Cons. Stato Sez. III, Sent., 06-06-2011, n. 3368 Pensioni, stipendi e salari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza 13 ottobre 2006, n. 10369, il TAR Lazio, III ter, Roma, accogliendo in parte il ricorso collettivo proposto da P. C. (più altri dipendenti dell’Autorità Garanzie delle Comunicazioni, meglio indicati in epigrafe,) ha riconosciuto a favore dei 18 ricorrenti il diritto al trattamento economico perequativo a far data dal 23 luglio 1998 (giorno successivo alla pubblicazione sulla G.U. del regolamento organico del personale dell’A.G.COM), mentre lo ha negato per il periodo dal 10 marzo 1998 (data di insediamento dell’A.G.COM. medesima), rigettando, altresì, la domanda di adeguamento sia dei buoni pasto sia dell’indennità di missione.

1.1. Avverso tale sentenza (non notificata ai dipendenti ricorrenti) ha proposto l’appello in epigrafe P. C., unitamente agli altri 17 ricorrenti in primo grado, chiedendone la riforma al fine di ottenere il riconoscimento del diritto all’indennità perequativa per il periodo dal 10 marzo al 22 luglio 1998, unitamente alla rivalutazione monetaria per il periodo di spettanza della medesima (cioè 10 marzo 1998 – 31 dicembre 1999), nonché del diritto all’adeguamento delle retribuzioni orarie connesse alle prestazioni di lavoro straordinario e del valore dei buoni pasto (dal 17 maggio 1999) e del trattamento di missione; in via subordinata, considerata la sussistenza di una contrastante giurisprudenza circa l’individuazione della data di maturazione del diritto all’indennità perequativa, viene chiesto, comunque, il deferimento della questione all’Adunanza plenaria, per la denegata ipotesi in cui la Sezione dovesse ritenere non fondata la domanda di riconoscimento dell’indennità perequativa dal 10 marzo 1998; infine sulle somme spettanti viene chiesto il computo di interessi e rivalutazione, spese vinte per il doppio grado di giudizio.

Ad avviso degli appellanti la sentenza di primo grado illogicamente non avrebbe rilevato che il mancato riconoscimento del diritto a percepire le richieste indennità perequative dal 10 marzo 1998, nonché ad ottenere gli altri benefici richiesti, si pone in contrasto con gli artt. 50 e 61 del regolamento organico del personale dell’AG.COM. e con puntuali atti di organizzazione della medesima, con il principio di parità di trattamento ed, infine, non risulta sorretto da motivazione.

L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, pur ritualmente intimata, non si è costituita.

Alla pubblica udienza dell’11 marzo 2011, udito il difensore presente per gli appellanti come da verbale, la causa è passata in decisione.

2. Gli appellanti (tutti dipendenti pubblici in servizio fuori ruolo dapprima presso l’Ufficio del Garante per la radiodiffusione, istituito dalla legge n. 223/1990, e di poi presso l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, A.G.Com. istituita con la legge n. 249/1997 e subentrata all’Ufficio del Garante sopradetto) hanno chiesto la parziale riforma della sentenza di primo grado (meglio indicata in epigrafe) nella misura in cui non ha riconosciuto a loro favore il diritto ad ottenere:

1) le differenze retributive a titolo di indennità perequativa per il periodo 10 marzo – 23 luglio 1998, cioè il lasso di tempo intercorso tra l’insediamento dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e la successiva entrata in vigore del regolamento organico del personale, avvenuta il 23 luglio 1998;

2) l’adeguamento del compenso per il lavoro straordinario, dell’importo dei buoni pasto e dell’indennità di missione;

3) il computo della svalutazione monetaria sui crediti maturati per le differenze retributive.

L’appello appare fondato nei limiti di seguito illustrati.

Invero la sentenza di primo grado, nel riconoscere ai ricorrenti il diritto all’indennità perequativa (prevista prima dalla legge n. 249/1997 e poi dal reg. org. Pers. 1998) soltanto a far data dal 23 luglio 1998, non ha considerato che lo stesso regolamento organico all’art. 61 prevedeva la perdurante applicazione delle disposizioni adottate dall’Autorità in materia di stato giuridico e di trattamento economico del personale "con deliberazioni assunte prima dell’entrata in vigore del presente regolamento".

