Cass. pen., sez. II 29-10-2008 (08-10-2008), n. 40409 Atti compiuti prima della scadenza del termine e depositati dopo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

MOTIVI DELLA DECISIONE
S.D. ha proposto ricorso per cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame di L’Aquila in data 26 febbraio 2008, con il quale è stata parzialmente accolta l’impugnazione avverso il decreto di sequestro preventivo disposto dal GIP presso il Tribunale di Avezzano il 6 febbraio 2008, nei confronti del ricorrente. A sostegno dell’impugnazione lo S. D. ha dedotto:
a) Violazione di legge per violazione ed inosservanza delle norme processuali ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) in relazione all’art. 406 c.p.p., comma 3 con riferimento alla ritenuta utilizzabilità processuale delle note informative della G.D.F. del (OMISSIS) e della relazione del (OMISSIS) e della ct. depositata in data 29 dicembre 2006, compiute dopo la scadenza del termine delle indagini preliminari;
b) Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla L. 7 agosto 1992, n. 356, art. 12 sexies con riguardo al presupposto del fumus boni iuris.
Il ricorrente censura la ritenuta sussistenza del fumus commissi delicti, in quanto non sarebbe stato adeguatamente motivato il rigetto delle argomentazioni difensive in base alle intercettazioni telefoniche e alla documentazione bancaria;
c) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) e C) in relazione alla L. n. 356 del 1992, art. 321, comma 2, e art. 12 sexies con riferimento al presupposto della confiscabilità dei beni sequestrati.
Il ricorrente lamenta il mero richiamo agli elementi evidenziati dal rapporto della GDF, e il mancato esame delle deduzioni difensive. d) Violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. B) e C) in relazione alla L. n. 356 del 1992, art. 321, comma 2, e art. 12 sexies con riferimento alla sproporzione tra beni sequestrati e reddito dichiarato.
Il ricorrente lamenta la sproporzione tra il valore dei beni sequestrati e la dimostrata capacità reddituale dell’indagato che eliderebbe il nesso di pertinenzialità tra beni e il reato presumibilmente commesso.
Il ricorso è infondato.
Il Tribunale ha evidenziato chiaramente come il provvedimento impugnato sia stato adottato sulla base di atti utilizzabili, facendo riferimento al compimento degli stessi prima della scadenza del termine previsto. La giurisprudenza sul punto è consolidata nel ritenere che la sanzione dell’inutilizzabilità prevista per gli atti compiuti dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari stabilito dall’art. 405 c.p.p. non riguarda gli atti compiuti prima, ma depositati successivamente alla sua scadenza (Cass., sez. 3, 27 settembre 1995 – 27 ottobre 1995, n. 10664, CED 229960).
Nel merito le censure dedotte non meritano accoglimento.
Il Tribunale ha compiuto una corretta verifica dell’esistenza delle condizioni legittimanti il provvedimento di sequestro sotto il profilo del fumus boni iuris, con logica argomentazione, attraverso il richiamo di numerose elementi documentali,tra cui la lettera lasciata da un suicida con l’accusa di usura rivolta allo S. e la ricostruzione di una loro complessa serie di operazioni finanziarie; gli elementi probatori acquisiti consentono di fare luce, allo stato, sulla provenienza del denaro utilizzato per acquisire i beni sottoposti a sequestro, riconducibile soprattutto all’attività criminosa evidenziata. Correttamente il Tribunale attribuisce a questa attività la capacità di produrre reddito, di derivazione illecita, vista la modesta capacità reddituale dello S. negli ultimi otto anni (1997 – 2004), che sicuramente concretizza la condizione della "sproporzione" tra il reddito personale e il valore dei beni acquisiti. Il Tribunale, dunque, in questa fase, ha ricostruito con adeguata coerenza il collegamento tra l’attività dell’indagato, il reddito di cui aveva la disponibilità in maniera lecita, e la sproporzione tra il valore dei beni acquisiti e appunto lo stesso reddito. Il provvedimento pertanto appare chiaramente esente da censure anche sotto il profilo giuridico, configurando l’astratta ipotizzabilità del reato contestatela motivazione in ordine alla sussistenza del fumus è stata ricondotta alla sussistenza di congrui elementi che non possono essere censurati in fatto per apprezzarne la reale coincidenza con le risultanze processuali (v. Cass., SS.UU., 20 novembre 1996, Bassi, CED 206657);
correlativamente è stato evidenziato anche il profilo del periculum in mora. La motivazione in ordine alla necessità del sequestro preventivo è stata legata correttamente al successivo possibile provvedimento di confisca. (v. SS.UU. 17.12.2003, n. 920, Montella CED 226491).
Alla luce delle suesposte considerazioni risulta inconferente ogni valutazione in ordine alla permanenza del sequestro finalizzato alla confisca.
Il ricorso deve essere pertanto rigettato e il ricorrenti deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e della somma ulteriore di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000/00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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