T.A.R. Lombardia Brescia Sez. II, Sent., 03-06-2011, n. 827 Contratti e convenzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, iscritta all’Albo di cui all’art. 53 del D. Lgs. 446/97, è una Società attiva nel settore della riscossione spontanea e coattiva dei tributi per conto degli Enti pubblici territoriali.

Rappresenta in particolare di essere concessionaria della gestione del servizio di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e del diritto sulle pubbliche affissioni presso il Comune resistente in virtù di un contratto di rinnovo per il periodo 1/1/2002 – 31/12/2010.

Malgrado la richiesta di proroga, formulata da D. il 3/3/2010 e reiterata il 20/12/2010 e il 29/12/2010, con l’impugnata nota del 29/12/2010 l’Ente intimato comunicava la prossimità della scadenza del 31/12/2010 e la decisione di non rinnovare nuovamente il contratto; nel frattempo D. veniva a conoscenza dell’avvenuto affidamento del servizio a terzi.

Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato presso la Segreteria della Sezione la ricorrente impugna i provvedimenti in epigrafe, deducendo i seguenti motivi di diritto:

SUL DINIEGO DI PROROGA

a) Violazione dell’art. 3 comma 25 del D.L. 30/9/2005 n. 203 conv. in L. 2/12/2005 n. 248, come modificato dall’art. 1 del D.L. 29/12/2010 n. 225 (cd. "Milleproroghe"), difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità manifesta, poiché – se è vero che la norma novellata contempla la proroga in chiave di mera opportunità – un’interpretazione costituzionalmente orientata (art. 97) non può che renderla atto dovuto ove ricorrano condizioni particolarmente vantaggiose;

SULL’AFFIDAMENTO A TERZI

b) Violazione dell’art. 52 comma 5 del D. Lgs. 446/97, e sotto altro profilo dell’art. 3 comma 25 del D.L. 30/9/2005 n. 203 conv. in L. 2/12/2005 n. 248, nonché del D.P.R. 7/9/2010 n. 168, dal momento che dette norme impongono di individuare il concessionario – dall’1/1/2011 – mediante procedure ad evidenza pubblica, mentre l’amministrazione ha optato per un affidamento diretto.

Parte ricorrente chiede altresì il risarcimento del danno, evidenziando la colpa grave del Comune sia per avere omesso di apprezzare la norma che permetteva la proroga, sia per aver disposto l’affidamento diretto di un servizio pubblico locale senza gara.

Si sono costituite in giudizio l’amministrazione e la controinteressata, formulando eccezioni in rito e chiedendo nel merito la reiezione del gravame.

Con ordinanza n. 175, adottata nella Camera di consiglio del 10/2/2011, questo Tribunale ha ritenuto di fissare sollecitamente la discussione del merito della causa in applicazione dell’art. 55 comma 10 del Codice del processo amministrativo.

Alla pubblica udienza del 4/5/2011 il ricorso veniva chiamato per la discussione e trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

La ricorrente censura la decisione dell’amministrazione comunale di non prorogare il contratto avente per oggetto l’attività di accertamento e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni, ed il provvedimento con il quale ha di seguito assegnato all’impresa controinteressata la gestione del servizio senza il previo esperimento di una gara pubblica.

1. Preliminarmente deve essere affermata la giurisdizione di questo Tribunale nella controversia.

1.1 I giudizi aventi ad oggetto le vicende di un rapporto di concessione di pubblico servizio, compresa la decadenza – ove non estesi a indennità, canoni ed altri corrispettivi – rientravano nella giurisdizione amministrativa ai sensi dell’art. 33 del D. Lgs. 80/98, nel testo modificato dall’art. 7 della L. 205/2000 e risultante dalla dichiarazione di illegittimità pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 204/2004 (Consiglio di Stato, sez. V – 30/9/2010 n. 7214). Detta asserzione deve essere oggi confermata con riferimento all’art. 133 comma 1 lett. c) del Codice del processo amministrativo, in vigore dal 16/9/2010, ai sensi del quale rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo "le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi…". Anche la Corte di Cassazione (sez. unite civili – 18/3/2008 n. 27336) ha avuto modo di sostenere che le controversie in tema di concessione di pubblico servizio sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, mentre le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi – riservate alla giurisdizione del giudice ordinario – sono solo quelle a contenuto meramente patrimoniale, e cioè quelle nelle quali non viene in alcun modo in rilievo il potere autoritativo della pubblica amministrazione a tutela di interessi generali.