Pertanto, correttamente gli appellanti richiamano a sostegno della loro pretesa la delibera A.G.COM n. 4 del 1998 che, pur disciplinando principalmente la fase di avviamento degli uffici, tuttavia all’art. 4 detta organiche disposizioni in materia di "utilizzazione dei dipendenti pubblici" in fuori ruolo presso la A.G.COM, precisando al comma 5 che al personale medesimo viene concesso in trattamento giuridico ed economico analogo a quello in godimento dal personale di ruolo.

2.1. D’altra parte lo stesso giudice di primo grado, pur riconoscendo l’intento della legge n. 249/1997, art. 1 comma 19, di estendere al personale già in servizio fuori ruolo presso l’Ufficio del garante (e transitato presso l’A.G.COM) il medesimo trattamento giuridico – economico previsto per il personale dell’A.G.COM, poi, senza specifica motivazione, ritiene che la delibera sopradetta (n.4/1998) non sia applicabile ai ricorrenti in quanto "non destinatari" del provvedimento medesimo, mentre depongono per l’applicabilità di un omogeneo status giuridico economico a tutto il personale comandato evidenti esigenze di uniformità e di parità di trattamento a fronte di prestazioni di servizio sovrapponibili.

Né da alcun documento risulta che il personale ereditato dall’ex Ufficio del Garante per la radiodiffusione, nella fase di avvio della neoistituita A.G.COM., non sia stato utilizzato per lo svolgimento delle attività specifiche svolte dai gruppi di lavoro nell’epoca precedente la adozione del regolamento organico del personale del luglio 1998.

Pertanto, agli appellanti va riconosciuto il diritto all’indennità perequativa anche per il periodo 10 marzo 1998 – 22 luglio 1998; sull’importo dovuto viene riconosciuto altresì il diritto ai soli interessi legali, da computarsi dalla maturazione del credito fino al soddisfo con i criteri stabiliti dalla A.P. n. 3/1998, poiché (come è noto) a partire dai crediti maturati dal 1 gennaio 1995 la legge n. 724/1994 art. 22 comma 36, ha vietato il cumulo con la svalutazione monetaria.

2.2. Specularmente, invece, va respinta – per quanto sopra detto – la censura relativa alla mancata attribuzione della rivalutazione monetaria del credito corrispondente all’indennità perequativa riconosciuta ai ricorrenti dal giudice di primo grado per il periodo successivo al 23 luglio 1998; il Collegio, comunque, rileva al riguardo che (in conformità a specifico motivo di appello) la sentenza sul punto aveva omesso di pronunciare.

2.3. La sentenza di primo grado va riformata, altresì, con riguardo al mancato riconoscimento del diritto degli appellanti all’adeguamento del compenso corrisposto loro per il lavoro straordinario prestato.

Infatti la motivazione della sentenza non appare strettamente pertinente, considerato che fa riferimento alla carenza dei parametri fissati dal regolamento del personale per la retribuibilità del medesimo, mentre è in contestazione soltanto l’importo di tale retribuzione accessoria, e non la spettanza dell’emolumento.

Invece dagli atti di causa risulta che tali prestazioni sono state regolarmente autorizzate dall’organo competente per il periodo maggio – ottobre 1998 con specifica indicazione dei dipendenti in elenchi allegati ad ogni ordine di servizio mensile predisposto per tale esigenza; perciò, non risultando dagli atti che l’Autorità abbia formalmente contestato la legittimità dell’avvenuta corresponsione del compenso agli appellanti per le prestazioni di tale specie, non vi è ragione, (alla luce delle considerazioni esposte con riguardo all’esigenza di parità di trattamento in materia perequativa), di non riconoscere il diritto degli appellanti stessi all’adeguamento del corrispettivo ricevuto per le prestazioni straordinarie a quello liquidato al restante personale fuori ruolo.

2.4. Analogamente non appare condivisibile la motivazione posta dal giudice di primo grado a fondamento del rigetto della domanda di adeguamento dell’importo dei buoni pasto (e cioè che i buoni pasto non configurano una voce del trattamento retributivo e che l’orario dei dipendenti provenienti dall’ex Ufficio del Garante era di 36 ore, e non di 38 ore, come previsto per il personale dell’Autorità).

