Cons. Stato Sez. IV, Sent., 06-06-2011, n. 3405 Commissione giudicatrice

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ostituzione di Carmine Monaco e Giovanni Palatiello (Avv.St.);
Svolgimento del processo

Con l’appello in esame, il dott. F. G. impugna la sentenza 23 febbraio 2011 n. 1062, con la quale il TAR Campania, sez. VIII, ha respinto il suo ricorso, proposto avverso il provvedimento di non ammissione alle prove orali per l’iscrrizione all’albo degli avvocati – sessione anno 2009.

Secondo la sentenza appellata:

– si riscontra "la correttezza della esclusione disposta dalla Commissione, nell’esercizio della una peculiare attività valutativa che si appalesa, nella presente fattispecie, esente da irrazionalità e si è estrinsecata in una incisiva e sintetica motivazione, espressiva del legittimo utilizzo del disposto dell’art. 23, u.c., R.D. 37/1934" (elaborato del ricorrente copiato da parere di testo ed. Simone);

– "la legittima e limitata consultabilità di materiali giurisprudenziali serve soltanto a confortare il parere redatto (in autonomia) dall’aspirante avvocato con ragguagli della giurisprudenza e non certo per sostituire il proprio elaborato con una più o meno pedissequa traslazione di concetti precisati in altra sede".

Avverso tale sentenza, premesso che "tra l’elaborato del ricorrente e il parere di riferimento (Simone) non c’è assolutamente né assonanza né traslazione di concetti né contraffazione alcuna", vengono proposti i seguenti motivi di appello:

a) eccesso di potere sotto il profilo della carenza di istruttoria; poiché "la commissione avrebbe dovuto indicare le parti o i passi del parere del candidato ritenute oggetto di plagio, al fine di operare un riscontro diretto ed immediato… sintomo di una verifica puntuale dell’esaminatore delle parti del testo incriminate";

b) violazione del giusto procedimento, violazione art. 3 l. n. 241/1990; eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione e per contrasto artt. 3 e 97 Cost.; poiché "il TAR ha concluso sulla correttezza dell’operato della commissione esaminatrice, senza che tuttavia la medesima avesse evidenziato le parti ritenute oggetto di plagio o i singoli passaggi argomentativi che evidenziassero una mera assonanza o pedissequa imitazione del testo";

c) sviamento di potere per manifesta irrazionalità ed illogicità; poiché "la sentenza impugnata, pur entrando nel merito della comparazione dei testi messi a confronto, non offre una ricostruzione dell’iter logico che ha guidato la commissione, in assenza di un minimo di elementi di correlazione tra la valutazione e l’elaborato, ad esprimere il proprio giudizio".

Il Ministero della giustizia si è costituito in giudizio e, all’odierna udienza in Camera di Consiglio, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha riservato la causa in decisione per il merito.
Motivi della decisione

L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto.

L’art. 23 R.D. 22 gennaio 1934 n. 37, prevede (ultimo comma) che "la commissione, nel caso in cui accerti che il lavoro sia in tutto o in parte copiato da altro lavoro o da qualche pubblicazione, annulla la prova. Deve pure essere annullato l’esame dei candidati che comunque si siano fatti riconoscere.".

La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato – con argomentazioni che in questa sede si confermano – ha già avuto modo di affermare che la disposizione in esame (ed anche l’altra, generale in tema di concorsi pubblici e di analogo contenuto, di cui all’art. 13 DPR 9 maggio 1994 n. 487) è "di chiaro contenuto e di immediata valenza precettiva", ed è "indirizzata a garantire l’originalità del prodotto intellettuale del candidato quale elemento rivelatore del grado di maturità e di preparazione richiesto per assolvere i compiti nel posto messo a concorso." (Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 2010 n. 2440).

Può dirsi, dunque, violata la disposizione (e quindi che ricorra un’ipotesi di "plagio"), non solo quando emerga una "riproduzione fedele del testo non ammesso a consultazione", ma anche qualora si riscontri un" "impostazione del tema, o di parte di esso, che costituisca un’imitazione, con carattere pedissequo e fraudolento, del testo assunto a parametro di confronto" (Cons. Stato, sez. VI, 9 dicembre 2008 n. 6102), ovvero qualora l’elaborato si presenti "pedissequamente ripetitivo del testo assunto a parametro di raffronto, così da escludere ogni autonoma rielaborazione del candidato, idonea ad esprimere il grado di preparazione e le capacità intellettive richieste" (Cons. Stato, sez. VI, n. 2440/2010 cit.).