1.2 La delineata impostazione presuppone che il rapporto controverso sia qualificabile come concessione di pubblico servizio. A detta conclusione è pervenuta in più occasioni la giurisprudenza, la quale ha osservato che la liquidazione, l’accertamento e la riscossione dei tributi locali costituiscono attività di "servizio pubblico" (cfr. T.A.R. Sicilia Catania, sez. III – 12/3/2010 n. 621) affidato sulla base di un contratto che – pur utilizzando talora il termine "appalto", talora il termine "concessione" – riguarda in realtà un rapporto concessorio: questo intercorre tra amministrazione, concessionario ed utenti, ed il secondo agisce in luogo della prima riscuotendo i proventi dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissione e riversandoli poi all’amministrazione, trattenendo un aggio (T.A.R. Toscana, sez. I – 25/11/2009 n. 2001; si veda anche Consiglio di Stato, sez. V – 10/8/2010 n. 5566). Anche questo Tribunale (cfr. sentenza 7/12/2007 n. 1313) ha osservato che la gara per l’affidamento dei servizi innanzi citati (nonché dell’attività di materiale esposizione dei manifesti) ha per oggetto una concessione, in quanto l’aggiudicatario assume totalmente il rischio dell’iniziativa intrapresa e la sua remunerazione avviene attraverso la riscossione di un aggio percentuale calcolato sull’ammontare corrisposto dagli utenti: il cd. "criterio della gestione" è l’indice rilevante ai fini dell’individuazione dei tratti distintivi tra la concessione di servizi pubblici ed appalto di servizi, e nella specie il concessionario sopporta direttamente i rischi economici dell’attività, mentre i destinatari della prestazione sono i cittadini utenti e non l’amministrazione.

Infine anche la Corte di Cassazione (sez. unite civili – 16/12/2009 n. 26280) ha statuito che la gestione e la riscossione dell’imposta comunale sulle pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni costituiscono un servizio pubblico.

2. Deve essere poi respinta l’eccezione in rito formulata dalla controinteressata nella memoria finale, con la quale ha dedotto l’inammissibilità del gravame per omessa impugnazione della deliberazione giuntale di indirizzo 24/12/2010 n. 163, depositata in giudizio.

Come ha correttamente evidenziato parte ricorrente nella sua memoria di replica, l’atto lesivo è stato censurato nel ricorso introduttivo con l’esposizione di un preciso vizio di legittimità, il quale può essere esaminato da questo Tribunale. L’eventuale esistenza, in aggiunta, di un atto di mero indirizzo non fa sorgere l’onere di un’ulteriore impugnazione, dato che la risoluzione racchiude una direttiva, ossia un obiettivo da raggiungere, che si concretizza ed assume portata pregiudizievole soltanto con l’assunzione dell’atto di amministrazione attiva da parte dell’organo burocratico competente, in conformità al generale principio di separazione che informa l’azione degli Enti locali.

3. Passando all’esame del merito ed in particolare del primo "versante" del ricorso introduttivo, parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 3 comma 25 del D.L. 30/9/2005 n. 203 conv. in L. 2/12/2005 n. 248, come modificato dall’art. 1 del D.L. 29/12/2010 n. 225 nonché il difetto di istruttoria e di motivazione e l’illogicità manifesta, poiché – se è vero che la norma contempla la proroga in chiave di mera opportunità – un’interpretazione costituzionalmente orientata (art. 97) non può che renderla atto dovuto ove ricorrano condizioni particolarmente vantaggiose.

La censura è priva di pregio.

