Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 16-03-2011) 01-06-2011, n. 22217 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.E. propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza di cui in epigrafe che non ha accolto la sua istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita con riferimento ai reati di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 648 cod. pen., dai quali era stato assolto con formula piena.

In particolare, dal reato di ricettazione era stato assolto già a conclusione del giudizio di primo grado, mentre dal reato di detenzione illecita di stupefacente ai fini d spaccio veniva assolto solo a seguito di sentenza di annullamento di questa Corte che affermava l’inutilizzabilità delle intercettazioni svoltesi all’interno del parlatorio del carcere ove era detenuto un correo.

Con il ricorso lamenta carenza di motivazione con riguardo sia alla condotta ascrivibile all’istante sia alla sussistenza della colpa, ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, giacchè l’ordinanza impugnata non aveva indicato gli elementi in concreto ostativi al riconoscimento del diritto all’indennizzo, limitandosi a fare riferimento ad una lettera spedita dal coimputato al ricorrente.

E’ stata depositata dall’Avvocatura Generale dello Stato memoria difensiva nell’interesse del Ministero dell’Economia e delle Finanze con la quale si è affermata la conformità dell’ordinanza impugnata agli orientamenti consolidati di questa Corte in tema di colpa grave ostativa al riconoscimento all’indennizzo e si è concluso per il rigetto del ricorso.

Il ricorso è infondato.

E’ opportuno ricordare, in via preliminare, che nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione, il sindacato del giudice di legittimità sull’ordinanza che definisce il procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è limitato alla correttezza del procedimento logico giuridico con cui il giudice è pervenuto ad accertare o negare i presupposti per l’ottenimento del beneficio.

Resta invece nelle esclusive attribuzioni del giudice di merito, che è tenuto a motivare adeguatamente e logicamente il suo convincimento, la valutazione sull’esistenza e la gravità della colpa o sull’esistenza del dolo (Sezione 4^, 10 giugno 2008, Maggi ed altro, non massimata).

Il provvedimento impugnato ha individuato la colpa grave del F. nello stretto rapporto fiduciario e di complicità che legava l’istante al correo S.V. relativo alle attività illecite di commercio degli stupefacenti. Ciò desumendolo da una lettera spedita dal S., mentre era in carcere, ai fratelli F., nella quale li invitava a stare attenti, dato che i Carabinieri stavano indagando sul loro traffico e, contestualmente, forniva notizie sulla delazione di tale T., chiedendo aiuto per la sua difesa e lamentandosi per la sua situazione, che assumeva derivavate da un rischio calcolato "che valeva la pena di correre".

Per come sopra indicato, se ne deve inferire che, il giudice della riparazione, ha rilevato, con un procedimento argomentativo, corretto ed esente da vizi motivazionali o da caratteristiche che ne evidenzino la manifesta illogicità, la sussistenza di elementi idonei a configurare la colpa grave dell’istante nella determinazione della serie causale dei fatti che portò al suo arresto.

L’ordinanza gravata è, pertanto, in linea con la giurisprudenza consolidata di questa Corte (a cominciare dalla sentenza delle Sezioni unite 23 dicembre 1995 n. 43, Sarnataro, rv 203636), secondo la quale, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave (quest’ultima è l’ipotesi che qui interessa), deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito una motivazione che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità.

Al riguardo, il giudice deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico- motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorchè in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di "causa ad effetto" (di recente, ex pluribus, Sezione 4^, 3 giugno 2010, Davoli rv. 248074).

In una tale prospettiva, è destituita di fondamento la censura articolata dal ricorrente secondo la quale il giudice della riparazione non avrebbe posto a fondamento della colpa grave elementi concreti afferenti la condotta dell’istante, non essendo revocabile in dubbio, come affermato dal giudice della riparazione, che la contiguità del F. con il S., dimostrata dalla suindicata missiva, abbia avuto efficacia determinante nella imposizione e nel mantenimento della misura cautelare.

La motivazione sul punto fornita è congrua e resiste alla lettura di segno diverso operata nel ricorso.

Al riguardo del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al rimborso delle spese sostenute dall’Amministrazione resistente in questo giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute dal Ministero dell’Economia per questo giudizio di cassazione e liquidate in Euro 750,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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