Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 10-03-2011) 01-06-2011, n. 22211 Riparazione per ingiusta detenzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

ROSIO Vito che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con ordinanza del 13 luglio 2005 la Corte d’Appello di Milano ha rigettato l’istanza proposta da L.E. volta ad ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione patita dal 17 al 28 ottobre 2003 in carcere, e dal 28 ottobre 2003 al 12 maggio 2004 agli arresti domiciliari, in relazione al procedimento penale a suo carico per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 conclusosi con sentenza di assoluzione. La Corte territoriale ha motivato il provvedimento ravvisando la colpa grave dell’istante nella contiguità dolosa rispetto alla condotta criminosa del marito dimostrata con la piena consapevolezza di tale condotta evidenziata dalla circostanza per la quale era stata la stessa istante a consegnare la droga alle forze dell’ordine nell’esercizio commerciale gestito dal marito. Con sentenza del 25 gennaio 2007 la Corte di Cassazione, sezione quarta, ha annullato tale ordinanza non avendo la stessa motivato sulla incidenza causale della accertata condotta colposa sulla detenzione patita. La stessa Corte d’Appello di Milano, giudicando in sede di rinvio, con ordinanza del 21 novembre 2007 ha accolto l’istanza di riparazione, argomentando che il provvedimento cautelare con il quale era stata disposta la detenzione in questione, non faceva riferimento alla connivenza che aveva costituito la condotta gravemente colposa ostativa all’accoglimento dell’istanza di riparazione. Con sentenza del 18 dicembre 2008 la Corte di Cassazione, sezione terza, ha annullato anche tale ulteriore ordinanza, osservando l’illogicità della motivazione, non essendo stato considerato che il giudice cautelare non aveva fatto riferimento alla connivenza in quanto aveva ritenuto la sussistenza di una compartecipazione all’attività di spaccio di stupefacenti, ed in tale compartecipazione è contenuta la connivenza; la stessa Corte di Cassazione ha quindi rinviato ulteriormente alla Corte di merito affinchè questo accertasse la sussistenza o meno di un rapporto di causa o concausa fra la condotta connivente della L. e la detenzione dalla medesima patita. La Corte d’Appello di Milano, giudicando ancora in sede di rinvio, con ordinanza del 14 dicembre 2009 ha rigettato l’istanza di riparazione in questione ravvisando un diretto rapporto causale fra la connivenza acclarata della L. all’attività criminosa del marito, e la decisione di applicazione del provvedimento cautelare nei suoi confronti.

La L. propone ricorso per cassazione avverso tale ultima ordinanza ravvisando una contraddittorietà con quanto definitivamente acclarato dal giudice di merito che l’aveva prosciolta ritenendo attendibili le sue dichiarazioni difensive secondo cui lei era costretta a subire passivamente l’operato del coniuge che spacciava stupefacenti, a sua insaputa, in un pubblico esercizio, per cui la detenzione patita non era giustificabile neppure con giudizio ex ante.

Si è costituito con memoria il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso o, in subordine, il suo rigetto, in quanto infondato.
Motivi della decisione

Il ricorso non è fondato e va conseguentemente rigettato.

Con la sentenza di annullamento del 18 dicembre 2008 la terza sezione penale di questa Corte aveva indicato al giudice del rinvio la necessità di accertare la sussistenza o meno di un rapporto di causa o concausa fra la condotta connivente della L. e la detenzione dalla medesima patita. La Corte d’Appello di Milano, con l’ordinanza ora impugnata, ha compiutamente e logicamente motivato tale rapporto descrivendo dettagliatamente gli elementi dai quali emerge la connivenza dell’attuale ricorrente rispetto all’attività delittuosa del coniuge. Tale connivenza non è stata ritenuta tale da integrare il concorso nel reato, tanto che la L. è stata successivamente assolta nel giudizio di merito, tuttavia è stata tale da giustificare la detenzione senza diritto alla riparazione stante la grave colpa che caratterizza il comportamento connivente emerso da elementi certi e considerati anche nella sentenza di merito. Tali elementi sono indicati nel verbale di arresto in flagranza e richiamati anche nell’ordinanza di custodia cautelare. L’ordinanza impugnata rende conto con estrema chiarezza del rapporto di causalità fra detta connivenza e la detenzione subita, indicando proprio tale connivenza quale presupposto di fatto che ha indotto il giudice cautelare a disporre la detenzione in questione formulando, proprio sulla base di tale connivenza, il giudizio di gravità indiziaria che ha condotto alla misura cautelare detentiva.

Avendo, dunque, la Corte territoriale in sede di rinvio correttamente motivato il rigetto dell’istanza di riparazione della L., rispondendo alla richiesta di accertamento di cui alla sentenza di rinvio della Corte di Cassazione sopra indicata, il ricorso deve essere rigettato con la conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e delle spese di questo giudizio relative al Ministero dell’Economia e delle Finanze liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese di questo giudizio di Cassazione liquidate in favore del ministero dell’Economia in Euro 750,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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