3.1 Rileva anzitutto il Collegio in termini generali che, in ossequio ai principi comunitari, con l’art. 23 della L. 23/2005 è stata eliminata la possibilità – dapprima espressamente contemplata – di provvedere al rinnovo dei contratti di appalto scaduti: alla scelta legislativa è stata riconosciuta una valenza generale ed una portata preclusiva di opzioni ermeneutiche di altre disposizioni dell’ordinamento che si potrebbero risolvere, di fatto, nell’elusione del predetto divieto. Per assicurare l’effettiva conformazione dell’ordinamento interno a quello comunitario, dunque, l’intervento normativo di cui sopra "dev’essere letto ed applicato in modo da escludere ed impedire, in via generale ed incondizionata, la rinnovazione di contratti di appalto scaduti, ma anche l’esegesi di altre disposizioni dell’ordinamento che consentirebbero – in deroga alle procedure ordinarie di affidamento degli appalti pubblici – l’affidamento senza gara degli stessi servizi per ulteriori periodi, dev’essere condotta alla stregua del vincolante criterio che vieta (con valenza imperativa ed inderogabile) il rinnovo dei contratti" (Consiglio di Stato, sez. IV – 31/10/2006 n. 6462; T.A.R. Sicilia Catania, sez. III – 22/6/2007 n. 1086; Sentenza sezione 11/3/2011 n. 419).

3.2 Anche per i contratti esclusi dal raggio di applicazione delle direttive sugli appalti pubblici (ad es. le concessioni), gli Enti aggiudicatori che li stipulano sono comunque tenuti a rispettare i principi fondamentali del Trattato in generale, ed il principio di non discriminazione in base alla nazionalità in particolare (cfr. per tutte sentenza 7/12/2000 punto 60 – causa C324/98 Telaustria c. Telekom Austria AG). Si è da tempo affermato il principio che in tema di affidamento, mediante concessione, di servizi pubblici di rilevanza comunitaria, le regole fondamentali dell’ordinamento comunitario ed i principi generali che governano la materia dei contratti pubblici impongono all’amministrazione procedente di dare adeguata pubblicità agli affidamenti e di evitare la discriminazione delle imprese, attivando procedure competitive selettive.

In buona sostanza, i canoni guida in materia di affidamento delle commesse pubbliche esigono, a fini di trasparenza e di salvaguardia della concorrenza, la diffusione delle informazioni relative ai contratti da stipulare per consentire sia l’eguale possibilità di accesso delle imprese alle gare sia l’obiettiva ed imparziale selezione dei candidati (T.A.R. Sardegna, sez. I – 23/2/2007 n. 109; Consiglio di Stato, sez. VI – 30/1/2007 n. 362).

3.3 In quest’ottica devono essere interpretati i riferimenti normativi che regolano la fattispecie controversa, ed in particolare l’art. 3 commi 25 e 25bis del D.L. 30/9/2005 n. 203 conv. in L. 2/12/2005 n. 248 così come modificato dal D.L. 40/2010 conv. in L. 73/2010.

3.4 Anzitutto l’attività dell’interprete deve essere guidata dal contesto normativo di riferimento che assume – quale obiettivo prioritario – la liberalizzazione del mercato e l’apertura al confronto concorrenziale fra i vari gestori, ed ogni norma volta a ritardare il raggiungimento dei predetti obiettivi deve essere applicata con stretto rigore e nei casi espressamente previsti, anche al fine di rispettare gli obblighi imposti dalla normativa comunitaria.

3.5 Alla luce di tali considerazioni la censura sollevata deve essere disattesa.

Anche se il D.L. 29/12/2010 n. 225 ha differito al 31/3/2011 il termine fissato dall’art. 3 comma 25bis già analizzato, ed il D.P.C.M. 25/3/2011 ha prorogato ulteriormente la data fino al 31/12/2011, ad avviso del Collegio il perseguimento (in astratto) degli obiettivi di apertura alla concorrenza – attraverso la cessazione dei rapporti in essere – costituisce motivazione sufficiente e coerente con gli indirizzi del legislatore, senza la necessità di esplicitare ulteriormente altri eventuali aspetti di convenienza dell’Ente locale.