Né è necessario che la Commissione esaminatrice evidenzi, a mezzo di appositi segni grafici, i passi dell’elaborato che risultano copiati dal testo consultato e posto a raffronto, avendo tale metodo solo una funzione ausiliaria della valutazione svolta (Cons. Stato, sez. IV, 6 novembre 2009 n. 6943).

Inoltre, l’avvenuto accertamento che una delle prove scritte presentate dal partecipante agli esami di idoneità all’esercizio della professione di avvocato è in tutto o in parte copiata dall’elaborato di altro candidato o da qualche pubblicazione, comportando di per sé solo la non ammissione alla prova orale, esonera la commissione giudicatrice dalla valutazione e dall’attribuzione di punteggi agli altri scritti del candidato riconosciuto colpevole di plagio (Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2008 n. 530).

In definitiva, l’avvenuta "copiatura" del testo oggetto della prova di esame non ricorre solo in ipotesi di diretta riproduzione (parziale o totale) di un testo, ma anche laddove il primo appaia costituire, nel suo complesso, una rielaborazione "servile" e meramente "imitativa" di altro testo.

La Commissione esaminatrice, cui è riservata la valutazione della "corrispondenza" tra il testo utilizzato e la prova scritta del candidato, non è tenuta, dunque, ad indicare i singoli "passaggi" del testo che sostengono tale valutazione (poiché ciò avrebbe senso solo laddove si riconoscesse la sussistenza della violazione dell’art. 23 nella sola limitata ipotesi di "riproduzione", in tutto o in parte, di un altro testo).

E’, invece, sufficiente che essa, dalla complessiva lettura dell’elaborato e dall’indicazione del testo oggetto di "copia", pervenga all’accertamento di una posizione servile dell’elaborato del candidato rispetto ad altro testo, anche se dello stesso sia ammessa la consultazione. E tale posizione "servile" o di "dipendenza" della prova di esame può desumersi sia dalla riproduzione di uno o più passi o periodi dell’altro testo, sia da una sua complessiva impostazione che, ancorché rimaneggiata nella consequenzialità dei periodi o nell’uso di singoli termini, manifesti un carattere imitativo e l’assenza di genuinità ed originalità del compito.

Né a diversa conclusione si perviene, laddove il testo "riprodotto" o "servilmente utilizzato" sia rappresentato da materiale lecitamente detenuto nel luogo di svolgimento della prova e lecitamente consultabile. A tal fine, giova ribadire che l’art. 23 R.D. n. 37/1934 prescrive l’annullamento della prova laddove la stessa risulti "copiata da altro lavoro o da qualche pubblicazione". La generalità del riferimento normativo e la finalità perseguita dalla legge (tutelare la originalità e genuinità dell’elaborato) comportano che ogni testo di prova di esame, che risulti essere riproduzione pedissequa o servile rielaborazione di altro testo, non può dirsi prodotto originale del candidato, e ciò anche laddove il testo oggetto della copiatura sia ammesso tra quelli consultabili dal candidato.

Ed infatti, la finalità di consultazione di taluni testi, laddove prevista, deve svolgere la funzione di ausilio alla originale elaborazione del candidato, non già costituire un mero materiale cui attingere. Se ciò fosse, la stessa prova di esame si risolverebbe in una mera apparenza, venendo meno alla finalità che le è propria, con l’aggravante che l’esito della medesima dipenderebbe dalla casuale (pur lecita) detenzione di materiale da cui attingere senza particolari limiti.

Le ragioni sin qui esposte consentono di ritenere infondati i motivi di appello proposti (riportati sub lett. ac) dell’esposizione in fatto.

Nel caso di specie, la Commissione ha indicato il testo utilizzato dal candidato per redigere il proprio elaborato, effettuando una valutazione di non originalità e genuinità di quest’ultimo che non appare né irragionevole né esente da motivazione, ancorchè sinteticamente esposta.

Per le ragioni esposte, l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza appellata.

Stante la natura della controversia, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

definitivamente pronunciando sull’appello proposto da G. F. (n. 3128/2011 r.g.), lo rigetta e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata.

Compensa tra le parti spese, diritti ed onorari di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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