Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-04-2011) 01-06-2011, n. 21846 Circostanze speciali Concorso di circostanze eterogeneo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Gli odierni ricorrenti sono stati giudicati in primo grado, con rito abbreviato e condannati alla pena di anni 1 e mesi 8 di reclusione e 300 Euro di multa, ciascuno, per avere in concorso tra loro, compiuto un tentativo di furto in un appartamento, non portato a termine per il sopraggiungere dei CC. A seguito di appello, la Corte ha ridotto la pena irrogata a 16 mesi e 20 gg. di reclusione e 133 Euro di multa. Tale decisione è stata oggetto di un primo ricorso in Cassazione ove la 4^ sezione di questa Corte, in data 8.5.09 ha annullato con rinvio accogliendo il gravame relativamente:

– al computo materiale della pena (la riduzione di 2/3 per il delitto tentato avrebbe dovuto comportare la riduzione della pena iniziale fino a mesi 13 e gg. 10 di reclusione e 111 Euro di multa – anzichè quella di 16 mesi e 20 gg. di reclusione e 133 Euro di multa – );

– al difetto di motivazione in ordine alla possibilità di riconoscere o meno l’attenuante del danno patrimoniale di particolare tenuità.

A seguito di ricorso straordinario ex art. 625 c.p.p., questa S.C., con ordinanza del 12.1.10, ha posto rimedio all’omessa considerazione – nella sentenza dell’8.5.09 – di un ulteriore motivo di ricorso ed ha, quindi, precisato che l’annullamento già disposto avrebbe dovuto essere esteso anche al giudizio di comparazione tra le circostanze.

La sentenza oggetto del presente gravame è, dunque, quella emessa dalla Corte d’appello su rinvio di questa S.C. così come puntualizzato nell’ordinanza del 12.1.10 e, con essa, i giudici di merito hanno posto rimedio all’errore materiale di calcolo ma hanno ribadito il diniego dell’attenuante di cui all’art. 62, n. 4 ed (operato un nuovo giudizio di bilanciamento tra l’attenuante di cui all’art. 62, n. 6 – già riconosciuta – e le aggravanti specifiche di cui all’art. 625 c.p., nn. 2 e 5), hanno ribadito la subvalenza della prima.

Avverso tale decisione, gli imputati hanno proposto ricorso tramite i rispettivi difensori deducendo:

per D.R.V. e D.R.D.:

1) erronea applicazione dell’art. 69 c.p. facendo notare che la motivazione dei giudici d’appello si risolve in una clausola di stile (richiamo al numero e consistenza delle aggravanti contestate) senza considerare che lo stesso giudice di appello aveva definito il fatto un "modesto tentativo di furto". Si fa, poi notare che anche sul piano soggettivo la personalità degli imputati avrebbe dovuto essere valutata alla luce del comportamento processuale e del risarcimento operato. Inoltre, per quel che attiene all’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 4, si sarebbe comunque dovuto tener conto che la "violenza sulle cose" era stata di reale modestia (mera rottura di un pezzo di plastica di copertura posticcia della serratura);

2) violazione dell’art. 627 c.p.p., comma 2 in quanto l’annullamento da parte della Corte di Cassazione relativamente al "trattamento sanzionatorio", avrebbe dovuto comportare da parte dei giudici una rivalutazione complessiva dello stesso e non semplicemente una rettifica dell’errore di calcolo contenuto nella prima decisione. In particolare, si ribadisce l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 99 c.p., comma 4 (2^ parte). per D.R.D., inoltre:

1) vizio di motivazione sottolineando che il percorso logico seguito dalla Corte non è indefettibile nel giustificare il giudizio di comparazione operato e, persino, nel negare l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4 sebbene il tentativo di furto si sia risolto in un danno insignificante.

I ricorrenti concludono invocando l’annullamento della sentenza impugnata.

2. Motivi della decisione – Il ricorso è infondato tranne che per qualche attiene alla correzione dell’errore materiale sulla pena che va corretto come da dispositivo.