In realtà, già con parere n. 916/1996 la Sezione prima Consiglio di Stato, in sede consultiva, ha affermato (proprio con riguardo al personale in servizio presso l’ex Ufficio del Garante per la radiodiffusione) che i buoni pasto rappresentano un elemento della retribuzione, quando, come nel caso all’esame, è previsto, non un servizio di mensa, ma un beneficio contrattuale con un vero e proprio valore monetario su cui vengono operate le ritenute fiscali.

2.4.1. Né la differenza di importo (lire 9.000 e cioè euro 4,65, per gli appellanti, rispetto a lire 15.000, cioè euro 7,75, per gli altri dipendenti fuori ruolo presso l’Autorità) può essere giustificata dalla circostanza che (secondo quanto espone la sentenza appellata) i dipendenti appellanti erano tenuti ad osservare un orario di 36 ore settimanali contro le 38 ore stabilite per il personale dell’Autorità: infatti, premesso che gli appellanti deducono la mancata prova di tale differenza di orario di servizio affermata nella sentenza impugnata, va rilevato, comunque, che la stessa Autorità, con più determinazioni (tra cui vedi ordine di servizio n. 1/99 agli atti) aveva precisato che il personale in servizio, compreso quello in comando o fuori ruolo (senza distinzioni), aveva titolo a ricevere un buono pasto da lire 15.000 per ogni giornata lavorativa effettuata con rientro pomeridiano a partire dal 17 marzo 1999.

Pertanto, agli appellanti (in riforma della sentenza in epigrafe) va riconosciuto il diritto all’adeguamento dei buoni pasto assegnati da euro 4,65 a euro 7,75 a far data dal 17 maggio 1999.

2.5. Infine l’appello va accolto anche con riguardo alla domanda di accertamento del diritto degli appellanti all’adeguamento dell’importo dei trattamenti di missione: infatti, visti gli atti di causa (e cioè le lettere di cd. invio in missione), il Collegio, da un lato, rileva che l’oggetto della controversia non concerne la spettanza del trattamento di missione, ma soltanto l’applicazione di specifici criteri di computo uguali a quelli utilizzati per gli altri dipendenti fuori ruolo dell’Autorità.

Erroneamente, quindi, la sentenza, da un lato, ha respinto la domanda dei ricorrenti affermando che non avevano provato di avere effettivamente svolto le missioni per conto dell’Autorità, mentre, dall’altro, non ha dato seguito all’istanza istruttoria formulata dagli stessi ricorrenti per ottenere l’esibizione in giudizio – da parte dell’Autorità – della documentazione di servizio relativa allo svolgimento di tali prestazioni fuori sede.

Va perciò riformato lo specifico capo della sentenza appellata, riconoscendo il diritto degli appellanti all’applicazione degli stessi criteri di computo utilizzati per la liquidazione del trattamento di missione a favore degli altri dipendenti pubblici comandati presso l’Autorità, fatto salvo l’esercizio da parte dell’A.G. COM. delle necessarie verifiche della documentazione prescritta ai fini della quantificazione degli importi in concreto da corrispondere ad ognuno degli appellanti.

3. In conclusione l’appello va accolto nei limiti sopra illustrati e, pertanto, in riforma della sentenza in epigrafe, va riconosciuto il diritto degli appellanti all’indennità perequativa dal 10 marzo al 22 luglio 1998, con gli interessi legali (da computarsi come indicato), nonché all’adeguamento sia della retribuzione del lavoro straordinario, sia dell’importo dei buoni pasto dal 17 maggio 1999, sia del trattamento di missione con riferimento ai parametri utilizzati per il restante personale fuori ruolo in servizio presso l’Autorità all’epoca dei fatti; l’appello va, invece, respinto con riguardo alla domanda di rivalutazione monetaria degli importi spettanti a ciascuno degli appellanti; in conseguenza l’A.G.COM. va condannata al pagamento delle somme che risulteranno dovute a ciascuno degli appellanti unitamente agli interessi legali maturati, secondo il tasso vigente, fino al soddisfo.

Le spese di lite per il doppio grado di giudizio seguono la prevalente soccombenza e sono liquidate in euro 3.000,00 oltre gli accessori di legge, a carico dell’A.G.COM.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma parziale della sentenza del TAR Lazio in epigrafe, accoglie il ricorso di primo grado nei sensi e limiti indicati in motivazione.

Gli oneri di lite, liquidati in euro 3.000,00 oltre gli accessori di legge, sono posti a carico della A.G.COM.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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