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 bis, in data 16.10.2007. Evidenzia il giudicante che il provvedimento del Questore venne notificato all’interessato il 23 ottobre 2007 e trasmesso in pari data al Giudice di pace di Udine, che procedette alla relativa convalida, con decreto del 24 ottobre 2007. Il Tribunale, in considerazione del mancato rispetto del termine di 48 ore fissato dalla legge, da intendersi come termine a difesa, vertendosi in tema di misura destinata a limitare la libertà personale, ha ritenuto illegittima la predetta convalida. Conseguentemente, poichè tale provvedimento costituisce il presupposto del reato contravvenzionale in addebito, ha pronunciato sentenza assolutoria, per insussistenza del fatto.

2. Avverso la richiamata sentenza del Tribunale di Udine ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di Trieste, deducendo la violazione di legge. Ritiene la parte che l’illegittimità del decreto di convalida del provvedimento adottato dal Questore ex D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 bis, debba essere fatta valere nella sede propria di impugnazione, cioè a dire con immediato ricorso in cassazione, vertendosi in materia di misure limitative della libertà personale. E che, al giudice della cognizione del reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 bis, comma, 6, non sia consentito sindacare il procedimento giurisdizionale di convalida, ormai esauritosi, secondo il disposto di cui all’art. 2 c.p.p., che delimita la cognizione del giudice penale.
Motivi della decisione

3. Il ricorso è infondato.

Questa Suprema Corte ha già in precedenza chiarito che le misure di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75 bis – articolo inserito nel predetto testo unico in materia di stupefacenti dal D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, art. 4 quater, convertito con modificazioni nella L. 21 febbraio 2006, n. 49 – essendo limitative della libertà personale, sono inquadrabili nella categoria delle misure di prevenzione, come dimostrato dal fatto che il relativo contenuto è assimilabile alle prescrizioni previste dalla L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 5, (Cass. Sez. 4, Sentenza n. 41597 del 07/10/2010, dep. 24/11/2010, Rv.

248445; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3521 del 09/12/2008, dep. 27/01/2009, Rv. 242657).

Conseguentemente, deve ritenersi sussistente, in capo al giudice penale, il potere-dovere di verificare la legittimità del provvedimento di convalida in oggetto, atteso che il richiamato provvedimento concorre a determinare la fattispecie incriminatrice di cui al cit. art. 74 bis, comma 6, (cfr. Cass. Sez 1 sentenza n. 9570 del 2.04.19865, dep. 23.09.1986, Rv. 173777); e ciò con specifico riferimento alla conformità alle prescrizioni di legge che incidono sul diritto di intervento e assistenza difensiva.

Nel caso di specie, il Tribunale di Udine – del tutto legittimamente, nell’esercizio dei poteri cognitivi assegnati al giudice penale – ha proceduto a verificare la legittimità del decreto di convalida adottato dal giudice di pace; e, avendo accertato che la convalida era intervenuta prima che fossero trascorse quarantotto ore dalla ricezione del provvedimento assunto dal Questore, cioè a dire in violazione di norme di legge incidenti sul diritto di difesa, ha ritenuto che difettasse il presupposto per la sussistenza della fattispecie contravvenzionale in addebito.

4. Si impone, pertanto, il rigetto del ricorso.

P.Q.M.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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