T.A.R. Lazio Roma Sez. I ter, Sent., 03-06-2011, n. 5006 Destituzione e dispensa dall’impiego

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Attraverso l’atto introduttivo del presente giudizio, notificato in data 12 novembre 2008 e depositato il successivo 12 dicembre 2008, il ricorrente impugna il decreto in data 10 luglio 2008, con il quale è stato destituito dall’Amministrazione della Pubblica Sicurezza a decorrere dal 17 aprile 2008, chiedendone l’annullamento.

In particolare, il ricorrente espone che:

– all’epoca dei fatti che hanno dato origine al provvedimento impugnato, prestava servizio, in qualità di agente della Polizia di Stato, presso il Settore Polizia di Frontiera di Domodossola;

– in data 17 febbraio 2008 veniva trovato da personale operante presso il Commissariato di P.S. "Madonna di Campagna" della Questura di Torino in compagnia di un amico, il quale aveva appena acquistato da uno spacciatore una modica quantità di cocaina;

– a seguito di ciò, lo spacciatore veniva tratto in arresto, il suo amico veniva segnalato al Prefetto per la contestazione di un illecito amministrativo, quale acquirente e detentore di sostanze stupefacenti per "consumo personale", e il medesimo "veniva segnalato ai suoi superiori per eventuali valutazioni disciplinari";

– con nota n. 1208 del 19 febbraio 2008, l’Ufficio di Disciplina della 1^ Zona Polizia di Frontiera di Torino promuoveva l’avvio del procedimento disciplinare nei suoi confronti;

– da tale nota risultava, altresì, che "nell’immediatezza si è disposto l’invio del dipendente presso la sala medica di codesta Questura per gli accertamenti clinici del caso che, a seguito di accordi intrapresi, saranno effettuati in data 20 febbraio p.v.";

– sottoposto ad accertamenti sanitari, in data 14 marzo 2008 veniva accertata una modestissima positività alla cocaina dal Dirigente Sanitario del Settore di Tossicologia;

– in data 21 marzo 2008 veniva anche sottoposto ad una visita psichiatrica presso l’Ospedale Militare di Milano, in esito alla quale veniva dimesso con la seguente diagnosi: "turbe ansiose situazionali in accertata positività ai metabolici della cocaina";

– terminati gli accertamenti sanitari, con verbale del 28 marzo 2008 la Commissione Medica Ospedaliera dell’Ospedale Militare di Torino lo giudicava affetto da "turbe ansiose situazionali un accertata positività ai metabolici della cocaina… non idoneo al servizio nella P.D.S. per gg. 180";

– intanto, in data 10 marzo 2008 veniva nominato il funzionario istruttore ex art. 19 D.P.R. n. 737/1981, il quale procedeva, il successivo 13 marzo 2008, alla contestazione degli addebiti in relazione agli illeciti disciplinari previsti ai numeri 2) e 4) dell’art. 7 del già citato D.P.R., prescrivente l’applicazione della massima sanzione espulsiva;

– il procedimento disciplinare si concludeva in data 10 luglio 2008 con la sua destituzione;

– a seguito dell’estrazione di copia degli atti relativi al procedimento, si scopriva l’esistenza di una nota dell’Ufficio Disciplina della Questura di Verbania in cui si pone il quesito "se in costanza di certificato della CMO la patologia indicata" rendesse incompatibile la partecipazione al procedimento, nonché si apprendeva che "solo con nota del 07.08.2008, la Questura di Verbania trasmetteva al Ministero dell’Interno" copia del verbale della CMO, "onde consentire.. ogni opportuna valutazione a corredo del procedimento disciplinare in atto…".

Avverso il provvedimento di destituzione, il ricorrente insorge deducendo i seguenti motivi di diritto:

I. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ARTT. 1 E 13 D.P.R. 25.10.1981, N. 737 – ECCESSO DI POTERE PER DIFETTO, ILLOGICITA" E CONTRADDITTORIETA" DELLA MOTIVAZIONE; TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO; VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITA" TRA IL FATTO CONTESTATO E LA SANZIONE APPLICATA. L’Amministrazione non ha proceduto ad un’attenta disamina delle circostanze attenuanti, così come prescritto dal richiamato art. 13, e, in particolare, non ha considerato "la giovane età", "l’assenza di sanzioni disciplinari", il "giudizio positivo riportato nei rapporti informativi", i "motivi contingenti che" portarono il ricorrente a commettere la condotta contestata, l’"assoluta episodicità ed occasionalità del fatto", la "modestissima positività alla cocaina accertata dalle analisi tossicologiche" ed ulteriori comportamenti sintomo, tra l’altro, di lealtà. In ragione della violazione dell’art. 13 de quo, palese è anche la carenza di motivazione. In tal modo l’Amministrazione ha violato l’obbligo di graduazione e proporzione della sanzione.

II. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ARTT. 12 E 19 D.P.R. 25.10.1981, N. 737 – VIOLAZIONE ARTT. 24, 97 E 111 COST. – ECCESSO DI POTERE PER CARENZA DI ISTRUTTORIA; DIFETTO DI MOTIVAZIONE. A fronte della sanzione prospettata, l’Amministrazione avrebbe dovuto apprestare il livello più alto delle garanzie difensive ma ciò non è accaduto. Gli organi disciplinari si sono, infatti, sempre rifiutati di raccogliere gli atti idonei a configurare la condotta dell’incolpato in un’infrazione più lieve (ossia, il consumo personale di stupefacenti). In tal modo si è concretizzata la violazione dei principi del giusto processo di cui all’art. 24 Cost., dell’art. 12 D.P.R. 737/1981 e dell’art. 19 del medesimo D.P.R.. In sintesi, l’Amministrazione non ha preso in considerazione tutti gli aspetti che presentava il caso in disamina; in particolare, non ha inserito nel fascicolo disciplinare e, dunque, considerato la documentazione relativa agli esiti dei controlli tossicologici effettuati. Ciò si è risolto in un difetto di istruttoria, tale "da precludere a priori all’inquisito la possibilità di potersi difendere e di vedersi contestare ed applicare una sanzione finale più lieve e diversa", ai sensi dell’art. 6, comma 2, n. 8, D.P.R. n. 737/1981.

III. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ARTT. 24, 97 E 111 COSTITUZIONE – ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI IN MATERIA DI GIUSTO PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO; PERPLESSITA" ED INGIUSTIZIA MANIFESTE. Atteso che in data 28 marzo 2008 il ricorrente è stato giudicato non idoneo al servizio per 180 gg. per "turbe ansiose situazionali in accertata positività ai metabolici della cocaina", è necessario chiedersi "se il ricorrente avesse avuto diritto ad un differimento d’ufficio del giudizio disciplinare" al fine di potersi difendere in modo efficace, come – del resto – posto in discussione nella nota manoscritta dell’Ufficio Disciplina della Questura di Verbania del 9 maggio 2008. Per evitare la perenzione ex art. 120 t.u. n. 3/57 e, nel contempo, tutelare il diritto di difesa del ricorrente, tale situazione avrebbe dovuto indurre la Questura ad attendere l’esito – prima di dare inizio al procedimento disciplinare – del giudizio della CMO.

IV. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ART. 7 NR. 2) DPR 737/1981, ANZICHE’ ART. 6, COMMA 2, NR. 8), D.P.R. 25.10.1981, N. 737 – ECCESSO DI POTERE PER TRAVISAMENTO DEI PRESUPPOSTI DI FATTO E DI DIRITTO; DISPARITA" DI TRATTAMENTO; CONTRADDITTORIETA" ED INGIUSTIZIA MANIFESTE. Nella fattispecie che ci occupa vi erano tutti gli elementi per inquadrare la condotta del ricorrente nell’infrazione disciplinare di cui all’art. 6 di cui sopra. L’Amministrazione ha, invece, totalmente ignorato che egli risultava consumatore occasionale di cocaina. Del resto, se l’art. 7 dovesse trovare applicazione per punire i poliziotti che (al fine di consumere la sostanza) cercano di procurarsela, ci si dovrebbe domandare in quale ipotesi deve operare il citato art. 6, tenuto conto che l’accertamento del consumo personale include anche l’accertamento del procacciamento, il quale diviene "antefatto non punibile". La disamina di ulteriori casi simili rileva, poi, un’evidente disparità di trattamento.

V. – VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DI LEGGE: ART. 7 NR. 4) D.P.R. 25.10.1981, N. 737 – ECCESSO DI POTERE PER CARENZA, CONTRADDITTORIETA" E ILLOGICITA" DELLA MOTIVAZIONE – DIFETTO DEI PRESUPPOSTI – VIOLAZIONE DEI PRINCIPI DI PROPORZIONALITA" TRA IL FATTO CONTESTATO E LA SANZIONE APPLICATA; SVIAMENTO DALLA CAUSA TIPICA, atteso che – dal provvedimento impugnato – non si comprendono i motivi per i quali la condotta del ricorrente sia da ritenersi "gravemente lesiva dell’immagine dell’Amministrazione", tanto più ove si consideri che alcun procedimento penale è stato aperto a carico del ricorrente ed i fatti contestati non sono "stati portati in risalto dai diversi media". Del pari, non si comprende come la detenzione ed il modico uso personale di sostanze stupefacenti possa legittimare un giudizio di insussistenza del senso dell’onore e della morale.

Con atto depositato in data 12 gennaio 2011 si sono costituiti la Questura di Verbano Cusio Ossola ed il Ministero dell’Interno, i quali – nel prosieguo e precisamente in data 11 febbraio 2011 – hanno prodotto documenti.

In seguito al deposito in data 23 febbraio 2011 di precedenti giurisprudenziali in materia, in data 2 marzo 2011 il ricorrente ha prodotto una memoria, con cui ha ribadito le censure già formulate.

Con memoria prodotta in data 7 marzo 2011 il Ministero dell’Interno ha così sostenuto la legittimità del provvedimento impugnato: – l’operatore di polizia ha l’obbligo giuridico di contrastare i fenomeni delittuosi, tra cui assume rilevanza lo spaccio di sostanze stupefacenti; – tale delitto "ha comportato che la condotta tenuta dal C. è stata posta in essere in assoluto disprezzo del senso dell’onore o del senso morale, in grave contrasto con i doveri assunti dallo stesso con il giuramento", come ampiamente e chiaramente indicato nel provvedimento impugnato; – i principi di gradualità e proporzionalità sono stati ampiamente rispettati, "anche in considerazione del fatto che il dipendente è stato colto in flagranza della gravissima condotta a lui addebitata"; – nello stabilire il rapporto tra l’infrazione ed il fatto, l’Amministrazione comunque compie un apprezzamento di larga discrezionalità, insindacabile nel merito.

Con memoria depositata in data 9 marzo 2011, il ricorrente ha affermato che il Ministero non ha confutato le argomentazioni effettuate, limitandosi a rivendicare la legittimità del provvedimento impugnato "in virtù di una pressocchè illimitata potestà punitiva/disciplinare".

All’udienza pubblica del 7 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è fondato e, pertanto, va accolto.

1.1. Come esposto nella narrativa che precede, il ricorrente lamenta l’illegittimità del provvedimento di destituzione impugnato, dolendosi, tra l’altro, di eccesso di potere per carenza di istruttoria e di difetto di motivazione.

Le sopra indicate censure sono fondate per i motivi di seguito esposti.

1.2. In ragione di quanto previsto dalle prescrizioni di legge e, in particolare, dal D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, è doveroso riconoscere che il legislatore ha introdotto un regime ispirato ai principi di tipicità/tassatività e gradualità delle sanzioni applicabili a fronte di ciascuna ipotesi di violazione degli obblighi che gravano sull’appartenente alla Polizia di Stato.

Sussistono, dunque, numerose ipotesi di illecito disciplinare tipizzate, comportanti – per espressa prescrizione normativa – l’applicazione di una precisa e ben definita misura sanzionatoria.

La sussistenza di un regime sanzionatorio differenziato implica ovviamente un gradualismo tra le diverse misure previste, nel senso che esistono misure lievi e misure gravi, operanti – già a livello normativo – quali reazioni dell’ordinamento ad ipotesi di illecito tra di loro differenti.

Ciò detto, evidente è l’obbligo per l’Amministrazione di procedere all’irrogazione della sanzione disciplinare solo a seguito del corretto inquadramento dell’illecito o, comunque, l’obbligo per la stessa Amministrazione di apprestare un’adeguata giustificazione in tutti i casi in cui – a fronte di una fattispecie concreta riconducibile prima facie nell’ambito di uno specifica ipotesi di illecito tipizzato – venga, invece, comminata la sanzione prevista per un differente illecito.

L’obbligo de quo risponde, del resto, al rilievo ch, una volta individuato l’illecito disciplinare e, quindi, una volta inquadrato quest’ultimo nell’ipotesi tipizzata, è da escludere – in termini assoluti – che residui discrezionalità in capo all’Amministrazione per operare una diversa graduazione della misura affittiva rispetto a quella normativamente prescritta.

In qualità di corollario di tale principio, assume – come ripetutamente affermato in giurisprudenza – concreta valenza anche il potere del giudice amministrativo – non certo di sostituirsi alle valutazioni compiute dall’Amministrazione ma – di effettuare un sindacato ab externo, al fine di verificare – appunto – se le determinazioni dell’Amministrazione presentino o meno eventuali profili di incongruità (cfr., tra le altre, C.d.S., Sez. VI, 12 novembre 2008, n. 5670).

Proprio a causa delle peculiarità che connotano il regime sanzionatorio delle violazioni disciplinari, va escluso che l’Amministrazione – al fine di correttamente operare – possa esimersi dal valutare compiutamente ogni singolo caso, atteso che solo il rispetto di tale criterio consente di inquadrare l’ipotesi disciplinare senza incorrere in errori e, comunque, di dare prova che la decisione assunta costituisce l’esito di una disamina esaustiva, in quanto coinvolgente tutte le componenti che – nel singolo caso – hanno connotato il comportamento del dipendente e – in generale – i fatti verificatisi.

Nel rispetto della tipicità del provvedere dell’Amministrazione e dell’obbligo di motivazione, la valutazione compiuta dei fatti deve – tra l’altro – risultare dagli atti del procedimento, in modo da esplicitare i presupposti di fatto e le ragioni di diritto poste alla base della decisione assunta.

1.3. Nel caso in esame è evidente che l’Amministrazione non ha ricostruito compiutamente i fatti accaduti, e ciò nonostante fosse – come risulta dalla documentazione agli atti – nella piena condizione di farlo.

Come si trae dai motivi di ricorso ma risulta anche espressamente dalla deliberazione del Consiglio Provinciale di Disciplina della Questura del Verbano Cusio Ossola del 10 giugno 2008, con la quale è stata proposta l’applicazione della sanzione disciplinare della destituzione, non è stata, infatti, tenuta in alcuna considerazione la circostanza dell’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente.

Tale omissione concretizza una carenza non indifferente ed, anzi, rilevante, in ragione dei seguenti rilievi:

– l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti costituisce – nel caso di specie – una circostanza inequivocabilmente connessa al fatto contestato, ossia si pone come un elemento privo di autonomia e/o estraneità rispetto a quest’ultimo, tenuto conto che la condotta contestata al ricorrente e, in seguito, sanzionata consiste nell’aver accompagnato un amico, "in vie notoriamente frequentate da spacciatori di droga, con l’intento di acquistare sostanze stupefacenti" ed, anzi, nella partecipazione "fattiva all’acquisto di sostanza stupefacente" (cfr. contestazione degli addebiti in data 13 marzo 2008). In altre parole, l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente si presenta come una componente dei fatti contestati, la quale – in quanto tale – non poteva essere ignorata (come, invece, è avvenuto – cfr. pag. 3 del parere del Consiglio Provinciale di disciplina);

– quanto detto assume maggiore consistenza solo se si consideri che l’art. 6 del D.P.R. 25 ottobre 1981, n. 737, sanziona "l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti o psicotrope risultante da referto medico legale" con la sospensione del servizio (e non con la destituzione). Come già osservato nei precedenti giurisprudenziali richiamati nel ricorso, è, infatti, incontestabile che l’uso di droga implica anche il "procacciamento" e, dunque, la "cessione" di quest’ultima da parte di terzi. E’, pertanto, chiaro che l’Amministrazione – nei casi in cui si trovi a dover valutare comportamenti del genere di quelli contestati al ricorrente – non può esimersi dal considerare se il dipendente sia o meno assuntore di droga e, comunque, non può esimersi dall’esternare – nel caso in cui tale circostanza ricorra – i motivi per i quali ha ritenuto la stessa irrilevante.

Ciò detto, si perviene alla conclusione che l’Amministrazione non ha correttamente operato, atteso che – nonostante l’obbligo di valutare compiutamente ogni fattispecie, al fine di riportarla nell’ambito della relativa previsione di legge, con successivo e connesso obbligo di esaustiva rappresentazione, nel provvedimento finale, delle ragioni poste a fondamento della decisione assunta – ha chiaramente trascurato una circostanza "rilevante", ossia l’uso non terapeutico di sostanze stupefacenti da parte del ricorrente.

2. Tanto è sufficiente per l’accoglimento del ricorso, con assorbimento degli ulteriori motivi formulati.

In ragione delle peculiarità che connotano la vicenda in esame, si ravvisano giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 11814/2008, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento di destituzione impugnato ed i relativi atti presupposti.

Compensa le spese di giudizio tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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