Nell’ipotesi in esame l’amministrazione intimata non ha adottato un atto avente natura provvedimentale e modificativa della posizione giuridica della ricorrente, poiché lo stesso assume natura organizzativa in vista della scadenza naturale fissata ope legis al 31/12/2010, rispetto alla quale l’Ente locale si è limitato ad esplicitare – pur non essendone obbligato – che non intende avvalersi della possibilità dell’ulteriore opportunità offerta dall’ordinamento, possibilità rispetto alla quale la ricorrente vanta solo una situazione di aspettativa.

Ne discende pertanto che risulta irrilevante la questione, tardivamente introdotta dal Comune, sulla presunta contraddittorietà dei rendiconti forniti da D..

4. Con ulteriore doglianza D. rappresenta la violazione dell’art. 52 comma 5 del D. Lgs. 446/97, e sotto altro profilo dell’art. 3 comma 25 del D.L. 30/9/2005 n. 203 conv. in L. 2/12/2005 n. 248, nonchè del D.P.R. 7/9/2010 n. 168, dal momento che dette norme impongono di individuare il concessionario – dall’1/1/2011 – mediante procedure ad evidenza pubblica, mentre l’amministrazione ha optato per un affidamento diretto: parte ricorrente osserva che l’affidamento diretto ad una Cooperativa sociale Onlus determinerebbe un’inaccettabile distorsione nel settore della gestione esternalizzata delle entrate locali.

Detta prospettazione merita condivisione.

4.1 Già si è argomentato sul fatto (cfr. punti 1.1, 1.2) che il servizio oggetto di affidamento deve essere qualificato come "servizio pubblico locale", rivolto all’esterno in quanto diretto a soddisfare i bisogni dell’intera collettività. In proposito questa Sezione ha già affermato (cfr. sentenza 30/3/2009 n. 719) che "tale qualificazione comporta l’impossibilità di applicare la norma speciale ora richiamata, la quale limita l’operare della deroga alle garanzie della gara pubblica, ai fini dell’affidamento del servizio, al solo caso in cui l’ente pubblico debba acquistare beni e servizi in proprio favore e non anche affidare a soggetti diversi lo svolgimento di servizi destinati ai terzi".

Il Collegio non ha motivo di discostarsi da tale indirizzo, peraltro avallato dal Consiglio di Stato investito dell’appello (sez. V – 11/5/2010 n. 2829), il quale ha sostenuto che "… come correttamente ritenuto dal Tar, la richiamata disposizione, nel riferirsi alla "fornitura di beni e servizi", offre agli enti pubblici e alle società di capitali a partecipazione pubblica la possibilità di stipulare, anche in deroga alla disciplina in materia di contratti della pubblica amministrazione, con le cooperative che svolgono attività agricole, industriali, commerciali o di servizi finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate, convenzioni aventi ad oggetto la fornitura di beni e servizi – diversi da quelli sociosanitari ed educativi e di importo inferiore a quello preso in considerazione dalle direttive comunitarie in materia di appalti – in favore dell’amministrazione richiedente e non già l’affidamento di servizi pubblici locali". In altra fattispecie (servizio di scuolabus) è stato ribadito che l’art. 5 comma 1 della L. 381/91, in base alla sua formulazione, non consente di utilizzare le convenzioni ivi previste per l’affidamento di servizi pubblici locali, quale deve considerarsi il servizio di scuolabus (Consiglio di Stato, sez. V – 2/8/2010 n. 5100).

4.2 La controinteressata ricostruisce l’istituto convenzionale ex art. 5 della L. 381/91 mettendo in luce la sua funzione peculiare, avendo ad oggetto non soltanto l’erogazione del servizio ma anche l’impiego di personale svantaggiato, quale mission finalizzata alla promozione di soggetti che altrimenti resterebbero inevitabilmente marginalizzati e a carico del sistema assistenziale locale.

