Cass. civ. Sez. I, Sent., 03-10-2011, n. 20250 Danno non patrimoniale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.C., quale erede di C.D., ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un motivo, nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso il decreto in data 22 giugno 2009, nella parte in cui la Corte di appello di Milano ha rigettato, in quanto prescritta, la domanda di equa riparazione da lui proposta iure hereditatis, della L. n. 89 del 2001, ex art. 2 per violazione del termine ragionevole di durata di un giudizio promosso dal dante causa davanti alla Corte di conti con ricorso del 17 febbraio 1969 e definito con sentenza del 17 gennaio 2008, dopo che il menzionato de cuius era deceduto il (OMISSIS).

Il Ministero intimato ha resistito con controricorso.

Nell’odierna camera di consiglio il collegio ha deliberato che la motivazione della sentenza sia redatta in forma semplificata.
Motivi della decisione

Con un unico motivo il ricorrente censura l’applicazione della prescrizione da parte della Corte di appello di Milano.

Il ricorso è fondato.

In tema di equa riparazione per violazione del termine di ragionevole durata del processo, la L. 24 marzo 2001, n. 89, art. 4 nella parte in cui prevede la facoltà di agire per l’indennizzo in pendenza del processo presupposto, non consente di far decorrere il relativo termine di prescrizione prima della scadenza del termine decadenziale previsto dal medesimo art. 4 per la proposizione della domanda, in tal senso deponendo, oltre all’incompatibilità tra la prescrizione e la decadenza, se riferite al medesimo atto da compiere, la difficoltà pratica di accertare la data di maturazione del diritto, avuto riguardo alla variabilità della ragionevole durata del processo in rapporto ai criteri previsti per la sua determinazione, nonchè il frazionamento della pretesa indennitaria e la proliferazione di iniziative processuali che l’operatività della prescrizione in corso di causa imporrebbe alla parte, in caso di ritardo ultradecennale nella definizione del processo (Cass. 2009/27719; 2011/478).

Il ricorso merita pertanto accoglimento e il decreto impugnato deve essere di conseguenza annullato.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 2. In particolare premesso che il periodo da prendere in considerazione per verificare l’eventuale violazione del termine ragionevole di durata del giudizio presupposto di cui trattasi decorre solo dall’1 agosto 1973 (Cass. 2006/14286; 2010/15778) e che il de cuius del ricorrente è deceduto il (OMISSIS) – la durata complessiva di detto giudizio va stabilita in otto anni e cinque mesi, con conseguente superamento nella misura di cinque anni e cinque mesi del termine ragionevole di durata, determinato per il giudizio di primo grado in tre anni alla stregua dei parametri fissati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e della Corte di cassazione.

Il criterio per indennizzare la parte del danno non patrimoniale subito va individuato nell’importo non inferiore ad Euro 750,00 per anno di ritardo, alla stregua degli argomenti svolti nella sentenza di questa Corte n. 16086 del 2009.

Secondo tale pronuncia, in tema di equa riparazione per violazione del diritto alla ragionevole durata del processo e in base alla giurisprudenza della Corte dei diritti dell’uomo (sentenze 29 marzo 2006, sui ricorsi n. 63261 del 2000 e nn. 64890 e 64705 del 2001), gli importi concessi dal giudice nazionale a titolo di risarcimento danni possono essere anche inferiori a quelli da essa liquidati, "a condizione che le decisioni pertinenti" siano "coerenti con la tradizione giuridica e con il tenore di vita del paese interessato", e purchè detti importi non risultino irragionevoli, reputandosi, peraltro, non irragionevole una soglia pari al 45 per cento del risarcimento che la Corte avrebbe attribuito, con la conseguenza che, stante l’esigenza di offrire un’interpretazione della L. 24 marzo 2001, n. 89 idonea a garantire che la diversità di calcolo non incida negativamente sulla complessiva attitudine ad assicurare l’obiettivo di un serio ristoro per la lesione del diritto alla ragionevole durata del processo, evitando il possibile profilarsi di un contrasto della medesima con l’art. 6 della CEDU (come interpretata dalla Corte di Strasburgo), la quantificazione del danno non patrimoniale deve essere, di regola, non inferiore a Euro 750,00 per ogni anno di ritardo eccedente il termine di ragionevole durata.

Tali principi vanno confermati in questa sede, con la precisazione che il suddetto parametro va osservato in relazione ai primi tre anni eccedenti la durata ragionevole, dovendo invece aversi riguardo per quelli successivi, al parametro di Euro 1.000,00 per anno di ritardo, tenuto conto che l’irragionevole durata eccedente tale periodo comporta un evidente aggravamento del danno (Cass. 2009/16086;

2010/819). Nel caso di specie si deve, di conseguenza, riconoscere al ricorrente, in relazione ad una durata non ragionevole di cinque anni e cinque mesi, l’indennizzo di Euro 4.670,00, oltre agli interessi legali dalla domanda al saldo, al cui pagamento deve essere condannato il Ministero soccombente. Le spese del giudizio di merito e quelle del giudizio di cassazione seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, in base alle tariffe professionali previste dall’ordinamento italiano con riferimento al giudizio di natura contenziosa (Cass. 2008/23397; 2008/25352), con distrazione delle stesse in favore dei difensori del ricorrente, dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna il Ministero dell’Economia e delle Finanze al pagamento in favore del ricorrente della somma di Euro 4.670,00, oltre agli interessi legali dalla domanda.

Condanna il Ministero soccombente al pagamento in favore del ricorrente delle spese del giudizio di merito, che si liquidano in Euro 873,00 di cui Euro 378,00 per competenze ed Euro 50,00 per esborsi, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore dei procuratori del ricorrente, avv.ti Cosimo Lovelli e Daniele Oliviero, dichiaratisi antistatari. Condanna inoltre il Ministero soccombente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che si liquidano in Euro 665,00, di cui Euro 565,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, con distrazione delle stesse in favore dei difensori del ricorrente, avv.ti Cosimo Lovelli e Daniele Oliviero, dichiaratisi antistatari.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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