Cass. pen., sez. I 30-10-2008 (14-10-2008), n. 40536 Possibilità di modificarne il contenuto per la necessità di nuova determinazione della pena a seguito di titolo sopravvenuto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
Si è in presenza di un cumulo attuato con ordinanza definitiva che riteneva il vincolo della continuazione tra sette condanne elencate in atti e determinava la pena complessiva; è sopravvenuta una nuova sentenza della corte d’appello che ha radicato una diversa competenza in sede esecutiva e in relazione alla quale il condannato ha formulato istanza affinchè venga riconosciuto anche in questo caso il vincolo della continuazione della pena comminata con l’ultima sentenza e che vada assunta come pena base, per determinare l’aumento, quella comminata dalla sentenza del tribunale di Foligno del 6 dicembre 2000 ed inoltre, che, a seconda della rito adottato in primo grado, venga praticata la riduzione di un terzo relativamente ai fatti ritenuti in continuazione giudicati con rito abbreviato, in ossequio al recente indirizzo giurisprudenziale di questa Corte (tra le altre Sez. 1, Sentenza n. 40448 del 02/10/2007 Cc. (dep. 02/11/2007) Rv. 238049). L’istanza è stata accolta dal giudice dell’esecuzione, che ha rideterminato la pena complessiva per i reati ascritti al condannato in anni tre mesi nove giorni cinque di reclusione ed Euro 3.112,00 di multa.
Ricorre il procuratore generale di Torino rilevando che, nonostante il recente indirizzo giurisprudenziale accolto nell’ordinanza impugnata, quest’ultima non avrebbe potuto operare la riduzione, essendo ormai divenuta definitiva la precedente ordinanza della corte di appello di Perugia in data 14 febbraio 2007, che aveva già determinato l’aumento di pena a titolo di continuazione per i fatti di cui alle sentenze citate, senza che contro di essa fosse stato presentato ricorso per cassazione. Si è pertanto in presenza di una ordinanza emessa ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pen. ormai definitiva e che avrebbe potuto essere rimessa in discussione soltanto in seguito alla sopravvenienza di fatti nuovi ovvero non considerati, che incidessero sulla situazione cautelare o esecutiva in atto, mentre non poteva considerarsi fatto nuovo una evoluzione giurisprudenziale di norma giuridica già diversamente applicata nè una prospettazione diversa dei medesimi fatti, costituendo entrambe le ipotesi censure giuridiche ormai precluse da una situazione definitiva (Cass. Sezione 1, sentenza 1876 del 28 marzo 1995).
Il ragionamento del procuratore generale ricorrente è corretto e accoglibile, perchè è costantemente riconosciuto (cfr. Sez. 1, Sentenza n. 1876 del 28/03/1995 Cc. (dep. 02/05/1994) Rv. 201624, citata dallo stesso ricorrente) che il principio della immodificabilità delle ordinanze definitive "rebus sic stantibus" è principio generale; conseguentemente, anche se il cosiddetto giudicato appare attenuato per i provvedimenti cautelari, esecutivi e di sorveglianza, rispetto all’irrevocabilità delle sentenze e dei decreti penali, tuttavia i limiti del riesame di tali provvedimenti devono ritenersi rigorosi e subordinati alla sopravvenienza di fatti nuovi ovvero non considerati che incidono sulla situazione cautelare o esecutiva in atto: nè può considerarsi fatto nuovo ma evoluzione giurisprudenziale di norma giuridica già diversamente applicata o una prospettazione diversa dei medesimi fatti, costituendo entrambe le ipotesi censure giuridiche, ormai precluse, ad una decisione definitiva. Il nuovo giudice dell’esecuzione, pertanto, non poteva rideterminare diversamente gli aumenti di pena già decisi in via definitiva dal giudice precedente.
P.Q.M.
la Corte annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte d’appello di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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