Cass. pen., sez. VI 30-10-2008 (10-10-2008), n. 40585 Imputato irreperibile – Difensore non abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione – Legittimazione a proporre ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO E DIRITTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Milano, a seguito di impugnazione dell’imputato, ha confermato quella in data 13 ottobre 2001 del Tribunale di Milano che aveva condannato M. A. alla pena di mesi due, giorni venti di reclusione e L. 2 milioni di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990 , art. 73, comma 5, (cessione di modica quantità di hashish, in (OMISSIS)).
Avverso la sentenza propone ricorso per Cassazione l’imputato (irreperibile) per mezzo del difensore (non abilitato al patrocinio davanti alla Corte di Cassazione) che deduce la mancanza e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in ordine alla inoffensività del fatto per l’irrisoria quantità del principio attivo e per carenze probatorie sulla attività di cessione, nonchè per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per la mancata sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria e per l’erronea quantificazione della pena. Chiede che venga nominato d’ufficio un avvocato iscritto all’albo dei patrocinanti alla Corte di Cassazione e conclude per l’annullamento della sentenza.
Il ricorso è inammissibile per essere stato sottoscritto dall’avvocato Alessio Straniero, difensore non iscritto nell’albo dei patrocinanti davanti alla Corte di Cassazione (v. intestazione del ricorso).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno stabilito che il difensore di ufficio dell’imputato latitante non iscritto nell’albo speciale dei patrocinanti in Cassazione non è abilitato a sottoscrivere il ricorso per Cassazione (Sez. U, Sentenza n. 24486 del 11/07/2006 Ud.
(dep. 14/07/2006), Lepido, Rv. 233919); la sentenza si attaglia anche alla fattispecie dell’imputato irreperibile, situazione presa anzi in considerazione dalle sezioni unite nella motivazione della sentenza.
Come può leggersi, infatti, in tale pronuncia, la natura personale del diritto di impugnazione riconosciuto all’imputato dall’art. 571 c.p.p., comma 1, esclude il diritto di impugnazione dall’ambito dei diritti esercitagli dal difensore a norma dell’art. 99 c.p.p., comma 1, e non è quindi esatto, argomentando dall’art. 99 c.p.p., comma 1, affermare che "Il difensore d’ufficio dell’imputato irreperibile, anche quando non sia iscritto nell’albo speciale di cui all’art. 613 c.p.p., è legittimato a proporre ricorso per Cassazione, dato che al difensore competono le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato (a meno che non siano personalmente riservati a quest’ultimo), e che lo stesso imputato, quando irreperibile, è rappresentato appunto dal difensore" (Cass., sez. 1, 29 aprile 2005, Shala, n. 231839). Infatti l’art. 99 c.p.p., comma 1, attribuisce al difensore le facoltà e i diritti che la legge riconosce all’imputato, facendo salva l’ipotesi che essi siano personalmente riservati a quest’ultimo, e l’art. 159 c.p.p., comma 2, lungi dal riconosce al difensore dell’irreperibile la rappresentanza dell’imputato anche per i diritti che la legge riserva a costui, derogando all’art. 99 c.p.p., comma 1, riconosce al difensore il potere di rappresentare l’imputato irreperibile nei limiti segnati dall’art. 99 c.p.p., comma 1, che appunto esclude espressamente dall’ambito della rappresentanza i diritti riservati personalmente all’imputato (cosi come l’art. 165 c.p.p. attribuisce la rappresentanza al difensore del latitante nei limiti dell’art. 99 c.p.p., comma 1). Pare quindi, sempre secondo la suindicata sentenza, che il difensore del latitante (e quello dell’irreperibile), non possa avere un duplice titolo di legittimazione a impugnare la sentenza ai sensi dell’art. 571 c.p.p.: una volta come difensore e altra volta come rappresentante dell’imputato; il difensore ha tale diritto in proprio mentre il latitante (o l’irreperibile) e l’imputato, nonostante la sua condizione personale, mantiene il proprio diritto personale alla impugnazione; ciò è sufficiente per affermare comunque che il potere di rappresentanza viene riconosciuto al difensore in quanto professionalmente abilitato.
Il difensore non avrebbe potuto quindi redigere e sottoscrivere il ricorso e chiedere per la discussione la nomina di un difensore di ufficio per la discussione.
Alla inammissibilità consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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