4.3 Detta condivisibile chiave di lettura, acutamente collegata al principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, può trovare un efficace strumento di realizzazione alla luce del preambolo (punto 28) della direttiva 2004/18/CE, ai sensi del quale "L’occupazione e le condizioni di lavoro sono elementi chiave per garantire pari opportunità a tutti i cittadini e contribuiscono all’integrazione nella società. In questo ambito i laboratori protetti ed i programmi di lavoro protetti contribuiscono efficacemente a promuovere l’integrazione o la reintegrazione dei disabili nel mercato del lavoro. Tuttavia, detti laboratori potrebbero non essere in grado di ottenere degli appalti in condizioni di concorrenza normali. Appare pertanto opportuno prevedere che gli Stati membri possano riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici a tali laboratori o riservare l’esecuzione degli appalti nel contesto di programmi di lavoro protetti". Di seguito l’art. 19 della direttiva – rubricato "Appalti riservati" – prevede che "Gli Stati membri possono riservare la partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici a laboratori protetti o riservarne l’esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti quando la maggioranza dei lavoratori interessati è composta di disabili i quali, in ragione della natura o della gravità del loro handicap, non possono esercitare un’attività professionale in condizioni normali. Il bando di gara menziona la presente disposizione".

Del resto, tali esigenze sono state comunque già prese in esame dalle sentenze sopra segnalate, le quali hanno statuito da un lato che "Le, seppur meritevoli di attenzione, finalità di incremento dell’occupazione potranno fare ingresso nella procedura, mediante la previsione di apposite clausole nel capitolato di gara" (cfr. sentenza T.A.R. Brescia 719/2009) e dall’altro che "… l’art. 52 del D. Lgs. 163/2006, di recepimento dell’art. 19 della Direttiva 2004/18, appresta strumenti di tutela a particolari istanze sociali, autorizzando, nell’ambito delle procedure di selezione per l’aggiudicazione di taluni appalti, una riserva nella partecipazione a particolari categorie meritevoli di protezione sociale, senza tuttavia escludere in radice l’applicazione delle regole dell’evidenza pubblica" (Consiglio di Stato, sez. V – 2829/2010).

Dunque le ben apprezzabili necessità evidenziate dal Comune e dalla controinteressata possono essere affrontate attraverso prescrizioni particolari della lex specialis della gara ovvero attraverso meccanismi di riserva in favore di Cooperative sociali di tipo B della partecipazione a gare per l’affidamento di servizi pubblici, salvo il coordinamento tra l’art. 52 del D. Lgs. 163/2006 e la L. 381/91 anche alla luce del principio costituzionale di uguaglianza.

5. In definitiva il profilo di ricorso è fondato e deve essere accolto, con conseguente annullamento dell’atto di affidamento alla controinteressata del servizio di riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e diritti pubbliche affissioni.

6. E’ priva di fondamento la domanda risarcitoria, poiché la legittimità della scelta di non disporre la proroga del servizio esclude in radice la configurabilità di qualsiasi danno patrimoniale e non patrimoniale in capo a D..

Per il resto, la chance di partecipare alla nuova gara (e la possibilità di risultare vincitrice all’esito della riedizione del potere amministrativo) è conseguenza satisfattiva per l’interesse della ricorrente e in proposito non sussiste allo stato alcuna altra utilità che debba essere riconosciuta con lo strumento risarcitorio. Resta ovviamente salva la possibilità dell’amministrazione di compiere nuove valutazioni sull’opportunità di indire una selezione e sui requisiti da prescrivere in capo alle imprese interessate a partecipare.

7. In conclusione il gravame deve essere parzialmente accolto, mentre va respinta la domanda risarcitoria. Nulla è stato dedotto sul nuovo contratto tra Comune e controinteressata, che si deve presumere non ancora sottoscritto (in caso contrario sarebbe inefficace come conseguenza dell’annullamento). In ogni caso, l’amministrazione è tenuta ad agire sollecitamente per disporre un nuovo affidamento legittimo, con la possibilità di autorizzare medio tempore una breve proroga con l’attuale gestore per il tempo strettamente necessario.

La parziale soccombenza reciproca e la complessità di alcune questioni giustificano la compensazione integrale delle spese di giudizio tra le parti in causa.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda) definitivamente pronunciando accoglie parzialmente il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla l’atto di affidamento alla controinteressata del servizio di riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e diritti pubbliche affissioni.

Respinge la richiesta di risarcimento del danno.

Spese compensate.

La presente sentenza è depositata presso la Segreteria della Sezione che provvederà a darne comunicazione alle parti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *