Cass. pen., sez. II 30-10-2008 (17-10-2008), n. 40498 Fissazione udienza – Avviso telefonico – Conferma telegrafica – Omissione – Conseguenze – Nullità generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza in data 16.5.2008 il Tribunale di Trento confermava l’ordinanza emessa dal GIP presso lo stesso Tribunale il 2.4.2008 che applicava la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di D.M.F., indagato per violazione del D.L. n. 143 del 1991, art. 12.
Avverso tale ordinanza propone ricorso per Cassazione l’indagato deducendo violazione di legge sotto vari profili.
Con il primo motivo, svolto ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. c), in relazione all’art. 309 c.p.p., commi 8 e 10, art. 178 c.p.p., comma 1, lett. c), art. 185 c.p.p., il ricorrente lamenta che il Tribunale non ha dichiarato l’inefficacia della misura cautelare impugnata, sebbene al difensore non fosse stato notificato l’avviso di fissazione dell’udienza camerale. Con il secondo motivo, deduce poi, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b) e c), che erroneamente il Tribunale ha ritenuto la propria competenza territoriale, pur essendosi consumata in Napoli l’asserita indebita operazione di ricarico delle carte di credito (di cui al capo 2 della contestazione), restando irrilevante il sito cui l’imputato si collegava (nella specie allocato a (OMISSIS)).
Con l’ultimo motivo, infine, il ricorrente, ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. b), c) ed e), in relazione agli artt. 192 e 273 c.p.p., lamenta la carenza di gravi indizi di colpevolezza, osservando come il periodo del reato contestato (al capo 2) è indicato genericamente con riferimento ad un arco temporale dal (OMISSIS), laddove emergerebbe che la linea telefonica in uso all’indagato subì, in quello stesso periodo, un’interruzione per guasto, con conseguente impossibilità delle connessioni mirate alla ricarica delle carte di credito.
Il primo motivo è manifestamente infondato.
Costituisce, infatti, insegnamento di questa Suprema Corte che la mancata conferma telegrafica dell’avviso telefonico di fissazione della data dell’udienza di riesame integra, riguardando la partecipazione non obbligatoria del difensore, una nullità generale a regime intermedio che può essere dedotta nei limiti indicati dall’art. 182 c.p.p. e che rimane sanata nei casi previsti dagli artt. 183 e 184 c.p.p., ed in particolare dalla partecipazione del difensore all’udienza, dovendosi ritenere in tal caso prodotto l’evento che l’atto mirava a realizzare, in quanto la difesa sia stata messa in grado (come nella fattispecie in esame) di esercitare effettivamente i diritti e le facoltà tutelati dall’art. 309 c.p.p. (cfr. ad es. Cass. sez. 2, n. 4000/1999; Cass. sez. 2, n. 1247/1992).
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato.
Il Tribunale ha, invero, fatto corretta applicazione della previsione dell’art. 16 c.p.p., comma 1, individuando la propria competenza sulla base della data di commissione del delitto di cui al punto 2 della contestazione, in quanto di pari gravità rispetto a quello di cui al punto 3 della contestazione stessa, ma di data antecedente, quanto al tempo di realizzazione (cfr. Cass. sez. 1, n. 46070/2004).
Nè pare dubitabile che la violazione di cui al punto 2 (con la quale è stato contestato all’imputato di aver indebitamente utilizzato "ventiquattro carte di credito sottratte dal circuito postale o donate collegandosi ai siti internet "(OMISSIS)" e "(OMISSIS)" allocati su server della Phoneix Informatica Bancaria s.p.a. sita in (OMISSIS), ricaricando le carte acquisite sotto false spoglie…per poi utilizzarle per prelievi presso sportelli automatici o pagamenti con sistema POS") si sia consumata in (OMISSIS), luogo dove è avvenuta la ricarica delle carte acquisite dal coindagato G., e quindi si è realizzata l’indebita utilizzazione del documento, con la conseguente lesione della pubblica fede e della corretto uso del sistema elettronico di pagamento, a tutela dei quali è posta la previsione incriminatrice, che segna il momento consumativo della fattispecie criminosa.
L’ultimo motivo è pur esso manifestamente infondato.
Si afferma in seno al ricorso che "sembrerebbe" esser stata allegata agli atti una lettera della suocera dell’indagato (presso la cui abitazione lo stesso si trovava agli arresti domiciliari) da cui emergerebbe il guasto della linea telefonica nel periodo dal (OMISSIS), con la conseguente impossibilità per il D.M. di collegarsi dalla stessa per eseguire le indebite ricariche.
La censura mossa dal ricorrente (in termini, peraltro, del tutto probabilistici) non appare idonea, pertanto, a inficiare la valutazione del Tribunale, che ha sul punto rilevato che la documentazione offerta dalla difesa non provava, in realtà, che la linea era inattiva, e tanto più se si considera che la contestazione fa riferimento ad un periodo compreso tra il (OMISSIS), laddove la asserita interruzione riguarderebbe un arco temporale dal (OMISSIS).
Il ricorso va, quindi, dichiarato inammissibile con conseguente condanna alle spese processuali e a pena pecuniaria, potendosi ravvisare profili di colpa nella causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende. Si provveda a norma dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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