Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-03-2011) 01-06-2011, n. 22225

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

D.F. ricorre avverso l’ordinanza di cui in epigrafe con la quale il Tribunale ha rigettato la richiesta di riesame presentata dal medesimo nei confronti dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere applicata nei suoi confronti dal Gip per il reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73 detenzione illecita di circa 15 kg. di hashish suddivisa in panetti, in concorso con altro.

La droga veniva rinvenuta in una dispensa a muro della cucina ove il prevenuto coabitava con il correo. Veniva valorizzata la conoscenza della presenza della droga per la collocazione in un ambiente comune, frequentato anche dal D., che nella dispensa aveva anche oggetti di sua proprietà; l’odore dello stupefacente del resto era "forte" e percepibile. Veniva ritenuto il concorso, e non la connivenza, evidenziandosi, a supporto del ravvisato contributo fornito all’attività del correo, tra l’altro, la presenza altrimenti inspiegabile nell’abitazione, dove il D. si era trasferito dal luogo di residenza, pur senza svolgere alcuna attività lavorativa in loco, nonchè il possesso da parte dello stesso D. di numerose schede telefoniche di vari paesi, considerata dotazione tipica di chi esercita il narcotraffico. Irrilevanti erano da ritenere le dichiarazioni liberatorie del correo.

Con il ricorso, si duole dell’affermato giudizio di positiva sussistenza del compendio indiziario ipotizzando, piuttosto, la "connivenza" non punibile o, quanto meno, il favoreggiamento.

Il ricorso è manifestamente infondato.

Va ricordato, in proposito, che, in materia di misure cautelari personali, la scelta e la valutazione delle fonti di prova rientra tra i compiti istituzionali del giudice di merito ed entrambe sfuggono al controllo del giudice di legittimità se adeguatamente motivate e immuni da errori logico-giuridici. A tali scelte e valutazioni non può infatti opporsi, a fronte di una corretta giustificazione, un diverso criterio di scelta o una diversa interpretazione, anche se dotati di pari dignità (Sezione 6^, 20 ottobre 2010, Quatrosi, non massimata).

E va altresì ricordato che, sempre in tema di misure cautelari personali, la nozione di "gravi indizi di colpevolezza" di cui all’art. 273 cod. proc. pen. non si atteggia allo stesso modo del termine "indizi" inteso quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza, che sta ad indicare la "prova logica o indiretta", ossia quel fatto certo connotato da particolari caratteristiche (v. art. 192 c.p.p., comma 2), che consente di risalire ad un fatto incerto attraverso massime di comune esperienza. Per l’emissione di una misura cautelare, invece, è quindi sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli. E ciò deve affermarsi anche dopo le modifiche introdotte dalla legge 1 marzo 2001 n. 63: infatti, nella fase cautelare è ancora sufficiente il requisito della sola gravità ( art. 273 c.p.p., comma 1), giacchè l’art. 273 cod. proc. pen., comma 1 bis (introdotto, appunto, dalla suddetta legge) richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 dell’art. 192 cod. proc. pen., che prescrive la precisione e la concordanza accanto alla gravita degli indizi: derivandone, quindi, che gli indizi, ai fini delle misure cautelari, non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192 c.p.p., comma 2, e cioè con i requisiti della gravita, della precisione e della concordanza (Sezione 4^, 6 luglio 2007, n. 37878, Cuccaro ed altri, rv. 234475).

In questa prospettiva, non si deve apprezzare e sindacare la tenuta di una sentenza di condanna, bensì di una pronuncia interinale in materia cautelare.

Ne deriva che l’apprezzamento del giudice della cautela pare corretto dal punto di vista giuridico, laddove ha ritenuto il concorso e non la semplice convivenza.

E’ pacifico, in vero, che, in tema di detenzione illecita di sostanze stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile e concorso di persone nel reato va individuata nel fatto che, mentre la prima postula che l’agente mantenga un comportamento meramente passivo, nel concorso di persone è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in forme che agevolino la detenzione, l’occultamento e il controllo della droga, assicurando all’altro concorrente, anche implicitamente, una collaborazione sulla quale questi può contare (di recente, Sezione 6^, 11 novembre 2009, Hammani, non massimata).

E’ in questa prospettiva di diritto che si è mosso il giudicante, avendo spiegato in modo non irragionevole le circostanze di fatto poste a fondamento del compendio indiziario ergo del supporto fornito al correo per la comune detenzione, mentre la lettura alterativa offerta dal ricorrente non può per ciò trovare accoglimento in questa sede, ma potrà e dovrà essere vagliata in sede di merito.

Inconferente è, poi, comunque, il sintetico richiamo operato in ricorso alla configurabilità del favoreggiamento, giacchè, come è noto, il reato di favoreggiamento non è configurabile, con riferimento al reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente, in costanza di detta detenzione, atteso che nei reati permanenti qualunque agevolazione del colpevole, prima che la condotta di questi sia cessata, si risolve inevitabilmente in un concorso, quantomeno a carattere morale (Sezione 6^, 7 aprile 2009, Spinelli, non massimata).

Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 1000 (mille) a titolo di sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 in favore della cassa delle ammende.

La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente perchè provveda a quanto stabilito dall’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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