2.1. Deve, innanzitutto, rammentarsi che le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra circostanze aggravanti ed attenuanti sono censurabili in cassazione soltanto nelle ipotesi in cui siano frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (sez. 4^, 23.5.07, Montanino, Rv. 236992).

Pertanto, nello specifico, non si ravvisa alcun aspetto censurabile nel procedimento logico ed argomentativo seguito dai giudici di appello. Essi, infatti, hanno preso le mosse dalla considerazione che la configurazione dell’attenuante del danno patrimoniale di particolare tenuità – trattandosi di delitto tentato – deve avvenire avendo riguardo al danno ipotetico che il furto avrebbe potuto cagionare se portato a compimento. Nella specie, si soggiunge, "il danno va dunque valutato, non solo in relazione alla avvenuta effrazione della porta, ma anche a quanto gli imputati avrebbero potuto asportare una volta entrati nell’abitazione in relazione agli oggetti ivi contenuti, ordinariamente non di valore minimo, con conseguente impossibilità di ritenere il danno patrimoniale di particolare tenuità".

Trattasi, all’evidenza di motivazione corretta sul piano giuridico e giurisprudenziale che, anzi contiene in sè la replica all’argomento dei ricorrenti che, richiama l’attenzione sul semplice dato del danno alla porta. Si deve, poi, far notare che il richiamo al fatto che gli stessi giudici di appello abbiano giudicato il fatto come un "modesto tentativo di furto", è inconferente, ai fini del giudizio di bilanciamento posto che l’apprezzamento evidenziato, era significativo ai fini della determinazione della pena nell’ambito del giudizio di cui all’art. 133 c.p.. Peraltro, non è certamente auspicabile che, in questa sede di legittimità, valutando la asserita modestia del fatto, si pervenga ad una diversa conclusione posto che si sconfinerebbe in un giudizio di merito che è di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado.

Nè è a dire che, come si sostiene, i giudici avrebbero dovuto tener conto del comportamento processuale e del risarcimento perchè, anzi, ciò tanto è avvenuto che già in precedenza era stata riconosciuta l’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 6.

Non è, perciò, censurabile la conclusione con cui si ribadisce la subvalenza di tale ultima attenuante rispetto a quelle aggravanti di cui all’art. 625 c.p., nn. 2 e 5 ed alla stessa recidiva reiterata contestata ad entrambi gli imputati, "aggravanti complessivamente valevoli a sovrastare l’attenuante nella connotazione di gravita del fatto e della personalità degli autori".

Alla stregua di quanto precede, deve sicuramente respingersi il primo motivo di gravame.

2.2. Il secondo motivo di ricorso è addirittura manifestamente infondato perchè, il tenore della prima decisione di rinvio di altra sezione di questa S.C. non lascia spazio a dubbi di sorta perchè, se è vero che la sintetica formula del dispositivo "annulla .. limitatamente ……. al trattamento sanzionatorio" può astrattamente prestarsi ad una interpretazione estensiva, quest’ultima è decisamente da escludere una volta che si abbia riguardo alla parte motiva della sentenza dell’8.5.09 ove si dice chiaramente che è da accogliere "la doglianza che attiene all’errore di calcolo delle pena". Errore che, infatti, viene qui emendato.

Dal momento, perciò, che il tema del trattamento sanzionatorio è stato rivisto solo per quel che attiene all’errore di calcolo contenuto nella precedente pronuncia, va da sè che la decisione sulla pena, nella sua complessità, era stata già avallata e coperta da giudicato.

Essa, quindi, non può essere riproposta in questa sede.

2.3. L’ultimo motivo di ricorso (proposto dal solo D.R.) è sostanzialmente replicativo del primo ben si possono, quindi, richiamare le considerazioni svolte nel p. 2.1. che precede.
P.Q.M.

Visti gli artt. 637 e ss. c.p.p.;

annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla determinazione della pena che fissa in anni 1, mesi 1 e giorni 13 di reclusione e 111 Euro di multa; rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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