Cass. pen., sez. I 30-10-2008 (09-10-2008), n. 40531 Proposta di aggravamento in pendenza di appello contro la misura – Competenza del giudice di appello

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

OSSERVA
La Corte di Appello di Messina, con decreto del 26.11.2003, depositato il 30 aprile 2004, confermava il decreto 25.11.2002 del Tribunale in sede che aveva applicato a D.P.C. la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza per la durata di un anno e sei mesi imponendogli le consequenziali prescrizioni.
Successivamente, investita dalla richiesta del Questore di Messina, presentata il 20 febbraio 2004 al Tribunale di Messina e trasmessa dal Tribunale alla Corte di Appello il 7 aprile successivo, di aggravamento della misura, tale Corte, con provvedimento in data 2 maggio 2007, depositato il 16 ottobre successivo, dichiarava la propria incompetenza a provvedere e disponeva la trasmissione degli atti al Tribunale di Messina – sezione per le misure di prevenzione, ritenendo che il procedimento di appello si fosse già concluso, con la definizione della camera di consiglio, prima ancora della presentazione della proposta di aggravamento da parte del Questore, anche se il decreto era stato poi depositato successivamente e che comunque la modifica della misura spettasse in ogni caso al giudice che la aveva disposta, onde non privare il proposto di un grado del giudizio.
Il Tribunale di Messina, con provvedimento in data 28 maggio 2008, depositato il 16 giugno successivo, ha, a sua volta, dichiarato la propria incompetenza a provvedere e disposto la trasmissione degli atti a questa Corte per la risoluzione del conflitto, rilevando che sulla istanza di revoca e di modificazione della misura di prevenzione doveva decidere il giudice della impugnazione, finchè questa era pendente e cioè fino al momento del deposito del provvedimento di appello.
Il D.P. ha presentato in data 19.9.2008 una memoria difensiva chiedendo la declaratoria di competenza della Corte di Appello di Messina poichè, al momento della proposta di aggravamento, il procedimento era ancora pendente in appello.
Anche il Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso per la declaratoria di competenza della Corte di Appello di Messina.
Si verte sicuramente in una ipotesi di conflitto negativo di competenza, a norma dell’art. 28 c.p.p., poichè due organi giurisdizionali hanno rifiutato di prendere in esame la richiesta di aggravamento della misura di prevenzione, con stasi insuperabile del procedimento di prevenzione. Deve premettersi che le posizioni interpretative esposte dai giudici in conflitto corrispondono a due contrapposti indirizzi espressi in passato dalla giurisprudenza di questa Corte sul tema della competenza in ordine alla cognizione della richiesta di modifica o di revoca di una misura di prevenzione personale presentata quando sia ancora pendente il procedimento di impugnazione contro il decreto applicativo della misura stessa. Da tempo il contrasto è stato però superato ed è prevalsa la linea interpretativa, ormai consolidata, che limita la attribuzione della competenza di cui alla L. n. 1423 del 1956, art. 7, comma 2, al giudice che emesso il decreto impositivo della misura di prevenzione nei soli casi nei quali il provvedimento sia divenuto definitivo, dovendo ritenersi, per contro, che, qualora sia pendente l’impugnazione, sulla istanza di revoca o di modifica debba pronunciare il giudice investito dal gravame, dato che egli è tenuto a riesaminare la pericolosità del proposto, in termini di attualità e di effettività, e deve quindi adottare i conseguenti provvedimenti incidenti sulla caducazione della misura o sul contenuto di essa (v.
Cass. sez. 1, 19 aprile 1999, P.G. in proc. Cavallari; Cass. sez. 1, 22 febbraio 1999, Citarella; Cass. sez. 1, n. 272 del 2000, Pugliese;
Cass. n. 20817 del 2002, rv. 222460).
L’esattezza di tale risultato interpretativo è confortata, oltre che da argomenti di carattere logico e sistematico, dalla pronuncia della Corte Costituzionale con cui è stato chiarito che il procedimento di modifica della misura già disposta e in corso di applicazione, instaurato in base alla L. n. 1423 del 1956, art. 7, ha natura esecutiva e presuppone necessariamente la definitività del provvedimento che ne è oggetto e, dunque, l’esaurimento o il mancati esperimento dei mezzi di impugnazione, con l’evidente conseguenza che il potere di disporre la modifica appartiene al giudice dell’impugnazione, quando questa sia proposta e sia pendente (Corte Cost., ord. 6 marzo 1995, n. 83).
Ciò posto, si pone ora l’ulteriore questione prospettata dalla Corte di Appello di Messina relativamente alla pendenza o meno del procedimento in appello al momento di presentazione della proposta di aggravamento da parte del Questore. Sul punto la Corte di Appello ha ritenuto che la conclusione della udienza partecipata, nel procedimento camerale in appello, determinasse la sua definizione, indipendentemente dal deposito del provvedimento, ma non è così poichè il processo formativo della decisione, al cui esito può dirsi concluso il procedimento, si perfeziona soltanto, nella procedura camerale ai sensi dell’art. 127 c.p.p., le cui forme devono essere rispettate anche nel giudizio di revoca o di aggravamento della misura di prevenzione (v. Cass. sez. 6 n. 8 del 2000, rv.
215856; Cass. sez. 5 n. 3311 del 1993, rv. 196298; Cass. Sez. 1 n. 44638 del 2007, rv. 238484) con il deposito del provvedimento in cancelleria ex art. 128 c.p.p. (v. rv. 191424; rv. 193018; rv.
195217; rv. 200408).
Risolvendo il conflitto si deve pertanto dichiarare che la competenza appartiene alla Corte di Appello di Messina davanti alla quale era pendente l’appello contro il decreto di applicazione della misura di prevenzione di cui era stato richiesto l’aggravamento.
Seguono le comunicazioni di cui all’art. 32 c.p.p., comma 2.
P.Q.M.
LA CORTE Dichiara la competenza della Corte di Appello di Messina cui dispone trasmettersi gli atti.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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